“In “Coltelli” non vogliamo che la realtà venga in alcun modo addolcita: nutrirsi del dolore fa parte della crescita di ognuno di noi e dobbiamo affrontarlo con consapevolezza”
Mercoledì 20 ottobre 2021 è uscito “Coltelli“, il nuovo singolo dei The Heron Temple. Un nuovo capitolo che ci accompagna all’uscita del primo disco in uscita a fine anno, per il duo electro-pop siciliano che segue il precedente singolo estivo Sciogliersi un po’. Un brano che suona come una dichiarazione d’amore e d’intenti, in un contesto in cui il rapporto vive della dicotomia tra il bene ed il male. Affrontare il diverso essendone attratti, ma con la consapevolezza di essere già destinati a perdere. Nutrirsi del dolore per vivere una rinascita costante.
I The Heron Temple ci hanno gentilmente concesso un’intervista.
“Coltelli” è il vostro nuovo singolo, di che cosa si tratta?
Coltelli è l’ultima canzone che abbiamo scritto in ordine cronologico, per il disco prossimo ad uscire. E’ stata una scoperta, in quanto avevamo buttato giù una demo quasi un anno prima, senza mai svilupparla seriamente. Poi, quasi per “sfida” abbiamo deciso di lavorarci su, dicendoci “dai, proviamoci senza però fossilizzarci su questo brano”… Dopo quasi un anno in cantina, riprendere “Coltelli” è stato come sentire, vedere, suonare una nuova canzone, con la consapevolezza di una band che è maturata e già aveva chiuso quasi tutto il disco, trovando la direzione a noi più congeniale. Il lavoro su “Coltelli” quindi alla fine è stato davvero naturale, come se quel brano l’avessimo appena scritto e fosse già pronto. “Coltelli” è una dichiarazione d’amore e d’intenti, in un contesto in cui il rapporto vive della dicotomia tra il bene ed il male. Affrontare il diverso essendone attratti, ma con la consapevolezza di essere già destinati a perdere. Nutrirsi del dolore per vivere una rinascita costante.
Cosa volete trasmettere con questo brano?
“Coltelli” non pone le sue basi su un qualcosa di specifico, ma amplifica lo scontro tra il bianco ed il nero, due opposti così distanti tra loro da diventare quasi simili. Traiamo linfa vitale da tutto ciò che ci ferisce quotidianamente, rendendoci ancora più forti.
Che tipo di accoglienza vi aspettate?
Sai, quando per quasi due anni sei lontano dai palchi, perdi un po’ il contatto con la realtà e, di conseguenza, con i tuoi fan/followers. Due anni senza suonare in giro, senza conoscere nuove persone ed incontrare quelle che ti seguono, lontani dalla “scena” ti fanno sempre chiedere “E adesso? Come andrà?”. Per fortuna Coltelli è stata accolta benissimo da chi segue con assiduità il progetto The Heron Temple, ma non solo. Siamo entrati in alcune importanti playlist editoriali e molte altre ci hanno inseriti…siamo rimasti piacevolmente colpiti. Grazie anche a “Coltelli”, che ha dato continuità a “Sciogliersi un po’” stiamo vivendo un bel periodo, personale e professionale, che ci regala anche nuovi stimoli.
Come nasce il vostro progetto musicale?
È impossibile dire come e quando ci siamo conosciuti, poiché abbiamo sempre bazzicato gli stessi ambienti musicali, condiviso sale prova polverose e palchi improponibili fin dalla seconda metà degli anni 2000. Di sicuro ci siamo “ritrovati” a suonare insieme dopo un incontro fortuito allo stadio, in cui, scherzando, ci siamo detti “perché non mettiamo su un duo acustico per tirare qualche soldo nei pub?”. Inizialmente era quello l’intento, ma fin da subito abbiamo capito che non eravamo disposti a fare le classiche cover per un pubblico disattento…insomma, quando ti ritrovi a suonare brani dei Last Shadow Puppets, Chet Faker, Jack Savoretti o Sohn, capisci subito che c’è qualcosa che va ben oltre il gettone nel pub. Abbiamo cominciato ad affinare sempre di più la nostra scelta musicale, tanto da crearci una nicchia che veniva alle nostre serate per ascoltare tutto ciò che solitamente era impossibile trovare in un pub. Da là abbiamo capito che avremmo potuto iniziare a scrivere canzoni nostre con solide basi su gusti musicali di stampo internazionale e liriche in italiano.