Fitto verso Bruxelles ma non verrà sostituito: ipotesi deleghe a Palazzo Chigi

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Il ministro Raffaele Fitto

ROMA – “Il mantra è: lasciare ogni cosa al suo posto. E, se proprio necessario, toccare il meno possibile”. Per lo stesso concetto caro a Giorgia Meloni – “squadra che vince non si cambia” – non c’è un ‘dopo Fitto’ nei disegni futuri del governo. Vale a dire che il super dicastero guidato da ministro salentino – Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr – “è stato cucito addosso a Raffaele, dunque non avrebbe senso mettere qualcun altro al suo posto”, tornano a confermare autorevoli fonti all’Adnkronos. Anche perché “per fare un Fitto ne servirebbero tre”, la battuta che rimbalza.

L’idea della premier Giorgia Meloni resterebbe quella di ‘ripartire’ il pacchetto di deleghe che fino ad ora Fitto ha gestito in solitaria puntando innanzitutto su Palazzo Chigi, dove la presidente del Consiglio può contare su due sottosegretari come Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, con il primo in funzione di ‘regista’. E giocando più avanti la carta di un sottosegretario ad hoc – due i posti venuti meno nel sottogoverno con le dimissioni di Vittorio Sgarbi e Augusta Montaruli – creandone uno agli Affari europei.

A renderlo fattibile è la convinzione “che in futuro da Roma dovremo interfacciarci con Raffaele”, destinato al ruolo di vicepresidente esecutivo con delega alla coesione e alle riforme, “sarà lui il nostro referente, dunque avremo la vita più facile di quanto l’abbia avuta lui in questo anno e mezzo”. I dirigenti che attualmente lavorano per Fitto, impegnati in prima linea sul Pnrr e sui fondi di coesione, resterebbero al loro posto, spiegano le stesse fonti. Per loro ben poco cambierebbe, se non che, dopo il trasferimento del ministro a Bruxelles, a leggere lo spartito e dirigere l’orchestra sarà di fatto Palazzo Chigi.

Intanto Fitto, in vista dell’ultimo step prima dell’approdo in Europa – l’audizione del prossimo 12 novembre – ha scelto di tenere un profilo basso, lontano dai riflettori: poche uscite pubbliche, zero dichiarazioni. Tanto che avrebbe deciso di passare il testimone del G7 Sviluppo urbano sostenibile, in agenda il prossimo 4 novembre a Roma, al responsabile del Viminale Matteo Piantedosi. Quanto agli interrogativi che aleggiano sulla responsabile del turismo Daniela Santanché e Matteo Salvini, alle prese con i loro guai giudiziari, anche qui sembra prevalere la tenuta dello status quo.