MILANO – Nel trio, formato che ha preferito nel corso della sua carriera, il chitarrista e compositore Bill Frisell ha sempre proiettato una dimensione orchestrale grazie al suo straordinario senso per l’armonia, ad un dono unico per le melodie (in grado di persistere a lungo nella memoria di quanti hanno avuto la ventura di assistere ad una delle sue performance) e una comunicativa rara, che fa leva su di un sapiente uso delle dinamiche. Ora, nel suo nuovo doppio album ‘Orchestras’ (in uscita il 19 aprile su Blue Note Records) quelle evocazioni di stampo sinfonico divengono realtà.
Prodotto da Lee Townsend, Orchestras documenta due straordinarie performance – con arrangiamenti siglati da Michael Gibbs – del trio stabile di Frisell con il bassista Thomas Morgan e il batterista Rudy Royston: la prima con la Brussels Philharmonic (quasi 60 elementi, diretta da Alexander Hanson) e la seconda con la Umbria Jazz Orchestra (11 elementi, sotto la direzione musicale di Manuele Morbidini).
Un cofanetto di 3 LP in esclusiva per lo UMG D2C store, che include un terzo album di materiale aggiuntivo dai concerti, è disponibile per il preordine da oggi, insieme alle versioni in doppio CD, doppio vinile e digitale. Ascolta “Throughout” con la Brussels Philharmonic. Come spesso ha fatto negli ultimi quarant’anni, Frisell usa un approccio semplice e un repertorio familiare per giungere a risultati di grande impatto emotivo. E queste 16 tracce non fanno eccezione, mostrando Frisell a proprio agio e in grado di interagire con gli ensemble un livello ad un livello tale da trascendere di gran lunga la stragrande maggioranza dei progetti “con archi” sugli scaffali degli appassionati di jazz. L’orchestrazione coinvolgente ed originalissima di Gibbs, che a tratti evoca tanto Gil Evans che certe colonne sonore da film, si muove agilmente sia all’interno che intorno al rapporto telepatico su cui si basa il trio, e quel sound che potremmo definire il “marchio di fabbrica di Frisell” si fonde alla perfezione con archi e ottoni.
Il risultato è una registrazione rara, in cui un ensemble sinfonico tentacolare si muove come per intuizione, indirizzando una delle migliori fra le piccole formazioni della scena jazz attuale di volta in volta verso nuove e spontanee scoperte. “L’idea è essere sempre al limite dei territori noti”, dice Frisell, “o meglio ancora al di fuori di ciò che conosciao, in una sorta di territorio inesplorato. Suonando via via tutto ciò che ci viene in mente”. Le radici di tanta dimestichezza risiedono nel profondo rapporto creatosi in mezzo secolo tra Frisell e Gibbs, uno dei più geniali compositori-arrangiatori della storia del jazz, la cui scrittura visionaria ha aperto nuove strade per il jazz moderno nell’attingere dal rock e dal pop più avventurosi.
O, come Frisell descrive la sua stella polare oggi 86enne: “un eroe… insegnante, mentore, amico, immaginatore, ispiratore, apriporta, edificatore, pensatore positivo, armonizzatore entusiasta”. Il programma attinge dal ricco repertorio di Frisell, con composizioni di suo pugno tanto spesso visitate (“Strange Meeting“, “Monica Jane”…) a condividere lo spazio con i suoi standard e brani tradizionali preferiti, tra cui “Lush Life” di Billy Strayhorn, “Beautiful Dreamer” di Stephen Foster e l’inno di protesta “We Shall Overcome“, di cui ha dato una lettura trionfale ed elettrizzante nella seduta italiana. Due diverse interpretazioni di “Doom” di Ron Carter – che gli appassionati di jazz riconosceranno come “Mood”, dall’album E.S.P di Miles Davis – raggiungono livelli degni di Bernard Herrmann come atmosfera a forti tinte noir, al pari dell’ouverture di Gibbs, “Nocturne Vulgaire“.
L’arrangiamento di Gibbs di “Sweet Rain“, registrato in Belgio, funziona in perfetta sintonia con il suono ‘di porcellana’ tipico di Frisell nel conseguire un effetto da cinema classico, come a dover accompagnare un nuovo film di Hitchcock o di Fritz Lang. In tutti i capitoli che compongono Orchestras, il flusso reciproco di influenza e ammirazione tra Frisell e Gibbs è palpabile. Per cominciare, la dedizione e la comprensione di Gibbs per i musicisti per cui sta scrivendo gli dà la possibilità di fare leva sulla loro personalità, sul loro modo di armonizzare, sul loro suono (in una parola: sulla loro estetica) per dare forma ai suoi arrangiamenti. “Quando mi ascolta”, dice Frisell, “riesce a percepire gli armonici di ciò che sto suonando, e riesce così ad espandere le mie sonorità”.