Giuseppe Lapadula, autore de La Piaga. Un romanzo nell’Universo Barocco, si racconta in un’intervista per L’Opinionista, rivelando i retroscena di un’opera visionaria e stratificata. Con una formazione scientifica che si riflette nella plausibilità del suo universo futuristico, Lapadula ha impiegato anni per costruire un mondo complesso e coerente, ispirato alle atmosfere del barocco e alle sfide della colonizzazione interstellare.
Durante la conversazione, l’autore esplora i temi centrali del romanzo, dalla scienza e tecnologia alla terraformazione, passando per la religione e il concetto di guerra. La Piaga è un’opera che fonde elementi storici con una narrativa di ampio respiro, sollevando interrogativi sul futuro dell’umanità e sul valore della coerenza interna in un mondo immaginario.
- Buongiorno Giuseppe, grazie per aver accettato questa intervista. Non appena si conclude di leggere il tuo libro, la prima cosa che ci si chiede è quanto tempo sia stato dedicato a un progetto così ampio e stratificato. Anche a giudicare dal lavoro condotto sul tuo blog (giuseppelapadulaautore.com) e dalla strategia di comunicazione adottata sui tuoi account social, emerge chiaramente la tua conoscenza dell’argomento e del luogo in cui “La Piaga” è ambientato – ma soprattutto la cura e la dedizione che stai dedicando all’Universo Barocco. Quanto tempo hai impiegato a scrivere il romanzo? È venuta prima l’invenzione dei luoghi in cui prende vita “La Piaga” o le storie dei personaggi che li popolano?
Grazie a voi per avermi ospitato!
In effetti la costruzione dell’ambientazione è stata la cosa che ha impiegato più tempo e sforzi. La prima versione risale al 2014, che naturalmente era solo una bozza molto diversa da quello che è oggi, e sarebbe stata solo la scenografia di un racconto. In seguito, mi hanno convinto che potesse essere interessante svilupparci un intero universo narrativo. Ci sono, come avete intuito, centinaia di pagine di retroscena, “storia futura” anno per anno, tutti i pianeti con le rispettive mappe, la suddivisione della Terra per aree di influenza, nazioni, governi, economia, religione, teologia, politica e molto altro di cui condivido alcuni stralci con i lettori sui miei social.
La storia e i personaggi sono stati sviluppati in parallelo e in modo iterativo, nel senso che tutte le volte che introducevo qualcosa che non era stata pensata e sviscerata a sufficienza e che avrebbe potuto avere potenzialmente effetti a cascata, tornavo sul file di ambientazione e aggiungevo/modificavo. Sono un lettore prima di uno scrittore, e come tale non perdono errori di coerenza interna non volevo introdurli nel mio romanzo.
- Voglio domandarti subito qualcosa di te – una domanda che mi gira in testa dal primo momento in cui ho aperto il romanzo. La tua formazione scientifica in chimica ha avuto qualche influenza sul mondo futuristico che hai creato in La Piaga? È stata d’aiuto per creare il tuo Universo Barocco del 2600?
Si senza dubbio. Non è stato solo un aiuto, ma anche un’ispirazione. Alcune molecole con cui ho lavorato durante il mio dottorato di ricerca erano così instabili da dover usare un’atmosfera di argon, altrimenti si sarebbero decomposte, e questo mi ha aiutato a superare l’antropocentrismo e quello che diamo per scontato che sia impossibile.
Il romanzo non è naturalmente del genere hard sci-fi, ma avere un dottorato di ricerca in una scienza dura mi ha aiutato a dare una certa plausibilità scientifica e a osservare un certo rigore nelle regole interne del mondo.
- L’epoca barocca – a cui il tuo romanzo si rifà – è stata caratterizzata da un grande fermento scientifico e innovativo. In che modo hai integrato elementi di scienza e tecnologia nel tuo racconto? Ci sono innovazioni specifiche che hai voluto mettere in evidenza, e come influenzano la vita dei personaggi? Puoi farci qualche esempio? Inoltre, i principi su cui si basa l’Universo Barocco sono ipotesi scientifiche?
Come ho già detto, molti principi sono basati su regole scientifiche come fisica newtoniana (le battaglie soprattutto), quantistica e chimica. La scienza viene trattata in un modo abbastanza rigoroso.
L’innovazione principale di questa epoca storica è stata introdurre il viaggio interstellare (cosa che invece non è basata su ipotesi scientifiche nel caso del mio mondo narrativo, ma proprio di un’invenzione). L’importante è mantenere una coerenza interna del mondo narrativo rispettando il patto di sospensione dell’incredulità con il pubblico.
La possibilità di viaggiare tra le stelle però ha un costo molto alto. I viaggi infatti durano da diversi mesi ad anni, e producono tutta una serie di effetti a cascata come quelli che devono subire i personaggi, come lontananza dai cari ed essere tagliati fuori dal resto dell’umanità. Per la società invece questo implica che spazi vuoti e lontani possano essere occupati e risorse virtualmente infinite, ma per via della lentezza dei trasporti e delle comunicazioni, individui senza scrupoli possano reclamarli con la forza e accentrare potere e ricchezze senza che un’autorità centrale possa farci molto.
- Il romanzo è ambientato nell’anno futuro 2600. Quali riflessioni personali sul futuro dell’umanità ti hanno portato a scegliere questa precisa collocazione temporale? La scelta del periodo è un caso o quali criteri hai seguito per definirla?
La scelta del periodo è stata dettata da un’analogia dei trasporti che ho notato nella mia ambientazione. La lentezza dei viaggi transoceanici per arrivare su continenti lontani e “alieni”. L’investimento di tempo e risorse per un ritorno ad altissimo rischio e l’altissima competizione tra potenze rivali.
