Nel vivere attuale esistono molteplici aspetti che vanno a insinuarsi nel sentire profondo degli artisti i quali non possono fare a meno di lasciar emergere considerazioni o semplicemente rappresentazioni delle emozioni di chi scelgono di far diventare protagonista di un’opera; l’osservazione che ciascun creativo compie si traduce poi in enfasi espressiva declinata in un linguaggio affine alla propria natura, pertanto alcuni autori tendono verso l’immersione assoluta nel mondo emotivo cancellando la realtà per dar vita a un linguaggio di puro istinto, e dunque informale, altri invece hanno bisogno di mostrare con precisione quasi fotografica i dettagli di ciò che hanno davanti ai loro occhi, e infine alcuni pur rimanendo fortemente legati alla forma figurativa avvertono la necessità di darle un aspetto diverso, in cui tutta la gamma delle sensazioni deve manifestarsi chiaramente all’osservatore. Nella serie dedicata ai temi sociali, Ray Piscopo sceglie questa terza strada, dove attinge nella sua capacità interpretativa al punto di vista visivo e cromatico, per enfatizzare quegli scorci di realtà su cui il suo sguardo si posa.
La seconda metà dell’Ottocento ha generato un vero e proprio spostamento dell’asse di interesse degli artisti poiché la tendenza tradizionale a dipingere ritratti di nobili o di famiglie reali venne sostituita dal desiderio di dare voce agli appartenenti alle classi sociali più disagiate, il popolo degli invisibili, i lavoratori che permettevano ai signori di arricchirsi senza essere giustamente compensati per questo. Il Realismo mise dunque in evidenza, divenendone importante documento storico, la vita quotidiana di quella moltitudine troppo spesso ignorata dal mondo dell’arte, evidenziandone le condizioni precarie, la sofferenza, l’indigenza ma anche la dedizione con cui assolvevano ai loro compiti; qualche decennio dopo e dall’altra parte dell’oceano, in Messico, Diego Rivera utilizzò il Muralismo, con tratti esecutivi a metà tra il Realismo e l’Espressionismo, per mettere in evidenza la vita nel periodo della rivoluzione, lo sfruttamento dei lavoratori, e le lotte di classe che stavano diventando il fulcro della filosofia comunista alla quale l’artista si era avvicinato. La necessità di comunicare attraverso l’arte al grande pubblico rappresentandone gli aspetti più reali e persino crudi, si consolidò negli anni successivi attraverso i Graffiti, base principale del movimento della Street Art degli anni Ottanta attraverso cui gli artisti più lontani dall’ancora elitario circuito dell’arte, potevano esprimere le loro sensazioni ed emozioni. D’altro canto però anche l’Espressionismo, fin dalla sua nascita con le innovazioni dei Fauves francesi, si era già focalizzato sui disagi, sulle ansie e sulle angosce del vivere dei primi decenni del Novecento, quando le incertezze dei venti di guerra stravolsero la vita e la quotidianità delle persone, oltre che degli artisti; lo stile pittorico e scultoreo divenne dunque un manifestarsi di questo sentire, rinunciò alla perfezione esecutiva che aveva contraddistinto il Realismo e si focalizzò sull’interpretazione del mondo emotivo, bello o brutto che potesse risultare, rinunciando all’armonia della forma pur di mettere sul tela tutto ciò che apparteneva all’interiorità. In questo parametro rappresentativo il colore ebbe grande rilevanza proprio perché attraverso il distacco e la decontestualizzazione dall’esatta riproduzione dell’osservato diveniva possibile attribuire alle varie tonalità, spesso piene e persino aggressive o assolutamente cupe, tutto quel sentire che diversamente non avrebbe trovato il necessario impatto.
