Giovanni Lindo Ferretti e Mara Redeghieri per il finale del Ciclo di Spettacoli Classici

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foto di Martina F. Chinca

VICENZA – Il “coro”, immagine-guida che ha segnato il 77° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza con la direzione artistica dei fondatori del Teatro delle Albe Ermanna Montanari e Marco Martinelli, si trasforma in una moltitudine di voci per il gran finale di questa edizione. La prima voce sarà quella di Giovanni Lindo Ferretti che venerdì 18 ottobre, in Prima Assoluta al Teatro Olimpico di Vicenza, presenta moltitudine in cadenza, percuotendo, il misterico e misterioso progetto di una delle figure più affascinanti, teatrali, provocatorie e, per certi versi, enigmatiche della musica italiana.

Co-fondatore dei CCCP prima e dei CSI dopo, fino ad arrivare ai PGR, Ferretti è considerato uno dei padri del punk italiano e icona della musica alternativa. Da sempre, una figura spiazzante che costringe tutti noi a riflettere su quegli spazi liminali fra conservatorismo e progressismo, anti-modernismo e Rivoluzione, spiritualità e materialismo, identità e trasformazione. Al suo fianco, in questa inedita partitura, uno stregone delle percussioni come Simone Beneventi, Leone d’Argento alla Biennale Musica 2010, officiante del rito ritmico già al lavoro con gli Zeitkratzer e la Filarmonica della Scala.
Fra i progetti più attesi della rassegna, di moltitudine in cadenza, percuotendo si sa pochissimo. Secondo le parole dello stesso Giovanni Lindo: “un antico palcoscenico in ardita prospettiva urbana – un corpo/voce, un’ombra, percussioni – tono ritmo frequenza – percuotersi il petto: un dolore che non può pacificare – percuotersi la fronte: stupore mai sazio, rinnovato – 70anni, echi biblici”. E ancora: “Ritualità in forma di teatro, non so dire di più: non siamo una compagnia teatrale che sta mettendo in scena un nuovo spettacolo. Ahimè anche voi ormai non potete far altro che fidarvi. Ciò che deve accadere accada”.

Da una voce individuale si passa alla voce collettiva il giorno seguente, sabato 19 ottobre, quando il Teatro Astra di Vicenza accoglierà Notte delle voci, un progetto curato personalmente da Ermanna Montanari. L’evento di chiusura del 77° Ciclo di Spettacoli Classici sarà un rito, una cerimonia, una vera e propria cosmogonia di voci, “una lode alla verticalità della notte. Là dove la voce si manifesta ancor più come origine, suono del mondo, un trasalire. Lode al profondissimo ascolto che apre le nostre orecchie e le fa gioire”. A guidare il pubblico, artisti-viandanti di altissimo profilo, a partire da un’artista che non ha bisogno di presentazioni: Mariangela Gualtieri, poetessa e co-fondatrice del Teatro Valdoca.
Poi, l’esoterica e lunare Daniela Pes, Targa Tenco per Spira, il suo album d’esordio, che non smette di collezionare prestigiosi riconoscimenti a oltre un anno dall’uscita. Enigmatica come un oracolo greco, Daniela Pes si muove tra elegante e oscura elettronica e ambient dal respiro per creare un mondo sonoro in cui l’arcaico, il contemporaneo e il futuribile si avviluppano l’un l’altro come nella danza gravitazionale di due galassie in procinto di fondersi.
La magnetica Mara Redeghieri, ex Üstmamò, che nel suo ultimo tour Futura Umanità si è nuovamente fatta interprete canti anarchici e partigiani ma anche di voci di resistenze del nuovo millennio “che si mescolano ai nostri ricordi e risuonano, amplificandosi a vicenda attorno alle parole di libertà, autodeterminazione, giustizia sociale e dignità”.
R.Y.F. (acronimo di Restless Yellow Flowers), voce dance punk della comunità queer e di “tutte le favolose creature della Terra”, già co-autrice delle musiche dello spettacolo dei Motus Tutto Brucia e artefice di un electro-punk intriso di sovversione femminista. Deep Dark Blue è il suo ultimo album, un disco di sofferenza e guarigione che rafforza la carica destabilizzante dell’artista: “Deep Dark Blue è un album sottomarino, forse è un album addirittura abissale. Il sound è oscuro e attutito, come se ci trovassimo in una sorta di culla, una bolla blu per l’appunto, un cocoon di mare nel quale avvolgersi per rigenerarsi e raggiungere serenità, ma il cui involucro trasmette anche energia”.
Abdullah Miniawy, artista egiziano icona di libertà e giustizia, scrittore, cantante, compositore e attore, le cui performance hanno calcato palcoscenici e luoghi prestigiosi a livello internazionale, tra cui il Festival d’Avignone, l’Institute of Contemporary Arts di Londra, il museo Haus Der Kunst di Monaco e il Louvre di Parigi, per citarne soltanto alcuni.
Il collettivo Ndox Èlectrique di François R. Cambuzat e Gianna Greco, sciamani di una trance di resistenza anti-coloniale. Ndox Électrique è infatti “un rituale di possessione delle cerimonie n’döep senegalesi. Selvaggio, oscuro e solare, femminile e potente, chiama gli spiriti a sfidare il mondo moderno con incantesimi, danze e percussioni ancestrali, chitarre elettriche e computer” che serve a decostruire l’esotismo e la visione stereotipata che il pubblico occidentale ha della musica africana per metterlo di fronte “alle musiche dei mondi reali, crudeli, selvagge, sfrenate e anche sanguinarie, perché per scacciare i demoni non saranno sufficienti le buone maniere ma un enorme volume sonoro in grado di provocare lo stato di trance”.

E, infine, Serena Abrami e Enrico Vitali – già al fianco di Ermanna Montanari e Marco Martinelli nel progetto Don Chisciotte ad ardere – componenti della band alt-rock Leda ma attivissimi anche, fra musica e teatro, nello studio attorno alla vocalità e al concetto di “paesaggio sonoro”. Una catarsi festosa di suoni e canti diversissimi, dunque, ma anche di immagini, grazie alle creazioni visive realizzate dal vivo dall’eclettico artista visivo Stefano Ricci.