Raccontare del proprio io più intimo diviene spesso per un artista un vero e proprio percorso di scoperta di tutte quelle sensazioni che percepisce a livello inconscio attraverso la sensibilità e che poi però hanno bisogno di essere lasciate andare, dopo essere passate dal filtro dell’interiorizzazione dell’oggettività, e comunicate sulla tela; in questo tipo di approccio pittorico spesso lo stile più in grado di armonizzarsi all’intento creativo è proprio quello in cui la forma si dissolve all’interno di colori e di segni grafici per adattarsi al groviglio di sensazioni indefinibili che vanno a costituire riflessioni e interpretazioni dell’osservato. La protagonista di oggi porta avanti parallelamente differenti coniugazioni pittoriche della non forma in virtù della quale riesce a mettere in luce una sua propria lettura di ciò che appartiene all’esistenza e ai percorsi della mente e dell’interiorità.
L’Arte Informale ha definito, dopo il primo ventennio del Novecento, un modo nuovo di intendere il distacco da quell’immagine che tanto aveva dominato in tutta l’arte precedente all’età moderna, allontanandosi però dal rigore geometrico che aveva contraddistinto i movimenti più razionali e legati prevalentemente ai colori primari per raccogliere e amplificare le intuizioni del fondatore dell’Arte Astratta, Wassily Kandinsky, il quale sottolineò l’importanza della connessione tra rappresentazione artistica e sentire interiore, in particolar modo attraverso il coinvolgimento della musica. Dunque quando l’Espressionismo Astratto rivoluzionò l’ambiente culturare degli Stati Uniti degli anni Cinquanta del Ventesimo secolo, le intuizioni del maestro dell’Astrattismo furono approfondite ed enfatizzate con uno stile che scelse di rinunciare completamente a qualsiasi forma riconoscibile per entrare nella dimensione dell’intuizione, dell’impulso, di una sfera interiore che si manifesta senza alcuna regola se non quella dettata da quel movimento emozionale che dall’interno della soggettività dell’autore si sposta verso l’esterno concretizzandosi sulla tela.
Come per Kandinsky dunque, l’impatto comunicativo venne affidato da Jackson Pollock e dai suoi colleghi ai colori, utilizzati in maniera più o meno impulsiva, al gesto pittorico e alla sensazione che dall’opera doveva giungere ad avvolgere o travolgere l’osservatore. Il Dripping di Pollock e di Lee Krasner appariva concitato e impetuoso tanto quanto il Color Field di Mark Rothko e di Helen Frankenthaler sembrava voler condurre verso atmosfere evocative e calme di sentimenti che hanno bisogno di essere meditati e poi lentamente lasciati fuoriuscire con la delicatezza e moderazione espressiva che contraddistingueva gli autori. Non solo, il gesto della pittura segnica di Franz Kline e di Adolf Gottlieb sembrava voler rompere l’equilibrio lunare dei monocromi di Ad Reinhard e di Barnett Newman come se quelle differenze espressive andassero a costituire un dialogo basato solo e unicamente sull’intenzione di partenza, quella necessità di dare voce a emozioni che per troppo tempo erano state tenute a distanza dall’arte e che in quella fase, a causa degli stravolgimenti delle guerre che indussero molti degli appartenenti al movimento a emigrare negli Stati Uniti, erano diventate prioritarie e base imprescindibile dell’Espressionismo Astratto.
L’Europa ovviamente rispose con altrettanta emozionalità con un’Arte Informale in cui però fu introdotto l’utilizzo della materia e dove quindi la necessità di esternare sensazioni interiori veniva mediata da un approccio più analitico e una ricerca sui materiali; di questo stile fu grande maestro l’italiano Alberto Burri che anticipò il concetto di arte del riciclo per rendere più concrete e incisive le emozioni percepite attraverso scarti di lavorazioni industriali e artigianali. L’artista ligure Ginevra Bellini sposa a sua volta il concetto di libertà stilistica ed espressiva, così come l’attitudine di affidare alla gamma cromatica l’interpretazione di un sentire o di un messaggio dell’anima per lei importante e che desidera comunicare attraverso le sue tele,
scegliendo dunque sfaccettature esecutive differenti che divide in serie pittoriche in virtù delle quali riesce a dar vita alle sue riflessioni su se stessa ma anche sull’essere umano, le sue debolezze, le sue inconsapevoli fragilità che emergono grazie all’impatto emozionale delle tonalità scelte e dell’alternanza tra luci e ombre, tra bianco e nero, tra positivo e negativo, tra dettaglio e totalità di tutto ciò che attrae la sua attenzione emotiva e artistica.
