Giuseppina Ciarla ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“A Ticket Home” è il tuo nuovo album, di che cosa si tratta?
Come ho scritto all’interno del CD, questo album è il canto del mio cuore. È una collezione apparentemente non omogenea di brani iconici provenienti da stili e epoche diverse arrangiati per voce e arpa. Ci sono due brani di Piazzolla che sono solo strumentali e due sono canzoni originali mie. Non ci sono altri strumenti, solo voce e arpa (a parte l’interludio di Nature Boy). Il disco nasce dal mio sogno di condividere finalmente la mia attività preferita, tenuta da me nascosta per anni: quella di arrangiare, comporre e cantare accompagnandomi all’arpa.
Cosa vuoi trasmettere con questo lavoro?
La voglia di creare e di credere nei propri sogni. L’amore profondo che io ho per la musica e il mio spirito creativo. È un’esortazione per tutti di abbracciare i propri sogni e perseguirli con totale abbandono e dedizione, come si fa per un amore nuovo.
Che tipo di accoglienza ti aspetti?
Mi piacerebbe che ascoltandolo la gente rimanesse piacevolmente sorpresa da quello che l’arpa, da sola, può fare, dalle atmosfere che riesce a creare. Più che aspettarmi qualcosa, spero che agli ascoltatori arrivi tutto l’amore che ho riversato in questo brani. Questo disco è nato da un mio bisogno profondo e dal desiderio di abitare la mia dimora creativa senza remore, restrizioni e confini di genere e struttura. Il mercato discografico pullula di omologazioni, mode e prodotti creati con una formula ben precisa. Io ho fatto l’opposto, perché non ho chiesto a nessuno il permesso di essere me stessa fino in fondo, quindi ho osato. Spero che questo arrivi.
Come nasce il tuo progetto musicale?
Ho realizzato questo album durante la pandemia, ma il desiderio di crearlo era vivo dentro di me da anni. Sin da bambina ho sempre arrangiato e composto brani originali. Negli anni, è stato sia il mio rifugio dalla ripetitività e dal rigore dello studio della musica classica, che la necessità irrefrenabile di creare e dare vita in musica ai miei sentimenti più intimi e nascosti senza restrizioni, a prescindere da generi e classificazioni. Per anni non ho reso pubblico il mio parco giochi creativo finché la pandemia non è arrivata e, con essa, il desiderio irrefrenabile di condividere. Ogni aspetto di questo album, dagli arrangiamenti all’esecuzione, ideazione e produzione, è opera mia. Come scrivo nell’album fisico, «è il canto del mio cuore». ll disco racchiude alcuni dei miei brani preferiti rielaborati in una chiave di lettura che ha l’ambizione di restituire ai testi il loro originale impatto emotivo. Troppo spesso si incontrano canzoni che nascondono significati profondi, ahimè intrappolati in melodie e armonie di facile ascolto. Come un’archeologa dei sentimenti ho voluto restituire a queste canzoni il peso emotivo che meritavano, il mood armonico che meglio si sposasse con il testo originale, penso a Que sera, sera di Doris Day, con il suo interrogarsi su un futuro al di là del nostro controllo o a Bella Ciao che si trasforma in una sorta di marcia funebre, nel canto della libertà e di coloro che sono morti difendendola.
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