Combattere il pregiudizio con l’arte: intervista ad Adam Martinakis

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opera martinakis

Adam Martinakis nasce a Lubań, in Polonia nel 1972, da madre polacca e padre greco. Studia e si laurea presso l’Istituto di educazione tecnologica di Atene, Facoltà di architettura d’interni, Arti decorative e Design industriale. Ha insegnato arti digitali e design, grafica, interior design e design in ceramica in molti istituti d’arte. É membro di CultureInside, slashTHREE, Artia Gallery e Art.lica International Art Collectives. E anche membro della Camera di Belle Arti greca. Attualmente, lavora e vive a Cannock, nel Regno Unito.

Adam Martinakis è un artista digitale di grande talento che lavora principalmente in 3D, e con un limitatissimo post editing; ha un portfolio pieno di sculture impressionanti in 3D, ambienti e scene. Alcune delle opere d’arte sembrano vere e proprie installazioni. Non passa settimana che Adam non aggiorni il suo portfolio di continuo dimostrando di essere un artista ancora in fase di sviluppo, anche se ormai famoso su tutta la scena mondiale.

Le sue opere affascinanti incrociano futurismo, surrealismo e simbolismo astratto, esplorando il corpo e le emozioni umane. Crea figure silenziose che raccontano la complessità dell’amore romantico, l’angoscia della condizione umana, la solitudine, la difficoltà di esprimersi e interagire. Attorno ai protagonisti delle sue immagini, frutto della  profonda conoscenza dei programmi di modellazione 3D, c’è una miscela unica di modellazione 3D e Futurismo, completata da scenari fantascientifici digitali.

Molte delle sue figure umane sono collocate in strutture postindustriali decadenti, orbite di pianeti asettici o composizioni di atomi disgregati. Nelle sue immagini mistero, religione, forze della natura, debolezze umane, passione,dolore e morte sono protagonisti assoluti, sospesi in universi di fantasia astratti, ma resi incredibilmente reali dalla capacità di utilizzare nel migliori dei modi diversi software: 3DMax, VRay, Photoshop.

Ecco l’intervista ad Adam Martinakis a cura di Daniela Piesco

Le tue opere sono anime senza volto, senza occhi, senza capelli, senza vestiti, corpi frammentati ed espressivi catturati un momento prima che l’energia racchiusa al loro interno li faccia esplodere .. Un mondo freddo, metallico e inquietante. Una critica non troppo velata del “vuoto ” vivere?

“Le figure umane nel mio lavoro sono una presenza simbolica. Non hanno troppe caratteristiche perché non si riferiscono a qualcuno di specifico. Implicano tutti o addirittura nessuno. Provo a guardare le cose da una prospettiva più ampia, a guardare il quadro generale dell’esistenza. Cerco di esplorare le possibilità di comunicazione che per me è una delle essenze più importanti della vita. Tutti e tutto esprimono forme di comunicazione:a volte, le probabilità sono contro la possibilità di esprimersi e interagire e l’ambiente può essere ostile per l’approccio, ma ancora la volontà e la necessità sono abbastanza forti. Queste situazioni sono utili anche per essere ritratte ed esplorate”.

Nelle tue opere i corpi non sono quasi mai rappresentati nella loro interezza ma nella fusione tra corpo e anima, tra uomo e donna, bianco e nero, luci e tenebre, vita e assenza, personale e universale. L’arte è una connessione tra spirito e materia?

“Sì, credo di si. È un ponte in grado di collegare diverse realtà. È una lingua quindi uno strumento. La maggior parte delle nostre attività nella nostra vita sono strumenti per raggiungere qualcosa di più profondo ed essenziale, anche se non lo riconosciamo sempre. Mi sembra che siamo costantemente alla ricerca delle nostre parti mancanti, che come ferite non ci permettono di vedere l’intero quadro di noi. Siamo incompleti per impostazione predefinita. Gli umani sono un progetto in fase di sviluppo”.

Veniamo a oggi: l’America brucia di nuovo con rabbia e indignazione per un video che mostra un cittadino afroamericano, George Floyd ,mentre viene ucciso dalla polizia di Minneapolis. Negli Stati Uniti come in Italia ‘murales’stanno iniziando a venire fuori chiedendo giustizia per Floyd. L’arte può contrastare il razzismo e come?

“È dovere dell’arte contrastare il razzismo e qualsiasi tipo di ingiustizia e disuguaglianza. È uno strumento comunicativo forte che è una delle armi più libere ed espressive che abbiamo contro il razzismo. Il messaggio dovrebbe essere chiaro e potente. Non c’è futuro per noi in questo mondo attraverso il razzismo. Non c’è futuro per nessun tipo di ingiustizia e disuguaglianza. Altrimenti dovremo affrontare sempre più disordini da parte di persone che si sentono lasciate indietro. Se guardi alla storia dell’umanità, vedrai che abbiamo sempre affrontato gli stessi problemi, ma ora siamo cresciuti o almeno è tempo per noi di crescere. Viviamo in tempi di estreme conquiste tecnologiche e ci stiamo rendendo conto che i nostri confini sono diventati più ampi. Siamo tutti abitanti di un singolo pianeta e ne siamo tutti figli. Ora possiamo guardare stelle e galassie molto lontane in termini di distanza e tempo e dobbiamo andare avanti tutti insieme in pace. Conosco quelli che sembrano idealisti ma sono anche pratici allo stesso tempo. Dobbiamo andare avanti, è successo anche prima quello che accade adesso, spero solo che capiremo e che supereremo questi problemi velocemente per i nostri benefici”.

Quale può essere una riflessione profonda, condivisa e per nulla autoassolutoria su un tema che non è mai stato risolto e che di fatto ritorna a riscaldare periodicamente gli Stati Uniti?

“Dal mio punto di vista artistico, il problema del razzismo è una questione più ampia. C’è razzismo su persone che appartengono a minoranze in generale nella maggior parte dei paesi del mondo, ovviamente con diverso livello di intensità. Penso che questi problemi debbano essere affrontati con l’educazione fin dalle prime fasi della vita. Intendo la vera educazione, non quello che vediamo ora. Deve diventare abbastanza chiaro che il razzismo non ha più spazio in questo mondo (come molte altre cose). Le minoranze devono avere anche il sostegno dello stato di ogni paese con una legge forte che aiuti le persone a capire che quelle pratiche appartengono al passato oscuro dell’umanità. Dopotutto, affrontiamo tutti lo stesso destino di uno schema, nero, bianco, gay, etero, vecchio, giovane, siamo tutti nati e moriamo tutti. Tutti abbiamo bisogno delle stesse opportunità nel breve periodo di luce che si chiama vita”.

Sebbene tu non sia un artista politico, il tuo lavoro racconta (anche) la storia dell’identità nera e della grande cultura afroamericana …

“Studiare la storia di qualsiasi tipo è uno strumento molto importante per capire cosa sta succedendo nel presente in modo da poter pianificare un futuro migliore. Tutti commettono errori e noi come umanità ne abbiamo fatti molti in passato che devono essere corretti. La storia dell’identità nera è una storia di dolore, ma è anche una storia di grande successo in ogni aspetto della vita. Sono un grande ammiratore dell’arte afroamericana che ha e sta contribuendo così tanto alla cultura dell’arte”.