L’osservazione di Ginevra Bellini parte dalla considerazione che la mente, la memoria umana tende a focalizzarsi su una piccola parte di ciò che si trova davanti allo sguardo, perché è spesso un solo particolare a suscitare l’emozione che permette alle corde interiori di vibrare imprimendosi nelle sensazioni e nel ricordo, dunque le sue opere mettono in evidenza proprio quella porzione di realtà che ha colpito la sua sensibilità e la sua anima e che poi giunge a coinvolgere il fruitore. In alcuni dipinti la stilizzazione diviene necessaria per infondere la sensazione di moltitudine, di molteplicità di vite che si intersecano e si sfiorano quasi senza vedersi oppure, al contrario ignorandosi a dispetto della consapevolezza della presenza gli uni degli altri, come se l’artista volesse porre l’accento sull’indifferenza che a volte contraddistingue l’essere umano attuale, troppo preso dai suoi egoismi.
A questo tipo di interpretazione dell’Espressionismo Astratto appartiene la serie Umanità in cui l’eredità pittorica di Mark Tobey e di Emilio Scanavino viene personalizzata e iperstilizzata da Ginevra Bellini per infondere nell’osservatore la sensazione di interconnessione tra individui come fossero spilli di vita isolati gli uni dagli altri eppure indelebilmente legati da un filo sottile attraverso il quale più o meno consapevolmente si trovano a comunicare. L’analisi dell’artista scende nelle profondità della vita contemporanea dove la tendenza all’individualismo e all’isolamento generato da una tecnologia sempre più invasiva al punto di compromettere i contatti umani, di fatto non riesce a cancellare l’indole di un uomo che ha bisogno del suo simile per manifestare tutte quelle sensazioni ed emozioni che nessuna macchina, nessun apparato o smartphone potrà mai sostituire.
Nella serie Orizzonte invece l’attenzione di Ginevra Bellini si concentra su quel punto focale lontano dall’osservatore e spesso indistinto in grado di evocare emozioni proprio per il senso di rarefazione che suscita, per quella lontananza raggiungibile eppure stranamente utopica nell’immaginario comune, esattamente per la natura stessa della linea dell’orizzonte, irraggiungibile perché nel momento in cui ci si avvicina a essa immediatamente si dissolve, si entra nella dimensione reale dove emerge il dettaglio e dunque la sensazione percepita dal precedente punto di vista si modifica completamente. In questi dipinti pertanto lo sfondo diviene la base emozionale su cui imprimere l’evocazione di quella linea lontana, evidenziando l’indefinito che lo sguardo coglie nella sua interezza e su cui continua a vagare soffermandosi sul percepito, su tutto ciò che si ferma sull’anima coinvolgendola. Nella serie dedicata ai mari Ginevra Bellini passa da una visione totale del mare con tutte le sue sfumature, a volte declinate sulle tonalità dei verdi altre su quelle degli azzurri, a uno sguardo più focalizzato solo su una parte di quella totalità, sottolineando ancora una volta quanto essenziale sia l’approccio al vissuto e all’osservato di ciascuno poiché in una globalità sterminata tutto ciò di cui ha bisogno l’anima per sentirsi toccata è un frammento, quello più vicino alle corde emozionali, quello che poi si imprime per sempre nella memoria senza potersi cancellare.
