“La Spensieratezza”, primo album per Limbrunire

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La Spensieratezza primo album Limbrunire“La Spensieratezza” è il titolo del debutto de Limbrunire, al secolo, il nostro, ma anche il precedente, Francesco Petacco. Il disco esce oggi per Macramè Dischi (edizioni A Buzz Supreme) e contiene undici tracce all’insegna di un cantautorato synth-pop focalizzato su una poetica che mescola nostalgia canaglia, voglia di fare festa ma con una sottilissima filigrana fluo di disperazione e canzoni semplicemente da cantare, tutte sotto i quattro minuti, quasi un’istantanea del presente che esplode in un crepuscolo multicolor.

Prodotto al Soniclabstudio da David Campanini – sound engineer e con un background importante da producer di musica elettronica – “La Spensieratezza” è artigianato sonoro dal synth modulare facile, intenzione old-school dove il beat spinge a dovere e melodie al contempo sfacciate e sottocutanee. Si gioca sui dettagli, delle liriche prima di tutto, dove conta il suono, la pronuncia delle parole e un approccio da autentica poesia popular. Singoli? Parecchi, da cantare a braccia levate. Cali di tensione? Solo quando serve ad assestare il colpo definitivo, ovvero costruire la propria “Summer on a solitary beach”, dal titolo “Nudi con le scarpe”, sintesi da brividi di tutto l’universo de Limbrunire.

Racconta Francesco che il titolo “La Spensieratezza” e l’idea che ci sta dietro nascono da un monologo di “This Must Be The Place” di Paolo Sorrentino, quando il padre di Cheyenne dice che “prima dell’inferno una sola parola ha definito la mia vita: spensieratezza.”

E quindi eccola la Spensieratezza: foneticamente leggera, concettualmente pesante “interfaccia – spiega lui – di un’età infantile, adolescenziale, fatta di ricordi nitidi e sapori intensi, Goonies e Alfa Romeo 75, lo stupore di un aereo in volo e delle ragazze Cin-Cin. O forse semplicemente la Spensieratezza come un bisogno, perché viviamo un’epoca nella quale si è talmente assillati da pensieri, paure e futuro incerto che tutto ciò che manca spesso è proprio questo colore”. Il giallo della copertina e un bambino, lo stesso Francesco, che improvvisa sigaretta in bocca una posa leggermente carica di inquietudine, eppure a suo modo candida, proprio come queste canzoni.

In fondo “Ci divertiremo” è l’incipit del disco e “Ci divertiremo ancora” l’augurio speranzoso in chiusura. In mezzo altre nove tracce che alternano momenti di leggerezza e riflessioni più profonde ma velate, terminologie inconsuete e semplicità, filosofie esotiche (“Ho-oponoopono”) e parodie semantiche (“Nomen Omen”), ballabilità e panchine arrugginite e autografate, prime pulsazioni ormonali e sbronze tecnologiche, emoticon e doppie spunte, egocentrismo egostostenibile e visioni sbiadite di rientri notturni a tapparelle abbassate.

Insomma, vedi alla voce electro-synth. Aggiungi Italo-disco. Capisci Battiato. Abbandoni quelle maledette chitarre. Compri una vecchia KORG DX-6000 ed una drum machine. Selezioni da Spotify manciate di playlist anni ’80 e derivati. Moroder. Daft Punk. Arcade Fire. Justice. Righeira. Baci e ribaci il santino di Pasquale Panella. Ti travesti da Don Giovanni. Premi play su “Hurry Up,We Are Dreaming”. E ti metti a raccontare l’oggi: per qualcuno un inferno a intensità trattenuta, per altri l’unico posto che abbiamo, dove vivere e non sopravvivere, qui e ora. “Mi piacerebbe che l’ascolto venisse recepito come un augurio, un sollievo, come il bacio sereno della buonanotte. Come un atto nostalgico ma anche come una rinnovata possibilità, un momento di riflessione ma anche un patto segreto e di fiducia tra l’uomo e la sua virtù innata. Cioè l’esistenza in quanto tale, il nostro esserci. Una cosa che troppo spesso diamo per scontata e che invece assume un’indicibile importanza”.