Secondo il Rapporto ‘Ecosistema rischio 2016’ di Legambiente, che ha monitorato le attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico, sarebbero ben sette milioni gli italiani che vivono in aree che potrebbero essere a rischio frane e alluvioni.
Che la nostra Penisola sia fortemente interessata da fenomeni sismici importanti è risaputo ma è risaputo, anche, che mai come nel nostro Paese l’abusivismo ha creato mostri ecologici che non hanno tenuto conto del rischio idrogeologico nel momento stesso in cui sono stati realizzati. L’indagine di Legambiente si basa sulle risposte ad un questionario inviato ai Comuni con aree a rischio idrogeologico.
A rispondere sono stati in 1444. Il dato più allarmante che ne esce è che, in oltre 400 Comuni, ci sono quartieri interi realizzati in zone cosiddette “a rischio”. Nel 31% dei Comuni censiti ci sono interi quartieri nelle zone a rischio e nel 51% dei Comuni vi sono interi impianti industriali in aree pericolose. Chi ne ha autorizzato la realizzazione? Se ci mettessimo a ricercare, per ogni caso, i responsabili perderemmo il sonno per troppe notti. Persino strutture come ospedali e scuole sorgerebbero in aree “a rischio”. Parliamo del 18% dei Comuni censiti. Dal documento reso noto da Legambiente presso l’Anci, emerge quanto segue: “l’urbanizzazione delle aree a rischio non é solo un fenomeno del passato: nel 10% dei Comuni sono stati realizzati edifici in aree a rischio anche nell’ultimo decennio. Solo il 4% delle amministrazioni ha intrapreso interventi di delocalizzazione di edifici abitativi e l’1% di insediamenti industriali”.
Tra le città capoluogo che hanno risposto al Questionario vi sono: Roma, Ancona, Cagliari, Napoli, Aosta, Bologna, Perugia, Potenza, Palermo, Genova, Catanzaro e Trento. Il Responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti, ha così commentato: “É evidente l’urgenza di avviare una seria politica di mitigazione del rischio e ridurre i pericoli a cui sono quotidianamente esposti i cittadini.
La prevenzione deve divenire la priorità per il nostro Paese. Per essere efficace però l’attività di prevenzione deve prevedere un approccio complessivo, tenendo insieme politiche che vanno da una diversa pianificazione dell’uso del suolo alla crescita di consapevolezza da parte dei cittadini”. É necessario intervenire con urgenza mettendo in atto una vera e propria “messa in sicurezza del territorio”. Non parliamo certo di opere realizzabili con i proventi di un possibile fiscal drag (dettagli su http://societaoffshore.org/fiscal-drag) o di forme di microcredito, ma di interventi necessitanti di grosse somme straordinarie che, però, bisognerò trovare in qualche modo.