Davanti agli 8.000 video inviati da circa 500 donne, supportate da una regia a distanza, per la creazione di una narrazione dall’ampio respiro cinematografico sono state scelte alcune parole chiave: la casa, il corpo, la cura, la crisi, la rinascita, la libertà. Ne è nato un affresco di voci del lockdown da marzo a giugno 2020 in Italia, narrato dal punto di vista delle donne: un osservatorio alternativo rispetto alla narrazione mainstreaming, tutta al maschile, della pandemia. I media, durante la quarantena, davano spazio solo a virologi, politici e scienziati e nessuno conosceva “la versione delle donne”.
Eppure oggi sappiamo che sono loro ad aver pagato il prezzo più alto della pandemia, in termini economici e lavorativi ma non solo. Nel film si recuperano i frammenti di questa realtà parallela e invisibile a tratti angosciante, a tratti ironica, spudorata, “a viso aperto”. Il racconto nato dal “tempo sospeso” è un’indagine poetica che si smarca completamente dalla narrazione d’inchiesta ma cerca le ragioni profonde e il senso di un vero e proprio “paradosso temporale”: un periodo in cui sembrava non accadere nulla ma stava avvenendo tutto, dentro le mura domestiche. Il film è stato prodotto dal collettivo Tutte a casa con un crowdfunding su Produzioni dal basso: la raccolta fondi durata 3 mesi ha superato l’obiettivo di 15.000 euro.
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