ROMA – Antonio Zequila si racconta e in queste pagine svela la parte più intima di sé, si mette a nudo svelando anche i suoi punti di fragilità, le sue insicurezze, le sue emozioni, la sua fede … che forse metterà in discussione.
“Il pescatore di Amalfi” non è un romanzo, non è una raccolta di racconti ma è una storia di vita, la storia di un uomo apparentemente, forse, spavaldo, ma anche molto introspettivo e con dei valori indissolubili.
Qui l’Antonio edonista si plasma con quello che cerca la bellezza dell’animo e lo fa anche con qualche manifestazione poetica. In questo libro c’è Antonio, attraverso i suoi racconti, o meglio le sue letture e i miei pensieri “fuori campo”, durante i vari incontri avvenuti soprattutto nella veranda del Caffè Casini, nel cuore dell’Eur.
All’interno dell’opera un’alternanza di linguaggio, dipende dai ricordi, un linguaggio che spazia dal più forbito a uno più amichevole e spontaneo, come dire… familiare, tra una bevanda e una risata. Ecco, questo mélange – quando l’essenza contrasta l’apparenza – è Antonio Zequila, il pescatore di Amalfi.