Ray Piscopo, nella sua serie dedicata ai temi sociali, sceglie di mescolare l’intenzione comunicativa del Muralismo, mettendo in evidenza tutte le sfaccettature della realtà attuale e osservando quei frammenti di consapevolezza o di sensazioni che fuoriescono dalle pose e dai volti dei personaggi ritratti, alla forza interpretativa del colore che proprio in virtù della decontestualizzazione diviene enfasi espressiva, come se l’intensità e la pienezza delle tonalità scelte dall’autore fossero necessarie e funzionali e mettere in luce tutte le sfaccettature di sensazioni provate dal soggetto e poi amplificate in virtù della rappresentazione pittorica.
In qualche modo la parte realista sembra essere oltrepassata e soggettivizzata dalla parte espressionista, infondendo alle tele un’apparenza ambivalente che attrae lo sguardo dell’osservatore per la sua aderenza alla realtà ma in un secondo momento viene attratto da quelle sovrapposizioni cromatiche, dalla netta definizione delle linee coloristiche dove le sfumature dissolvono la definitezza, anziché renderla più conforme all’osservato, proprio perché ciò che interessa a Ray Piscopo è il sentire, quel mondo interiore che non può rientrare dentro i confini della razionalità bensì ha bisogno di mescolarsi all’universo irrazionale e spontaneo delle emozioni.
Le opere di questa serie produttiva svelano e confermano la capacità dell’artista di osservare ed entrare in empatia con il soggetto ritratto, mostrandone l’intensità palpitante che riesce a fuoriuscire fino a giungere in maniera intensa al fruitore proprio grazie a quell’assenza di perfezione che in qualche modo riconduce all’imperfezione dell’essere umano e della sua esistenza. L’incapacità di giudicare che appartiene alla natura di Ray Piscopo diviene così piena condivisione e accoglienza di tutto ciò che viene visto nella sua propria soggettività, quasi come se l’artista divenisse voce di quei momenti inconsapevoli in cui qualcuno prende atto della propria condizione, di un suo errore, dell’ineluttabilità di alcune circostanze di cui si può solo accettare il verificarsi.
Lo sguardo si sposta da un sentire più esistenzialista, in cui mettere in luce il disagio del vivere di alcuni giovani o il dolore provocato da un evento che induce a perdere ogni certezza, come nell’opera You cannot change destiny dove la ragazza è ritratta nel momento di massima presa di coscienza di una situazione che sembra non poter avere alcuno sbocco; si raccoglie in se stessa quasi a voler dominare la disperazione ma in realtà lasciandosi sopraffare da essa, dimenticando quanto invece tutto possa essere nelle sue mani se solo riuscisse a raggiungere la coscienza della sua forza e la consapevolezza delle risorse che sono dentro di sé. L’Espressionismo in questa tela tende la mano al Simbolismo perché il reticolato che si trova dietro alla protagonista evoca l’idea della gabbia, intesa ovviamente come incapacità di uscire da una situazione che sembra impossibile cambiare; in qualche modo si percepisce la spinta emozionale di Ray Piscopo a voler consolare la giovane donna, a rassicurarla che tutto andrà bene e che ogni cosa, solo un attimo dopo di quello più buio, può presentare risvolti inaspettati.
In Mama invece l’impatto con la realtà è forte, travolgente, il corpo della donna è riverso a terra, probabilmente senza vita, mentre il suo bambino le rimane accanto, ignorando che non riceverà più l’abbraccio della donna che lo ha messo al mondo; questo dipinto evidenzia tutte le difficoltà di un popolo, quello africano, costretto a combattere per sopravvivere, a intraprendere viaggi lunghissimi pur di ottenere anche solo la speranza di costruire un futuro diverso per i propri figli. Ray Piscopo coglie l’istante dell’accadimento, quello in cui il bambino comprende che qualcosa non va ma è troppo piccolo per trovare una soluzione o per compiere un’azione che possa salvarlo dal suo destino. In questo fermo immagine l’artista lascia un’interrogativo su cosa accadrà poco dopo, non è intuibile se qualcuno interverrà per permettere al piccolo di sopravvivere a quell’evento. Ciò che invece emerge in modo chiaro è la crudeltà della realtà, di ciò che troppo spesso avviene sotto gli occhi delle società più civilizzate che di fatto preferiscono voltarsi dall’altra parte rispetto a quanto avviene a pochi chilometri di distanza.
