La necessità di evadere dalla realtà quotidiana è stato un passaggio essenziale nella pittura di ogni tempo perché l’essere umano ha sempre avuto bisogno di tendere verso il soprannaturale, lo spirituale, il lontano da sé per sapere di avere la possibilità di fuga da momenti di sconforto, di tristezza, di dolore, immaginando una dimensione parallela, e salvifica, dove potersi trasportare per dimenticare ogni circostanza quotidiana. Alcuni interpreti dell’arte contemporanea, raccogliendo le esperienze del passato più recente, riescono a elaborare uno stile nel quale l’evasione, la fantasia e la decontestualizzazione sono la base stessa delle loro opere, raccontando un mondo a tratti persino inquietante eppure sempre attrattivo per la sua caratteristica di astrazione dalla contingenza. La protagonista di oggi compie un cammino all’interno del mondo delle fiabe, trasformandole e adattandole alla necessità di mantenere viva la sua bambina interiore che rappresenta in fondo tutto quel legame con la parte più spontanea del sé e con la necessità di trovare un rifugio all’oggettività spiacevole che appartiene al vivere attuale.
La storia dell’arte di ogni tempo ha sempre cercato di raccontare per immagini ciò che altrimenti avrebbe potuto essere solo immaginato; già gli affreschi e i dipinti commissionati dalla Chiesa intendevano dare al popolo una raffigurazione del messaggio religioso, ipotizzando la forma della vita oltre la morte o dei santi cristiani che tracciavano le linee della morale. E ancora la narrazione dei miti o di personaggi leggendari apparteneva a quell’arte tradizionale che costituì l’espressione pittorica fino alla metà dell’Ottocento, con l’unica eccezione costituita nel Cinquecento da Hieronymus Bosch con la sua dimensione fantastica costituita da personaggi e animali che rappresentavano la dissoluzione dell’umanità e la sua impossibilità ad attenersi alla rigida morale religiosa, e da Giuseppe Arcimboldo che con le sue teste costituite da ortaggi e da frutta attraverso cui dava una versione burlesca dei personaggi ritratti; entrambi anticiparono inconsapevolmente quelle che sarebbero state le basi delle tematiche del Surrealismo. Movimento quest’ultimo che mescolò l’irrealtà delle opere di alcuni esponenti del Simbolismo come Odilon Redon e di Félicien Rops, alla capacità trasformista dei precursori del Cinquecento e infine all’inquieto mondo onirico, spesso legato alle ansie e alle angosce che si liberavano nell’inconscio secondo le ricerche di Sigmund Freud, dunque le decontestualizzazioni e i mostri di Salvador Dalì e di Max Ernst non erano che l’espressione di una società spaventata che in quei mondi paralleli trovava la maggiore rappresentazione dei propri incubi. Intorno agli anni Ottanta del Novecento cominciò a emergere una rielaborazione del Surrealismo che univa le tematiche inquietanti e destabilizzanti del movimento, le concretizzazioni delle paure umane, a una descrizione vicina ai fumetti underground, alla musica punk rock e alla cultura steampunk e gotico moderna; il movimento prese il nome di Pop Surrealismo, proprio per sottolineare il legame con lo stile originario e il suo essere attuale prendendo come riferimento elementi della cultura popolare di quegli anni.
L’artista statunitense Mab Graves dà una sua personale interpretazione delle linee guida pop surrealiste perché le coniuga al mondo all’interno del quale ama calarsi, quello leggero e sognante delle fiabe dove però emerge costantemente una tendenza al turbamento che fuoriesce in particolar modo dai volti enigmatici delle bambine protagoniste che non riconducono alla gioia spensierata dell’infanzia; eppure l’armonia delle ambientazioni, la connessione con la natura e con gli animali, inducono l’osservatore a desiderare di entrare all’interno di quel mondo, come se la misteriosa energia che circonda le narrazioni fatte dall’artista fosse un gancio per liberarsi dalla contingenza e lasciarsi andare a un universo magico tutto da scoprire. Dunque l’interpretazione di Mab Graves è distante da quella inquietante e a tratti spaventosa di uno dei pionieri del Pop Surrealismo, Mark Ryden, i cui i bambini sembrano a volte demoni mentre altre sono circondanti da pezzi di carne o cavalcano animali orribili, o dai personaggi deformi e terrificanti di Todd Shorr, al contrario lei si sintonizza su una frequenza differente, quella del teorizzare e del ridisegnare i protagonisti delle favole, quelle che da bambina le leggevano i suoi genitori creando così un importante momento di aggregazione per l’intera famiglia.
