Protagoniste nei momenti dei grandi cambiamenti epocali, le tre discipline stanno vivendo un riavvicinamento storico
Nel corso della storia si è sempre discusso sui rapporti che intercorrono tra ragione e fede, pensiero e eventi, in un dinamismo culturale e di approccio che nel bene o nel male ha condizionato il comportamento. Un elastico che ha di volta in volta allontanato e poi riunito queste discipline.
Non si può negare infatti quanto abbia inciso ad esempio l’Illuminismo nel porsi domande e nel cercare di attribuire risposte.
Il sorgere di scuole di pensiero filosofico ha avuto impatti importanti su aspetti determinanti della formazione culturale, quali ad esempio la letteratura. E per spiegare l’influenza di quest’ultima non occorrono certo grandi discorsi.
Abbiamo assistito nel corso dei secoli a lunghi periodi in cui la religione ha avuto un’incidenza preponderante sulla cultura e soprattutto sulla mentalità dei popoli. Tanto forte da influenzare e condizionare la Scienza.
Ma dopo i secoli in cui il mondo conosciuto era praticamente tutto cristiano, e precisamente con le prime incrinature religiose tra i popoli, abbiamo assistito ad un allontanamento tra ragione e fede.
Anche il pensiero filosofico ha vissuto in un certo senso, seppure in epoche diverse, un percorso simile.
La Filosofia era identificata con la Scienza nella Grecia Antica, e ha ceduto a mano a mano il passo, fino ad arrivare all’affermazione scientifica al tempo delle teorie empiriche e sperimentali.
A quel punto, e successivamente con l’avvento del pensiero illuminista, la frattura tra Storia, Filosofia e Religione, ha raggiunto probabilmente il punto più acuto.
Questo stato di cose è perdurato fino al termine del secolo scorso, quando altri fattori hanno superato le visioni basate sulle sperimentazioni scientifiche.
L’inversione di tendenza è da attribuire certamente alle nuove concezioni filosofiche, che sono state abbracciate dalla Scienza.
La sperimentazione è stata in un certo senso ridimensionata, pur non perdendo la sua importanza.
La Scienza si è infatti aperta ad una dimensione deduttiva, anche in forza delle scoperte sempre più frequenti e alla dimensione assunta dalla tecnologia.
Attraverso i nuovi strumenti si è arrivati a scrutare aspetti dello scibile che non possono essere dimostrati se non con l’ausilio di calcoli e deduzioni che faticano ad uscire dall’ambito teorico.
Le proposte introdotte dal filosofo e epistemologo Karl Popper, hanno poi dato uno scrollone non indifferente a quelle certezze che parevano acquisite proprio con la convinzione sperimentale.
Il principio di falsificabilità quale demarcazione tra scienza e non scienza, ha aperto una concezione molto diversa rispetto alle tesi sperimentali.
Ma anche la Scienza da parte sua si è riavvicinata a filosofia e religione attraverso un percorso autonomo.
Con l’approfondimento della teoria della relatività, e successivamente con le teorie quantistiche, gli scienziati hanno preso coscienza di un universo che non rispetta le regole che sono state date finora per scontate.
Il tempo ha perso la sua connotazione di certezza, uniformità, e anche in un certo senso quella di sicurezza. E così lo spazio, che non è, come ormai sappiamo, concepibile nei termini che credevamo definitivi.
La stessa forza di gravità ha subito una “revisione” circa la sua natura.
Questi studi hanno portato gli scienziati contemporanei, a valutare una prospettiva dell’uomo che esce dalla pura materialità.
La Scienza ha iniziato, attraverso la Fisica Quantistica, a interrogarsi sull’anima, arrivando con la maggioranza dei ricercatori, a ipotizzare la sua esistenza e la sua immortalità.
Dove porteranno questi studi non ci è obiettivamente dato saperlo. Sicuramente sappiamo che prende forza un concetto espresso da Jean-Paul Sartre nel secolo scorso, con il quale sosteneva che l’uomo, inteso in senso materiale, sarà sempre “il superato”. Certamente riferendosi a quell’aspetto spirituale che è in ognuno di noi.
A cura di Enrico Cannoletta