Da percussionista dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai a conduttore di un’importante canale web
Abbiamo intervistato Maurizio Bianchini, direttore d’orchestra, percussionista, compositore, arrangiatore e fonico, in occasione di un nuovo percorso: video-interviste a grandi nomi dello spettacolo, della musica classica e del cabaret (Albano Carrisi, Amedeo Minghi, Mauro Pagani, Gianandrea Noseda, Mariella Devia, Pippo Franco, Cinzia Leone, Enrico Beruschi, Cristina D’Avena).
Attualmente è anche il direttore artistico di Videoradio Channel, che è il canale web di Videoradio Edizioni Musicali. Una delle sue recenti interviste realizzate, è quella con il regista Stefano Reali, autore della nuovissima fiction “Rimbocchiamoci le maniche”, in onda proprio in questi giorni sul canale 5.
Qual è il primo momento da bambino, in cui ha capito che la musica avrebbe fatto parte della sua vita?
“Un giorno, dopo aver tanto ascoltato suonare dal vivo una band, il batterista mi chiese se volessi provare a sedermi al suo posto, io presi le bacchette e con suo stupore, cominciai a suonare. Avevo 10 anni e fin da quando ero piccolo ero affascinato dalla batteria. Cominciai molto presto a suonare nei gruppi, finché mi avvicinai alla musica classica frequentando il Conservatorio. Non ho mai abbandonato la musica leggera”.
Ha lavorato per la Rai e per Mediaset. Ci sono, tra le esperienze vissute, degli aneddoti che le piace ricordare?
“Con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai tra le cose che potrei ricordare ce n’è una che non è prettamente musicale, ma alquanto singolare: eravamo alla stazione ferroviaria di Osaka e dovevamo prendere un treno alle 14,15. Alle 14,13 arriva un treno in banchina, noi lo prendiamo tranquilli e convinti, ma… non era quello giusto, all’arrivo del nostro mancavano due minuti spaccati. La precisione giapponese ci aveva giocato un brutto scherzo, abituati all’approssimazione degli orari nostrani. Questo invece non è un aneddoto ma per me è stata un’esperienza indimenticabile, ho avuto l’onore di eseguire la Sonata di Bela Bartòk per due pianoforti e percussioni, con Martha Argerich e Nelson Freire.
Inoltre essendo un grande appassionato degli strumenti a percussione ho fondato un gruppo di soli “percussionisti”, con l’idea di creare un gruppo che potesse eseguire, oltre che musica specificamente composta per questi strumenti, anche composizioni per orchestra come “Ma mère l’oye” di Ravel, West Side Story di Bernstein, “Quadri di un’esposizione” di Musorgskji, oppure anche brani dei Genesis, Gentle Giant e Emerson, Like & Palmer, mettendo in risalto l’enorme potenzialità timbrica degli strumenti, siano essi di natura classica, tradizionale o etnica. A questo proposito, la famiglia di Russell Peck, compositore americano di brani per percussione, scomparso poco tempo fa, ci ha contattato per complimentarsi per l’esecuzione radiofonica di un suo brano”.
Cosa comporta lavorare nel direttivo di Videoradio Edizioni Musicali? E cosa essere direttore artistico di Videoradio Channel?
“Collaboro da 15 anni con Beppe Aleo, editore di Videoradio ed. musicali. Come membro del direttivo mi sono occupato della registrazione dei dischi di musica classica. Abbiamo realizzato 18 dischi con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. In qualità di direttore artistico del canale web, il mio lavoro consiste nel valutare e scegliere i contenuti delle nostre rubriche, cercando di seguire una via omogenea tra le varie pubblicazioni, curando la qualità delle video-interviste”.
Come nasce l’idea delle video-interviste ai grandi nomi dello spettacolo?
“Penso che in una testata web il pubblico vada a cercare la notorietà già acquisita, storie di un certo spessore da emulare o che facciano sognare. Difficile ottenere successo da una rubrica dedicata a persone non conosciute al pubblico del web, che notoriamente ha “fame” di popolarità. Per questo abbiamo puntato sui personaggi della spettacolo, della cultura, dell’arte e dello sport che hanno sempre qualcosa da raccontare e da proporre. Non essendo io giornalista, mi piace impostare le interviste come fossero delle chiacchierate tra amici dello stesso ambito professionale. È come se ogni personaggio si mettesse allo specchio e si raccontasse liberamente; si crea una sorta di complicità che rende le interviste molto simpatiche”.