Mab Graves cerca una via d’uscita attraverso la bellezza a un mondo attuale troppo pieno di sofferenza e di oscurità affidando alle sue bambine, ispirate esteticamente agli anime giapponesi, il compito di condurre l’osservatore all’interno della dimensione del sogno a cui affida la trama narrativa coinvolgente proprio perché intrisa di quegli elementi strani, insoliti, che appartengono al Pop Surrealismo; la totale mancanza degli adulti mette l’accento su una vita fanciullesca, come se i bambini fossero vagabondi alla ricerca di porte magiche da aprire per intraprendere nuove avventure.
Eccentrica e stravagante, Mab Graves concretizza su tela la sua fantasia, il suo bisogno di dare vita a scenari improbabili così come lo sono le avventure che vivono i protagonisti, ma soprattutto avvolge ogni dipinto di un’eleganza evanescente che lascia costantemente spazio all’elemento arcano e inspiegabile che sembra fuoriuscire dai grandi occhi dei primi attori delle sue opere.
In Snow White in the Blackforest l’artista racconta la fiaba di Biancaneve assecondandola alla sua capacità di immaginare che tutto ciò che compone la narrazione abbia una propria vita e dunque anche la mela, la scopa, il piatto vogliono partecipare alla fuga della bambina, come se non potessero rimanere esclusi dall’avventura che di lì a poco stanno per vivere; gli sguardi di tutti i protagonisti sono rivolti all’osservatore, un po’ a volersi assicurare che non sveli la direzione verso cui quel mondo incantato si sta muovendo, un po’ a invitarlo silenziosamente a farne parte. I grandi occhi dei personaggi sono tipici dei personaggi dei fumetti giapponesi sebbene l’adattamento che ne fa Mab Graves sia molto più umanizzato, più realistico nei tratti, mentre l’espressione di Biancaneve sembra ricondurre al timore di doversi proteggere dalla matrigna che ne invidia la bellezza e la spontaneità. Eppure si sente rassicurata dalla foresta e dalla compagnia degli animali che la accompagnano nella sua avventura.
Il tema del desiderio di scoperta di qualcosa di non conosciuto si svela anche nella tela Brontosaurus riders dove bambini di ogni razza si trovano insieme sul dorso dell’animale preistorico pronti a lasciarsi condurre in una dimensione tutta da scoprire e da vivere; qui emerge un tema sociale caro alla Graves, quello dell’unione dei popoli, della mancanza di discriminazione e distanza generata dalla follia degli adulti ma che è completamente assente nell’età innocente dell’infanzia, tanto quanto era assente in quel periodo storico che prende il nome di primitivo ma che in realtà forse era più evoluto dell’attuale, se osservato dal punto di vista dell’accoglienza e del rispetto delle diversità. I bambini più grandi abbracciano i più piccoli come a volerli proteggere, e tutti sono un po’ timorosi dell’incognita che andranno a scoprire ma al tempo stesso rassicurati dal brontosauro che li porta sul dorso come se fossero suoi cuccioli a cui badare. Il tratto pittorico della Graves è realista mentre la rappresentazione umana volge invece verso l’irrealtà di tratti magici, fiabeschi quanto lo sono le ambientazioni decontestualizzate e sfumate, come a sottolineare l’appartenenza al mondo del sogno.
