ROMA – La situazione “è drammatica” e su Stellantis serve un intervento diretto di Palazzo Chigi. Lo ha detto il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ad ‘Amici e nemici’ su Radio 24. “Sono 2 anni che chiedevamo che Tavares venisse in parlamento e che chiediamo che palazzo Chigi convochi Tavares”, ha detto sottolineando che Stellantis non ha investito in questi anni, neanche in ricerca e sviluppo, e che la produzione nel 2024 scenderà sotto 300 mila unità: non succedeva, ha detto, dal 1957.
L’azienda, ha spiegato Landini, in questi anni ha solo tagliato: “ha ridotto in questi anni più di 12.000 posti di lavoro, tagliando anche nella ricerca e nello sviluppo. E da questo punto di vista l’azienda continua a pensare di andare a produrre da altre parti, come in Marocco”. Ma ridurre i costi in realtà “vuol dire investire anche sulla componentistica, vuol dire fare le filiere, tutte cose che in questi anni non sono stati fatti”.
“Vorrei ricordare a tutti che la potenzialità produttiva degli stabilimenti italiani potrebbe arrivare fino a 2 milioni di auto, quest’anno che arriveranno di produzione che sotto le 300 mila, non succedeva dal 1957”. Landini ha poi citato il rinvio della giga Factory di Termoli e ha evidenziato che di fronte al cambiamento che sta avvenendo nel sistema della mobilità serve a breve una programmazione di sistema “che coinvolga anche gli stati che coinvolga anche i governi”.
“Noi stiamo chiedendo che il governo convochi a Palazzo Chigi l’azienda e i sindacati, compresa la componentistica e si apra un vero e proprio confronto”. Per Landini è il vecchio sistema che non funziona più è l’azienda ha fatto scelte sbagliate “quando ancora si chiamava Fiat, poi diventato Fca. Allora pensava che il settore elettrico fosse una cavolata e decise di concentrarsi sulle auto di lusso dell’Alto di gamma, tutta una serie di scelte che secondo me oggi paghiamo pesantemente. E insisto: si pone un problema in realtà di tutta l’Europa e di politiche che siano in grado di recuperare i ritardi tecnologici che in questi anni si sono determinati a fronte della quantità di investimenti fatti dai cinesi, dagli americani e in parte anche dai giapponesi che sono molto più avanti”.