In The pigeon man questo tema è persino più enfatizzato perché Ray Piscopo decide di mettere in primo piano uno degli invisibili che si aggirano e vivono nelle città senza che ne possano far parte, per scelta o per sorte, ma che hanno tutto un loro mondo fatto di oggetti cari, di affettività nei confronti di ciò che dall’uomo integrato viene ignorato. Nel caso del senzatetto ritratto in questa tela, la sua esistenza è allietata dai piccioni che sembrano tenergli compagnia, vegliare su di lui perché sanno che egli condivideà con loro il poco che ha, il poco cibo che riesce a ottenere grazie all’elemosina. Malgrado la realtà che fuoriesce con grande impatto dall’opera, non può non essere notata anche la lirica con cui Ray Piscopo racconta la scena, come se il suo sguardo benevolo ed empatico fosse la spinta che lo ha indotto a immortalare quel momento.
La sensibilità nei confronti della contemporaneità e di tutto ciò che lo circonda contraddistingue dunque la serie di opere dedicate ai temi sociali, mostrando e confermando la capacità di Ray Piscopo di raccontare senza giudicare, anzi semmai di percepire gli stati d’animo, le sensazioni e anche il dolore dei suoi soggetti assorbendoli per poi imprimerli sulla tela.
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Ray Piscopo’s Social Expressionism, exploring all facets of human reality and it’s way of tackling the world
In today’s life, there are multiple aspects that seep into the deep feelings of artists who cannot help but allow to emerge considerations or simply representations of the emotions of those they choose to make the protagonist of an artwork; the observation that each creative artist makes then translates into expressive emphasis declined in a language akin to his own nature, so that some artists tend towards absolute immersion in the emotional world, erasing reality to give life to a language of pure instinct, and therefore informal, while others need to show with almost photographic precision the details of what they have before their eyes, and finally, some, while remaining strongly linked to the figurative form, feel the need to give it a different aspect, in which the whole range of sensations must be clearly manifested to the observer. In the series dedicated to social themes, Ray Piscopo chooses this third path, where he draws in his interpretative capacity on the visual and chromatic point of view to emphasise those glimpses of reality on which his gaze rests.
The second half of the 19th century generated a real shift in the axis of artists’ interest as the traditional tendency to paint portraits of nobles or royal families was replaced by the desire to give voice to those belonging to the poorest social classes, the people of the invisible, the workers who allowed the lords to get rich without being justly compensated for it. Realism thus highlighted, and became an important historical document, the daily life of that multitude too often ignored by the art world, highlighting their precarious conditions, their suffering, their destitution but also the dedication with which they performed their duties; a few decades later and on the other side of the ocean, in Mexico, Diego Rivera used Muralism, with executive traits somewhere between Realism and Expressionism, to highlight life during the revolutionary period, the exploitation of the workers, and the class struggles that were becoming the focus of the communist philosophy to which the artist had approached. The need to communicate through art to the general public by representing its most real and even raw aspects was consolidated in the following years through Graffiti, main basis of the Street Art movement of the 1980s through which artists furthest from the still elitist art circuit could express their feelings and emotions. On the other hand, however, Expressionism too, since its inception with the innovations of the French Fauves, had already focused on the hardships, anxieties and anguishes of living in the first decades of the 20th century, when the uncertainties of the winds of war disrupted the existance and everyday life of people, as well as artists; the style of painting and sculpture thus became a manifestation of this feeling, renouncing the executive perfection that had distinguished Realism and focusing on the interpretation of the emotional world, whether beautiful or ugly, renouncing the harmony of form in order to put everything that belonged to the interiority on canvas. In this representative parameter, colour had great relevance precisely because through detachment and decontextualisation from the exact reproduction of the observed, it became possible to attribute to the various tones, often full and even aggressive or absolutely sombre, all that feeling that otherwise would not have found the necessary impact.