La tela The ferris wheel è una sintesi delle avventure che la fantasia dell’artista suggerisce perché qui tutto è irreale, sembra un salto indietro nell’epoca Vittoriana, quando l’arrivo del luna park e del circo portava i bambini ad accorrere per vedere tutte le attrazioni che costituivano l’unico diversivo dalla quotidianità; la struttura dell’opera è quasi Naif sia nella realizzazione descrittiva sia per la miniaturizzazione dei personaggi costituiti da bambine curiose e vestite a festa in coda per salire sulla ruota panoramica, da giostrai vestiti di tutto punto, cilindro compreso, e di attrazioni del circo come le gemelle siamesi. Gli animali sono liberi ma anche imprigionati nelle gabbie, salgono sulla ruota con le loro padrone o addirittura le accompagnano a passeggio come fossero galanti accompagnatori, insomma, tutta la tendenza fantasiosa di Mab Graves sembra trovare la piena manifestazione in questa tela.
Illustratrice e pittrice di formazione autodidatta Mab Graves espone regolarmente in tutto il mondo e le sue opere fanno parte di collezioni private in cinquantaquattro paesi. Nel 2013 è stato pubblicato il suo primo libro di bambole di carta.
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The fairytale world of Mab Graves’ Pop Surrealism, between enchanted forests and an imaginary return to prehistory
The need to escape from everyday reality has been an essential passage in painting of all times because human beings have always needed to tend towards the supernatural, the spiritual, the distant from themselves in order to know that they have the possibility of escaping from moments of discouragement, sadness, pain, imagining a parallel, salvific dimension where they can transport themselves to forget all everyday circumstances. Some interpreters of contemporary art, taking up the experiences of the more recent past, succeed in elaborating a style in which escapism, fantasy and decontextualisation are the very basis of their artworks, recounting a world that is at times even disturbing and yet always attractive due to its characteristic of abstraction from contingency. Today’s protagonist makes a journey into the world of fairy tales, transforming and adapting them to the need to keep alive her inner child, who represents at bottom all that connection with the most spontaneous part of the self and with the need to find a refuge from the unpleasant objectivity that belongs to present-day living.
The history of art of all times has always tried to tell through images what otherwise could only have been imagined; already the frescoes and paintings commissioned by the Church intended to give the people a depiction of the religious message, hypothesising the form of life beyond death or of Christian saints who drew the lines of morality. And again, the narration of myths or legendary characters belonged to that traditional art that constituted pictorial expression until the mid-19th century, with the only exceptions in the 16th century with Hieronymus Bosch with his fantastical dimension made up of characters and animals representing the dissolution of humanity and its inability to adhere to strict religious morality, and Giuseppe Arcimboldo with his heads made up of vegetables and fruit through which he gave a burlesque version of the characters portrayed; both unconsciously anticipated what would become the basis of the themes of Surrealism. This movement mixed the unreality of the works of certain exponents of Symbolism such as Odilon Redon and Felicien Rops, to the transformist ability of the precursors of the 16th century, and finally to the restless dream world, often linked to the anxieties and anguishes that were released in the unconscious according to Sigmund Freud‘s research, thus the decontextualisations and monsters of Salvador Dali and Max Ernst were merely the expression of a frightened society that in those parallel worlds found the greatest representation of its nightmares.
