MILANO – Checco Zalone, vero nome Luca Medici, è intervenuto ai microfoni di RTL 102.5 durante “Non Stop News” per commentare lo straordinario successo del suo nuovo film “Quo Vado?” per la regia di Gennaro Nunziante. Il film, prodotto da Pietro Valsecchi per Taodue film e distribuito da Medusa, nel primo weekend in sala è stato visto in sala da più di 3 milioni di spettatori con un incasso di oltre 22 milioni di euro.
Il messaggio che passa dal nostro pubblico è quello di un enorme grazie.
Veramente? Io non sono riuscito a controllare tutte le dichiarazioni perché sono tantissime. Però voglio ringraziare quelli che mi dicono “grazie”, ma anche gli indignati, perché siamo un popolo di indignati, anzi, soprattutto loro, perché fanno scaturire curiosità e quindi la gente va al cinema. Grazie indignati. Non puoi essere simpatico a tutti, anzi quando c’è questo consenso quasi plebiscitario, paradossalmente, senti l’esigenza di ritornare a terra e di trovare qualcuno a cui stai sulle balle, altrimenti potrei avere manie di onnipotenza. Continuate a indignarvi che io sono contento.
In questi giorni il mondo italiano è permeato da qualcosa di tuo, ad esempio la Gazzetta dello Sport in prima pagina ha fatto riferimento a “Quo vado?” nel titolo principale, piuttosto che Renzi che cita il tuo film, vivi un po’ all’interno della vita di questo Paese. Hai solo azzeccato un buon titolo o hai individuato i mali e beni dell’Italia?
In realtà chi fa questo mestiere non pensa ai beni o ai mali di questo Paese, ma solo a far ridere. Il comico per una battuta si venderebbe l’anima. Poi se la battuta è azzeccata, nel senso che muove da una realtà tangibile e familiare a tutti, è più efficace. Io però non voglio fare analisi sociologiche sul nostro Paese, sul posto fisso, sul degrado, sul berlusconismo, su tutto quello che hanno scritto in questi giorni. Io e Gennaro Nunziante (regista e coautore del film ndr) vogliamo solo far passare un’ora e mezza a ridere. Ringrazio per le analisi, sono veramente lusingato dagli articoli, Celentano ne ha parlato, Muccino ha scritto su Facebook un post lusinghiero più lungo della sceneggiatura del mio film, però la questione è molto più semplice: il comico fa ridere ed evidentemente c’è riuscito.
Hai rivisto il film?
No, l’ho visto per quattro mesi al montaggio, il lavoro dell’attore è questo: si vede al montaggio, si taglia, quindi quando esce mi ha ormai nauseato; non lo vedrò mai più per almeno tre o quattro anni. Poi sono ingrassato, sono un po’ più rotondo, quindi mi mette un po’ di tristezza.
Ritornando al discorso di prima: far ridere è tremendamente complicato, e poi il pubblico di oggi è molto più sgamato.
Sì, hanno Internet, c’è una nuova cifra che è molto più immediata e veloce della rete. Ci sono gli sketch, ci sono un sacco di ragazzi che fanno anche cose molto interessanti. Portare un nuovo linguaggio in un film è difficile, devi essere più veloce. Rispetto alla commedia degli anni ’80, anche a quella degli anni ’60, che era sicuramente più interessante perché dietro c’erano veri intellettuali come Risi o Sonego, ora cambia il montaggio, l’immediatezza. Bisogna essere, ahimè, molto più brevi ed efficaci, infatti noi non riusciamo a fare un film più lungo di 83 minuti. Siamo partiti da due ore, una palla incredibile, ci volevamo ammazzare, poi al montaggio tagliuzziamo qui e lì.
Prima hai citato Gennaro Nunziante, regista, co-sceneggiatore, forse il fratello di una vita.
Ormai siamo una coppia di fatto, quando scriviamo a Roma abbiamo anche la stanza accanto. Sentite anche lui, perché è timido e non parla mai. È una persona riservata che non sfrutta il momento, io spingo perché lui si faccia conoscere perché è il motore che c’è dietro questo.
Quanto ha pesato l’aspettativa rispetto l’uscita di questo film?
Tantissimo, non dormivo la notte, continuo a non dormire. Io sono ansioso per natura, quindi puoi immaginare quindici giorni prima dell’uscita quante volte abbiamo ritagliato una scena come se fosse quella a determinare l’esito del film. Però ne è valsa la pena, direi.