Ecco dunque che gli Spiragli di mare divengono concretizzazione di questo concetto, partono da uno sfondo nero, metafora dell’isolamento autoprotettivo dell’interiorità umana, per poi aprirsi a una linea di luminosità e di colore che va a svegliare la profondità del sentire e la conduce verso quella melodia visiva che è unico dettaglio degno di essere notato; il senso di questa serie è che l’individuo non ha bisogno di molto per essere felice e sentirsi ravvivato dalla piacevolezza della semplicità, bensì è sufficiente un piccolo frammento per modificare l’approccio all’esperienza di qualsiasi accadimento o circostanza che possa verificarsi, tanto quanto, da un altro punto di vista, la mente riesce a comprendere e a intuire il tutto osservandone solo una porzione.
La frammentazione della memoria, la capacità selettiva di tenere solo ciò che è funzionale alla crescita interiore, piuttosto che soffermarsi solo sul negativo condizionante e limitante per l’evoluzione personale, diviene protagonista anche della tela Improvvisazione, dove l’immagine leggermente accennata, è suddivisa in riquadri, come se l’attenzione avesse suddiviso in scene un visibile che ha bisogno di essere frazionato per essere accolto all’interno di un ricordo emozionale e coinvolgente. Ginevra Bellini ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive a Genova, Roma, Empoli, Gravina di Puglia, Atri e due mostre personali a Imperia; è rappresentata dalla galleria Il Castello di Imperia.
GINEVRA BELLINI-CONTATTI
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The windows to the soul of Ginevra Bellini, between contemplations and undefined visions to give voice to inner emotions
Telling of one’s innermost self often becomes for an artist a true journey of discovery of all those sensations that he perceives at an unconscious level through sensitivity, but which then need to be let go of, after passing through the filter of the interiorisation of objectivity, and communicated on canvas; in this type of pictorial approach, often the style most capable of harmonising with the creative intent is precisely that in which form dissolves within colours and graphic signs in order to adapt to the tangle of indefinable sensations that constitute the reflections and interpretations of the observed. Today’s protagonist carries out in parallel different pictorial conjugations of non-form by virtue of which she manages to bring to light her own interpretation of what belongs to existence and the paths of the mind and interiority.
Informal Art defined, after the first two decades of the 20th century, a new way of understanding the detachment from the image that had so dominated all art prior to the modern age, moving away from the geometric rigour that had characterised the more rational movements and linked predominantly to primary colours to pick up and amplify the intuitions of the founder of Abstract Art, Wassily Kandinsky, who emphasised the importance of the connection between artistic representation and inner feeling, particularly through the involving with music. Therefore, when Abstract Expressionism revolutionised the cultural environment of the United States in the 1950s, the insights of the master of Abstractionism were deepened and emphasised with a style that chose to completely renounce any recognisable form to enter the dimension of intuition, of impulse, of an inner sphere that manifests itself without any rules other than those dictated by that emotional movement that goes from within the author’s subjectivity towards the outside, materialising on the canvas. As with Kandinsky, therefore, the communicative impact was entrusted by Jackson Pollock and his colleagues to the colours, used in a more or less impulsive manner, to the painterly gesture and the feeling that the work was meant to envelop or overwhelm the viewer.
Pollock‘s and Lee Krasner‘s Dripping appeared as concise and impetuous as Mark Rothko‘s and Helen Frankenthaler‘s Colour Field seemed to want to lead towards evocative and calm atmospheres of feelings that need to be pondered and then slowly let out with the expressive delicacy and restraint that distinguished the authors. Not only that, the gesture of Franz Kline‘s and Adolf Gottlieb‘s sign painting seemed to want to break the lunar balance of Ad Reinhard‘s and Barnett Newman‘s monochromes as if those expressive differences were going to constitute a dialogue based solely on the starting intention, that need to give voice to emotions that had been kept at a distance from art for too long and that at that stage, due to the upheavals of the wars that induced many of the movement’s members to emigrate to the United States, had become a priority and the indispensable basis of Abstract Expressionism. Europe, of course, responded with equal emotionality with Informal Art in which, however, was introduced the use of matter and where, therefore, the need to externise inner feelings was mediated by a more analytical approach and research into materials; a great master of this style was the Italian Alberto Burri who anticipated the concept of the art of recycling in order to make more concrete and incisive the emotions perceived through industrial and artisanal discards.