Around the 1980s, began to emerge a reworking of Surrealism that united the disturbing and destabilising themes of the movement, the concretisation of human fears, with a description close to underground comics, punk rock music and modern steampunk and gothic culture; the movement took the name Pop Surrealism, precisely to emphasise the link with the original style and its being current by taking as a reference elements of the popular culture of those years. The American artist Mab Graves gives her own personal interpretation of the pop surrealist guidelines because she combines them with the world she loves to immerse herself in, the light and dreamy world of fairy tales where emerges constantly, however, a tendency to disturbance, particularly from the enigmatic faces of the protagonist girls that do not lead back to the carefree joy of childhood; and yet the harmony of the settings, the connection with nature and animals, induce the observer to want to enter into that world, as if the mysterious energy surrounding the artist’s narratives were a hook to free oneself from contingency and let oneself go to a magical universe waiting to be discovered. So Mab Graves‘ interpretation is a far cry from the disturbing and at times frightening one of the pioneers of Pop Surrealism, Mark Ryden, whose children sometimes look like demons while others surrounded by pieces of flesh or ride horrifying animals, or the deformed and terrifying characters of Todd Shorr, on the contrary she tunes in to a different frequency, that of theorising and redesigning the protagonists of fairy tales, the ones her parents read to her as a child, thus creating an important moment of aggregation for the whole family. Mab Graves seeks a way out through beauty in a world today too full of suffering and darkness, entrusting her children, aesthetically inspired by Japanese anime, with the task of leading the observer into the dream dimension, to which she entrusts the narrative plot, which is enthralling precisely because it is imbued with those strange, unusual elements that belong to Pop Surrealism; the total absence of adults emphasises a childlike life, as if children were wanderers in search of magic doors to open in order to embark on new adventures.
Eccentric and extravagant, Mab Graves concretises her imagination on canvas, her need to give life to improbable scenarios just as improbable as the adventures the protagonists experience. Above all, she envelops each painting in an evanescent elegance that constantly leaves room for the arcane and inexplicable element that seems to escape from the large eyes of the first actors in her artworks. In Snow White in the Blackforest, the artist recounts Snow White’s fairy tale by indulging her ability to imagine that everything in the narrative has a life of its own, and therefore even the apple, the broom, the plate want to participate in the little girl’s escape, as if they could not be excluded from the adventure they are about to experience; the gazes of all the protagonists are turned towards the observer, partly to ensure that he does not reveal the direction in which that enchanted world is moving, partly to silently invite him to be part of it. The big eyes of the characters are typical of Japanese comic book characters although Mab Graves‘ adaptation is much more humanised, more realistic in its features, while Snow White’s expression seems to reflect a fear of having to protect herself from her stepmother who envies her beauty and spontaneity. Yet she feels reassured by the forest and the company of the animals that accompany her on her adventure.
The theme of the desire to discover something unknown is also revealed in the painting Brontosaurus riders where children of all races find themselves together on the back of the prehistoric animal ready to let themselves be led into a dimension to be discovered and experienced; here emerges a social theme dear to Graves, that of the union of peoples, of the lack of discrimination and distance generated by the madness of adults but which is completely absent in the innocent age of childhood, as much as it was absent in that historical period that goes by the name of primitive but which in reality was perhaps more evolved than the present, if observed from the point of view of acceptance and respect for diversity. The older children embrace the younger ones as if to protect them, and all are a little fearful of the unknown they are about to discover but at the same time reassured by the brontosaurus who carries them on his back as if they were his own cubs to look after. Graves‘ pictorial stroke is realist while the human representation turns instead towards the unreality of magical, fairy-tale-like strokes as much as the decontextualised and shaded settings, as if to emphasise the belonging to the world of dreams. The canvas The ferris wheel is a synthesis of the adventures that the artist’s imagination suggests because here everything is unreal, it seems like a leap back to the Victorian era, when the arrival of the funfair and the circus led children to flock to see all the attractions that constituted the only diversion from everyday life; the structure of the artwork is almost naïve both in its descriptive realisation and in the miniaturisation of the characters, consisting of curious little girls dressed up for a ride on the Ferris wheel, fully-clothed carnies, including the top hat, and circus attractions such as the Siamese twins. The animals are free but also imprisoned in cages, they ride on the wheel with their owner or even walk with them as gallant chaperones, in short, all of Mab Graves‘ imaginative tendencies seem to find their full manifestation in this canvas. Self-taught illustrator and painter Mab Graves exhibits regularly worldwide and her artworks are part of private collections in fifty-four countries. In 2013 was published her first book of paper dolls.