Ray Piscopo, in his series dedicated to social themes, chooses to mix the communicative intention of Muralism, highlighting all the facets of current reality and observing those fragments of awareness or sensations that emerge from the poses and faces of the characters portrayed, to the interpretative power of colour that precisely by virtue of decontextualisation becomes expressive emphasis, as if the intensity and fullness of the tones chosen by the author were necessary and functional to highlight all the facets of sensations experienced by the subject and then amplified by virtue of the pictorial representation. Somehow the realist part seems to be overtaken and subjectivized by the expressionist part, infusing the canvases with an ambivalent appearance that captures the observer’s gaze by its adherence to reality but is later attracted by those chromatic overlays, by the sharp definition of the colouristic lines where the nuances dissolve the definiteness, rather than making it conform to the observed, precisely because what Ray Piscopo is interested in is feeling, that inner world that cannot fall within the confines of rationality but needs to mingle with the irrational and spontaneous universe of emotions. The artworks in this productive series unveil and confirm the artist’s ability to look at and empathise with the subject portrayed, showing the palpitating intensity that manages to intensely reach the viewer precisely thanks to that absence of perfection that somehow leads back to the imperfection of the human being and his existence. The inability to judge that belongs to Ray Piscopo‘s nature thus becomes full sharing and acceptance of all that is seen in its own subjectivity, almost as if the artist became the voice of those unconscious moments in which someone takes note of his condition, of his error, of the inevitability of certain circumstances whose occurrence can only be accepted. The gaze shifts from a more existentialist feeling, in which the discomfort of living of some young people or the pain caused by an event that leads to the loss of all certainty are highlighted, as in the painting You cannot change destiny where the girl is portrayed at the moment of maximum awareness of a situation that seems to have no way out; she withdraws into herself almost as if wanting to dominate despair, but in reality allowing herself to be overwhelmed by it, forgetting how everything could be in her hands if only she could achieve consciousness of her strength and awareness of the resources within herself.
Expressionism in this canvas tends towards Symbolism because the fence behind the protagonist evokes the idea of the cage, obviously understood as the inability to get out of a situation that seems impossible to change; somehow is possible to perceive Ray Piscopo‘s emotional drive to want to console the young woman, to reassure her that everything will be all right and that everything, just a moment after the darkest one, can have unexpected implications. In Mama, on the other hand, the impact with reality is strong, overwhelming, the woman’s body is lying on the ground, probably lifeless, while her child remains next to her, unaware that he will no longer receive the embrace of the woman who gave birth to him; this painting highlights all the difficulties of a people, the African one, forced to fight to survive, to undertake very long journeys in order to obtain even the hope of building a different future for their children. Ray Piscopo captures the instant of the event, the one in which the child realises that something is wrong but is too young to find a solution or to take an action that could save him from his fate. In this freeze-frame the artist leaves one wondering what will happen shortly afterwards, it is not clear whether anyone will intervene to allow the little one to survive the event. What instead emerges clearly is the cruelty of reality, of what all too often happens before the eyes of more civilised societies that actually prefer to turn away from what is happening a few kilometres away.
In The pigeon man this theme is even more emphasised because Ray Piscopo decides to put in the foreground one of the invisibles who roam and live in cities without being part of them, by choice or by fate, but who have a whole world of their own made up of cherished objects, of affection towards what is ignored by the integrated man. In the case of the homeless man portrayed in this canvas, his existence is cheered by the pigeons who seem to keep him company, to watch over him because they know that he will share with them the little he has, the little food he manages to obtain through begging. In spite of the reality that emerges with great impact from the artwork, one cannot fail to notice also the lyricism with which Ray Piscopo narrates the scene, as if his benevolent and empathetic gaze was the impetus that led him to immortalise that moment. Sensitivity towards contemporaneity and everything that surrounds him thus distinguishes the series of works dedicated to social themes, showing and confirming Ray Piscopo‘s ability to narrate without judging, but rather to perceive the moods, feelings and even the pain of his subjects, absorbing them and then imprinting them on canvas.