- La Chiesa ha sempre avuto un ruolo cruciale nelle dinamiche sociali e politiche della storia. Ho notato come la Chiesa giochi un ruolo centrale nel plasmare le relazioni tra i personaggi. In che modo hai voluto evidenziare l’influenza della Chiesa sulla società del tempo, e quali implicazioni pensi che questa dinamica abbia per i lettori di oggi?
La Chiesa serviva per fornire una specie di arbitro neutrale che dava l’illusione di unità in contrasto con il potere secolare frammentato e diviso. Essendo un’istituzione sovranazionale senza territori, ma con un immenso potere economico e politico (l’educazione è in mano alla Chiesa, ad esempio), plasma profondamente le relazioni tra personaggio e personaggio e tra personaggi e mondo narrativo. In realtà la Chiesa, essendo la classe degli intellettuali, ha anche in sé il germe del dubbio che si esplicita in pensatori eretici, che però spesso sono ex-prelati o monaci. Le implicazioni per i lettori di oggi, secondo me, sono che qualsiasi istituzione per quanto cerchi di sembrare immutabile e monolitica è frammentata perché fatta di persone che pensano cose diverse.
- La guerra può trasformare radicalmente una società e le sue strutture. Come hai voluto rappresentare il concetto di guerra nel tuo romanzo? Quali messaggi o riflessioni speri di trasmettere ai lettori attraverso la descrizione dei conflitti e delle dinamiche dell’esercito?
La guerra e in generale il conflitto è una costante dell’umanità, e come in tutte le epoche ho immaginato che ci fosse anche in questa. L’idea che la colonizzazione abbia spostato conflitti armati e battaglie su avamposti lontani, e sulla Terra non si spari un colpo da secoli, mi è venuta guardando la nostra realtà occidentale. I conflitti esistono, ma sono lontani dai nostri occhi e quindi, dopo un possibile iniziale shock, perdiamo rapidamente interesse perché non ci toccano personalmente e non percepiamo la mancanza di sicurezza nelle azioni quotidiane che diamo per scontate. Ma la pace non lo è, e se per un attimo ci mettiamo nei panni di quelle persone ci aiuterebbe ad apprezzarla.
- Il concetto di terraformazione è affascinante e complesso. Potresti spiegare come hai deciso di esplorare questo tema nel tuo romanzo? Qual è la sua importanza per la trama e quali implicazioni ha sulla comprensione dell’universo che hai creato?
Ho immaginato questo processo (già esplorato da molti autori e possibile in via del tutto teorica dal punto di vista scientifico), perché il fatto che la nostra atmosfera abbia una composizione, densità e temperatura che permetta di sostenere la vita umana ed animale per come la conosciamo è un puro caso. Ci sono state diverse catastrofi ed estinzioni di massa che hanno plasmato il pianeta per come lo conosciamo. Per questo motivo ho ritenuto improbabile trovare facilmente un mondo con esattamente le stesse caratteristiche del nostro; tuttavia, la tecnologia e lo spirito di conquista umano hanno ovviato a questa difficoltà. Il processo dura decenni, è faticoso e quasi un azzardo, ma possibile. Le implicazioni sono che quello che per noi è ospitale per specie autoctone potrebbe essere mortale, ma in nome dell’espansione territoriale, le potenze colonizzatrici non si fanno scrupoli a sterminare interi ecosistemi con leggerezza.
- Molti autori si ispirano a eventi storici per dare vita alle loro opere. Nel tuo romanzo è evidente l’ispirazione proveniente da eventi storici reali, ma voglio lasciare a te la parola: ti va di raccontarci quali sono e come hai deciso di intrecciarli con la tua narrazione di fantasia?
Non essendo uno storico, ma solo un appassionato, come hai giustamente detto, ho usato eventi passati di diverse epoche che mi hanno impressionato, intrecciandoli con la mia fantasia. Il 1500-1600 è quello che ha fornito l’estetica generale del mondo con colonizzazione ed esplorazione, alcuni eventi invece sono ispirati alle guerre napoleoniche, e all’epoca vittoriana, la parte ad estetica italiana guarda alle Repubbliche Marinare. La situazione di tensione sulla Terra replica la guerra fredda dei due blocchi del secondo dopoguerra, ma invece di due blocchi ce ne sono sette. L’idea generale è che il mondo è frammentato e piccoli pezzi costituiscono un grande mosaico. Nei posti più arretrati e lontani si vive in modo simile al nostro medioevo, mentre sulla Terra o nei mondi ad alta tecnologia chi è ricco può permettersi trattamenti medici futuristici.
- Al di là dei riferimenti storici, in qualità di lettore – più che di scrittore – in quali scrittori e autori ti rivedi? Ci sono stati dei capisaldi da cui hai tratto ispirazione per il tuo progetto di scrittura?
Non ho la presunzione di mettermi a livello di scrittori a cui non sarei degno di allacciare le scarpe, però ho modelli letterari che sono molteplici e spaziano a tutti i generi. Dai classici come Guerra e Pace, i capolavori di Dumas, Tolkien e i Promessi Sposi, Umberto Eco, a opere di genere come Georges Martin (soprattutto la sua fantascienza e horror più che le ben note Cronache che comunque apprezzo), Corey (the Expanse), John Scalzi, Stanislav Lem, Jack Vance di cui adoro l’umorismo e la prosa lirica di Dan Simmons, non disdegno il fantasy puro contemporaneo come Eriksson, Glen Cook, Abercrombie o storici come Cornwell e ogni tanto qualche thriller di autori come Jeffrey Deaver e altri che sicuramente sto dimenticando.
- Hai a disposizione tre aggettivi per definire il tuo romanzo, quali scegli?
Non sapendo decidermi, sfrutterò il commento di uno dei miei lettori: Avvincente, ironico e profondo.