In turn, Ligurian artist Ginevra Bellini embraces the concept of stylistic and expressive freedom, as well as the attitude of entrusting the chromatic range with the interpretation of a feeling or a message of the soul that is important to her and that she wishes to communicate through her canvases, thus choosing different executive facets that she divides into pictorial series by virtue of which she is able to give life to her reflections on herself but also on the human being, his weaknesses, his unconscious fragilities that emerge thanks to the emotional impact of the tones chosen and the alternation between light and shadow, black and white, positive and negative, detail and totality of everything that attracts her emotional and artistic attention.
Ginevra Bellini‘s observation starts from the consideration that the mind, the human memory, tends to focus on a small part of what is in front of one’s gaze, because it is often a single detail that arouses the emotion that allows the inner chords to vibrate, imprinting themselves in the sensations and in the memory, so her artworks therefore highlight precisely that portion of reality that has struck her sensibility and soul and which then comes to involve the viewer. In some paintings, stylisation becomes necessary to instil the sensation of multitude, of the multiplicity of lives that intersect and brush against each other almost without seeing or, on the contrary, ignoring despite the awareness of each other’s presence, as if the artist wanted to emphasise the indifference that sometimes characterises today’s human beings, too caught up in their selfishness. To this type of interpretation of Abstract Expressionism belongs the series Umanità (Humanity) in which the pictorial legacy of Mark Tobey and Emilio Scanavino is customised and hyper-stilised by Ginevra Bellini to instil in the observer the feeling of interconnection between individuals as if they were pins of life isolated from one another yet indelibly linked by a thin thread through which they more or less consciously communicate.
The artist’s analysis descends into the depths of contemporary life where the tendency towards individualism and isolation generated by an increasingly invasive technology to the point of compromising human contact, in fact cannot erase the character of a man who needs his fellow to manifest all those sensations and emotions that no machine, no apparatus or smartphone can ever replace. In the series Orizzonte (Horizon) series, however, Ginevra Bellini‘s attention concentrates on that focal point far away from the observer and often indistinct, capable of evoking emotions precisely because of the sense of rarefaction that it arouses, for that distance that is attainable yet strangely utopian in the common imagination, precisely because of the very nature of the horizon line, unreachable because the moment we approach it, it immediately dissolves, we enter the real dimension where the detail emerges and thus the sensation perceived from the previous point of view is completely modified.
In these paintings, therefore, the background becomes the emotional basis on which to imprint the evocation of that distant line, highlighting the indefinite that the gaze grasps in its entirety and on which it continues to wander, dwelling on the perceived, on everything that lingers on the soul, involving it. In the series dedicated to the seas, Ginevra Bellini goes from a total vision of the sea with all its nuances, sometimes declined in shades of green, sometimes in blues, to a gaze more focused only on a part of that totality, underlining once again how essential the approach to the lived and observed of each one is, since in an endless globality all that the soul needs to feel touched is a fragment, the one closest to the emotional chords, the one that then imprints itself forever in the memory without being able to be erased.
So the Spiragli di mare (Glimpses of sea) become a concretisation of this concept, starting from a black background, a metaphor for the self-protective isolation of human interiority, and then opening up to a line of brightness and colour that awakens the depth of feeling and leads it towards that visual melody that is the only detail worth noticing; the sense of this series is that the individual does not need much to be happy and feel enlivened by the pleasantness of simplicity, but rather a small fragment is enough to change the approach to the experience of any happening or circumstance that may occur, just as, from another point of view, the mind can understand and intuit the whole by observing only a portion of it. The fragmentation of memory, the selective capacity to keep only what is functional to inner growth, rather than dwelling only on the negative that is conditioning and limiting for personal evolution, also becomes the protagonist of the canvas Improvvisazione (Improvisation), where the image, slightly hinted at, is subdivided into squares, as if attention had shared into scenes a visible that needs to be fractioned in order to be welcomed within an emotional and involving memory. Ginevra Bellini has participated in group exhibitions in Genoa, Rome, Empoli, Gravina di Puglia, Atri and two solo exhibitions in Imperia; she is represented by the Il Castello gallery in Imperia.