FANO – «Franco, quale è oggi la canzone che ti somiglia di più tra le tante che hai scritto?», gli chiede Vincenzo Mollica. «Le nostre anime». «Mi puoi dire perché?». «Perché tendo all’aldilà, tento di andare nell’aldilà». Nato nel 1945 a Ionia, in provincia di Catania, Franco Battiato a 19 anni si sposta a Milano, dove l’incontro con Gaber gli permette di realizzare la sua vocazione. Nel 1981, con l’album “La voce del padrone”, decolla anche se già da oltre un decennio lavora intensamente.
55 anni di carriera in cui sperimenta generi diversi immergendosi nel pop, nella lirica, e musica sinfonica, elettronica, nella musica colta, nella pittura, nel cinema e nel teatro. Tra il 2012 e il 2013, per cinque mesi, si delinea per lui anche una breve esperienza politica con ruolo di assessore al turismo e di cui parla in un’intervista con Marco Travaglio e Lilli Gruber. Un’esperienza interrotta per destituzione di chi lo aveva messo al proprio fianco, causa un commento non gradito a Roma che chiede la sua eliminazione. Travaglio racconta così la vicenda ai microfoni di “Otto e Mezzo”, rimarcando l’autenticità del Maestro e Amico: «La sua autenticità viene avvertita, si capisce che è vero anche se ermetico volutamente in alcuni testi delle sue canzoni e questo ha permesso fino all’ultimo un pubblico stratificato».
Una franchezza pacata e gentile che rivela anche verso questione alte e nobili, quando la Gruber gli chiede di Papa Francesco: «Mi piace molto, come individuo che ha completamente ribaltato il Vaticano, dice delle cose eccezionali. Manca l’aspetto spirituale che dovrebbe avere un Papa. Si occupa troppo delle cose terrene. Canterei per lui come ho fatto per Papa Giovanni Paolo II». Questioni elevate in cui per tutta la sua esistenza si è speso, coltivando una inesausta ricerca spirituale ovvero la ricerca del senso con la proposizione di nuove formule e del mondo invisibile di cui tutto è avvolto; sono questi gli spaccati di “un artista colto e raffinato”, come ha detto Mattarella, che “ci lascia una eredità perenne”, secondo il Ministro Franceschini.
Il tempo e l’amore sono stati i capitoli centrali della sua vasta produzione di oltre trenta album. Riferimenti esoterici e filosofici, cultura orientale e araba per approdare poi al cristianesimo. Questo il percorso e la fine. Da circa otto anni aveva stretto un forte rapporto di amicizia con padre Guidalberto Bormolini, monaco e teologo che ha celebrato i suoi funerali in Sicilia. Alla Radio Vaticana, il sacerdote sostiene che Battiato sia stato «un sincero ricercatore spirituale». Sincero quanto l’onestà dimostrata in tutta la sua verità artistica ed intellettuale.
«Era profondamente convinto che la morte rappresentasse una porta per accedere a un mistero spirituale di bellezza e, negli ultimi anni della sua vita, si era molto avvicinato al cristianesimo». Ogni mattina recitava la preghiera di abbandono al Padre nel suo giardino. Una preghiera intensa e di grande devozione che inizia così: “Padre Mio, io mi abbandono a Te, fa’ di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me ti ringrazio”. Caro Battiato, sapevi da tanto che siamo esseri speciali, ce lo hai detto con una melodia indimenticabile dove cantavi l’amore, la protezione, la guarigione, la cura. Ci hai immortalato con i tuoi versi che prendevano vita con le note e ora quella stessa forza, falla brillare perché di certo ci sarà qualcuno lassù, a prendersi cura di te.
Monica Baldini
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