Ad oggi sono oltre quaranta i progetti finanziati, per un investimento totale che supera i 19 milioni di euro
L’8 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata della talassemia, una delle malattie genetiche più frequenti in assoluto: si stima infatti che circa il 7% della popolazione mondiale sia portatore di una forma di difetto ereditario dell’emoglobina, la proteina dei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno ai tessuti che è alterata nei talassemici. Questa proteina così importante è costituita da due catene, la alfa e la beta, e a seconda di quale sia difettosa si parlerà di alfa o beta talassemia. Quest’ultima è la forma più grave e si stima che ogni anno nel mondo nascano circa 60.000 soggetti affetti, mentre in Italia se contano circa 7000.
Fondazione Telethon è storicamente molto impegnata nella ricerca sulla talassemia: ad oggi sono oltre 40 i progetti finanziati, per un investimento totale che supera i 19 milioni di euro.
In particolare, presso l’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano il gruppo di Giuliana Ferrari è da molti anni al lavoro per mettere a punto una cura per la forma più grave, la talassemia major o morbo di Cooley, in cui la mancanza della catena beta si traduce in una grave anemia emolitica cronica che si manifesta fin dall’età di 6 mesi e può portare precocemente alla morte se non curata. Il trattamento convenzionale, non risolutivo ma in grado di tenere la malattia sotto controllo, è rappresentato dalle trasfusioni di sangue, che vanno fatte regolarmente e accompagnate da una terapia farmacologica che elimini l’inevitabile accumulo di ferro.
Terapia risolutiva è invece il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale, che però dipende dalla disponibilità di un donatore compatibile. La terapia genica potrebbe rappresentare una valida alternativa al trapianto, anche in assenza di un donatore, perché si basa sulla correzione genetica delle cellule staminali ematopoietiche del paziente stesso: una volta prelevate vengono messe a contatto con un vettore virale contenente una versione sana del gene della beta globina e così corrette vengono reinfuse nel paziente.
Nel 2015 è stata avviata una sperimentazione clinica presso l’Ospedale San Raffaele della terapia genica messa a punto dal team di Giuliana Ferrari, che ha coinvolto complessivamente 9 pazienti sia adulti che pediatrici affetti dalla forma più grave di beta talassemia. Come descritto all’inizio del 2019 su Nature Medicine, la terapia genica si è dimostrata non solo sicura, ma anche in grado di ridurre sensibilmente e in certi casi azzerare del tutto la necessità di ricorrere a trasfusioni.
Concluso questo primo studio, i ricercatori – oltre a monitorare nel tempo i pazienti che vi hanno preso parte – sono al lavoro per migliorare il protocollo terapeutico, sia attraverso lo studio approfondito del funzionamento delle cellule staminali ematopoietiche e dell’ambiente che le circonda, sia ottimizzando e standardizzando quanto più possibile il processo di correzione di queste cellule, in modo da migliorare ulteriormente i risultati clinici.