“Il giornalismo di Indro Montanelli ha attraversato gran parte del Novecento. Iniziata la sua attività durante il regime fascista, fu inviato di guerra, e si distinse in quegli anni per dare completezza al suo lavoro, sottraendosi per quanto possibile alle strette maglie della propaganda. Divenuto critico verso il fascismo, fu imprigionato a Milano nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale. Evaso dal carcere raggiunse la Svizzera, dove attese la fine del conflitto. La Repubblica vide intensificarsi il suo impegno di giornalista e di scrittore. Fu una delle firme più prestigiose del Corriere della Sera. Fondò il Giornale e poi la Voce. Scelse strade nuove ogni qualvolta vide, o temette, invasioni di campo o limitazioni del proprio spazio di autonomia. Le Brigate rosse lo individuarono come obiettivo, e l’agguato che provocò il suo ferimento fu un crimine contro la libertà dell’informazione. Rifiutava con cocciutaggine qualsiasi omologazione, rivendicandolo al suo carattere di toscano. Intellettuale dalle inesauribili energie, maestro di scrittura, giornalista intransigente nella difesa della autonomia professionale, è stato per decenni – conclude il presidente – una personalità di rilievo nella cultura italiana e nel dibattito pubblico”.
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