“Questa canzone è nata durante il primo lockdown, in un momento di solitudine, incredulità ma anche paura e impossibilità di fare previsioni sul futuro”
Dal 7 maggio è disponibile in rotazione radiofonica “Ad un metro di distanza”, primo brano di Matteo Maione pubblicato su tutte le piattaforme di streaming il 1° maggio. Distanti, ma uniti dalla voglia di normalità e di vicinanza fisica ed emotiva: questo il senso di “Ad un metro di distanza”, brano di debutto di Matteo Maione che veicola un messaggio di fiducia e aspettativa per il domani. Musicalmente l’andamento iniziale è apparentemente cupo nella sua progressione funky, aprendosi poi in un ritornello pop/rock che è una riflessione coraggiosa e, soprattutto, una ricerca di speranza per un ritorno alla libertà.
Matteo Maione ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Ad un metro di distanza” è il tuo primo brano, di che cosa si tratta?
“Ad un metro di distanza” parla della distanza intesa, metaforicamente, come barriera tra le persone, ma parla soprattutto dell’incapacità, dell’impossibilità, a volte, di relazionarsi con gli altri; è una canzone nata durante il primo lockdown, in un mio personale momento di solitudine, paura, incredulità, impossibilità di fare previsioni sul futuro.
Cosa vuoi comunicare con questo brano?
È un brano che vuole riflettere su quello che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, la pandemia, la distanza fra le persone; allo stesso tempo, però, cerca una speranza per un ritorno alla normalità e una possibilità di allontanarsi da quella distanza, fisica e temporale, trasformandola in un messaggio di fiducia e aspettativa per il futuro.
Cosa ti aspetti da questo esordio?
Da questo esordio mi aspetto soprattutto la possibilità di poter arrivare ad un pubblico di ascoltatori con i quali condividere le mie sensazioni, i miei pensieri e le mie emozioni più intime e profonde.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
La musica mi ha accompagnato durante tutta la mia vita, fin da bambino, quando suonando il pianoforte, ho capito che avrei potuto esprimere le sensazioni e gli stati d’animo più nascosti e sconosciuti. In seguito c’è stato l’amore per il cinema e la voglia di creare melodie che potessero essere un connubio armonioso con le immagini. Infine negli ultimi anni la necessità di raccontare le esperienze di una vita, trasformando l’esistenza stessa in una grande colonna sonora, in cui la musica fosse il cuore e le parole fossero il racconto lucido ma anche immaginario della memoria e di un presente senza tempo. E così,ad un certo punto, proprio subito dopo il primo lockdown, ho deciso che volevo provare questa nuova avventura, mettendomi in gioco, perché credo che bisogna sempre rischiare per le cose che ci interessano veramente, altrimenti il vero rischio è quello di perderle.