A Roma la presentazione di “Prima lezione sulla giustizia penale” di Glauco Giostra

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ROMA – Verrà presentato venerdì 4 aprile, alle ore 14.30, a Roma, nella Sala Nassirya del Senato della Repubblica (in Piazza Madama), il volume “Prima lezione sulla giustizia penale” di Glauco Giostra (Laterza). Alla presentazione, oltre all’autore, sono attesi, tra gli altri, il senatore e segretario della commissione permanente giustizia, Walter Verini (Partito Democratico), il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo. Introduce e modera la giornalista Donatella Stasio.

Nella fortunata serie delle “Prime lezioni” di Laterza, Glauco Giostra, professore emerito di diritto processuale penale all’Università di Roma “La Sapienza”, fornisce una esauriente sintesi delle principali questioni al centro della nostra civiltà giuridica. Giudicare: un compito necessario e impossibile a un tempo. Necessario, soprattutto quando abbiamo a che fare con fatti di reato, perché una società non può lasciare privi di conseguenze comportamenti incompatibili con la sua ordinata sopravvivenza. Impossibile, perché non siamo in grado di conoscere la verità. O, meglio, non possiamo mai avere la certezza di averla conseguita. Da questo stallo nasce, sin dalle prime aggregazioni sociali, l’esigenza di stabilire un itinerario conoscitivo, che oggi denominiamo ‘processo’, alla fine del quale un soggetto terzo perviene a una conclusione che la comunità è disposta ad accettare come vera, perché conseguita con il metodo ritenuto meno imperfetto per pronunciare una decisione giusta. Secondo questa chiave di lettura, il processo è uno stretto ponte tibetano che consente di passare dalla res iudicanda (cioè il fatto da giudicare) alla res iudicata (cioè la decisione sulla esistenza del fatto e sul suo rilievo penale), che è destinata a valere come vera per l’intera collettività.

Nel libro si spiega quali siano le funi portanti del ‘ponte tibetano’ che il nostro Paese si è costruito per giudicare in materia penale. Si tratta non solo di scelte di tecnica della conoscenza, ma anche di scelte di civiltà, con cui si ripudiano strumenti di accertamento che umiliano la dignità dell’uomo e si stabilisce che, nel dubbio, è meglio rischiare di assolvere un colpevole che di condannare un innocente. Una struttura robusta e tuttavia non sufficiente a garantire la coesione sociale se viene a mancare la fiducia della collettività nella giustizia amministrata in suo nome. Per questo il libro non trascura di indagare le ragioni dell’odierna crescente disaffezione verso la giustizia dei tribunali. Prima fra tutte la tendenza – rovinosa per la giustizia stessa e, alla lunga, anche per la democrazia – a celebrare sul proscenio dei media una parodia giudiziaria che offre l’illusione di poter discernere il vero dal falso senza l’impaccio di regole nell’acquisizione e nella valutazione degli elementi di conoscenza. Il libro è pensato per un pubblico di lettori non necessariamente specialistico e affronta questioni di grande attualità. Si presta inoltre a essere utilizzato come volume di affiancamento al manuale nei corsi di Procedura penale.