A cento anni dalla nascita dell’artista l’Archivio Scanavino inaugura la nuova sede milanese dal 1° aprile al 20 giugno 2022
MILANO – In occasione dell’apertura al pubblico della nuova sede a cento anni della nascita dell’artista, dal 1° aprile al 20 giugno 2022 l’Archivio Scanavino presenta “Emilio Scanavino. This is Tomorrow”, una mostra a cura di Marco Scotini. Uno dei maestri della pittura italiana della seconda metà del Novecento, Emilio Scanavino (1922- 1986) figura – anche se le definizioni sono sempre limitanti – tra i protagonisti della cosiddetta generazione informale e del movimento spazialista che si affermano l’indomani della seconda guerra mondiale. Il segno di Scanavino – grafico e plastico, fisiologico e tangibile, organico e astratto – per oltre trent’anni ha rappresentato una ininterrotta tensione alla definizione di un altro alfabeto e di un’altra lingua in cui i nomi non mentissero. Una lingua non da leggere ma da decifrare, in modo tale da non far mai dimenticare il tramite e la presenza dei segni, il loro segreto. In questo senso, Scanavino appare come uno Champollion della Guerra Fredda.
Attraverso oltre 60 opere tra terrecotte smaltate o ingobbiate, maioliche e oggetti in metallo prodotti tra l’inizio degli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta, Emilio Scanavino. This is Tomorrow è un’occasione unica per scoprire il rapporto dell’artista con la ceramica policroma e di approfondirne l’indagine sulle problematiche formali. La mostra costituisce il primo progetto espositivo dedicato a questa specifica produzione, spesso trascurata perché assorbita all’interno della produzione scultorea di Scanavino.
Il titolo della mostra riprende una delle mostre seminali del secondo Dopoguerra – This Is Tomorrow, a cura di Bryan Robertson, mostra collaborativa che metteva in dialogo pittori, scultori, architetti, designer e altre tipologie di artisti, aperta alla Whitechapel Art Gallery di Londra nel 1956 – cui Emilio Scanavino partecipò come unico artista italiano. Pensata per promuovere l’unione tra arte e architettura, nel corso dell’esposizione londinese Scanavino collaborò con l’architetto Anthony Jackson e la scultrice Sarah Jackson, convalidando una collaborazione che aveva già visto la doppia personale del pittore italiano con la scultrice canadese nel 1951 alla Apollinaire Gallery di Londra.
La mostra alla Whitechapel Art Gallery segnò il culmine della sua inclinazione all’unione di arte ed architettura, che successivamente lo portò a collaborare con architetti come Mario Bardini ed Ettore Sottsass, che gli dedicherà in seguito una recensione su Domus (1964) e che nel 1954 gli scriveva, in vista di una possibile cooperazione: “l’idea di un’architettura plasticamente mossa e più aderente allo spirito del nostro tempo, alle nuove idee plastiche che si manifestano da ogni parte, credo proprio non sia un’idea peregrina o soltanto romantica. Sarebbe bello se potessimo realizzare insieme per la prima volta qualchecosa del genere”.
Concentrandosi sulla manualità dell’artista e il suo rapporto con l’architettura, Emilio Scanavino: This is Tomorrow intende dare un’interpretazione attuale e una rinnovata attenzione all’opera dell’artista genovese, indagando ulteriormente non solo il rapporto di Scanavino con la nota manifattura Mazzotti di Albisola, ma anche con artisti come Lucio Fontana, Roberto Matta, Wilfredo Lam, Asger Jorn e Corneille.
La mostra è accompagnata da un catalogo curato da Marco Scotini con l’Archivio Scanavino ed edito da Silvana Editoriale. Il volume, dedicato alla ceramica, intende colmare una lacuna tra le numerose pubblicazioni su Emilio Scanavino, cercando di completarne il ritratto artistico e professionale.
Emilio Scanavino nasce a Genova nel 1922, dove dopo il liceo artistico si dedica sin da subito alla pittura, inaugurando nel 1942 la sua prima mostra personale con opere di matrice espressionista. Dopo un inizio figurativo, la pittura di Scanavino diventa sempre più vicina alle caratteristiche del postcubismo, con una graduale sintetizzazione delle forme fino alla loro dissoluzione. Dopo i soggiorni a Milano, Parigi e Londra, nel 1950 lavora con Tullio Mazzotti alla sua Manifattura ceramica ad Albisola insieme a Lucio Fontana, Sebastian Matta, Guillame Corneille, Asger Jorn, Wilfredo Lam, Gianni Dova, Roberto Crippa, Enrico Baj. Nello stesso anno, espone alla XXV Biennale di Venezia e riceve ex-aequo il Primo Premio alla V Mostra regionale genovese. Nel 1951, in occasione di una mostra alla Galérie Apollinaire, trascorre un periodo a Londra. Nell’estate del 1955 Scanavino partecipa al Phases de l’art contemporain a Parigi e l’anno seguente in marzo, inaugura una mostra personale alla Galerie Apollo di Bruxelles presentata da un testo di Christian Dotremont, figura cruciale di CoBrA.
Ad Albiola conosce Carlo Cardazzo, che in quel periodo aveva iniziato già da tempo a diffondere tra Milano e Venezia un nuovo circuito d’arte contemporanea, con un’attività d’avanguardia, presentando nella sua Galleria del Naviglio il primo Ambiente spaziale di Fontana e realizzando la prima personale europea di Jackson Pollock
Nel 1954 espone ancora alla Biennale di Venezia dove parteciperà nuovamente nel 1958, vincendo il Premio Prampolini, nel 1960, con una sala personale e nel 1966, anno in cui consegue anche il Premio Pininfarina.
Continua negli anni seguenti la sua attività espositiva internazionale che lo vede partecipare a diverse mostre a Londra, Parigi, Milano, Tokio, Città del Messico, etc.
Nel 1971, in occasione dell’invito per la XI Biennale di San Paolo del Brasile, insieme allo scultore Alik Cavaliere per Biennale di San Paolo del Brasile, crea la grande opera dedicata ai martiri per la libertà, ma non viene esposta per intervento delle autorità consolari che la censurano per il soggetto “di natura politica e quindi extra artistica”.
Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt presenta una sua vasta mostra antologica che, viene riproposta a Venezia a Palazzo Grassi e poi a Milano a palazzo Reale, nel 1974. Nel 1975 Partecipa alla X Quadriennale di Roma e l’anno successivo inizia la collaborazione a Milano con Giorgio Marconi. Alterna la sua attività tra l’Italia e Parigi, che è costretto a lasciare per motivi di salute alla fine degli anni ‘70. Vive e lavora tra Milano e Calice Ligure fino alla sua scomparsa nel 1986.