Addio a Johan Cruijff, il “Profeta” del calcio

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Johan Cruijff
Foto Johan Cruijff als Barcelona-speler op het Amsterdam 700 Tournament in 1975 fonte Nationaal Archief, Den Haag, Rijksfotoarchief

BARCELLONA – Ci sono notizie che non vorremmo mai vedere scorrere nel palinsesto di un telegiornale o su facebook. Notizie che quando arrivano, trafiggono il cuore e si fa fatica a realizzare il tutto. La morte di Johan Cruijff è una di queste. Nien­te barba, niente sigaro, faccia da beatle piuttosto, per il condottiero di una rivol­ta silenziosa: la rivoluzione arancione del calcio totale che fece proseliti ovunque.

Ha vinto inenarrabili battaglie nella sua vita, ma quella più cruda ce l’ha portato via all’ età di 68 anni lasciando un vuoto incolmabile per chi ha avuto l’onore di vederlo giocare a calcio e non a pallone, due cose ben diverse. Un’icona, non solo per lo sport, ma di un intero movimento calcistico-politico negli anni settanta che consacrò il più famoso numero 14 della storia del calcio.

Il piccolo Johan incontra il calcio a 12 anni quando, a causa della morte del padre per un arresto cardiaco, la mamma si vede costretta a cercare lavoro per mantenersi. L’Ajax la accoglie e la assume come donna delle pulizie dello stadio. Johan passa intere giornate li all’ “Amsterdam Arena” a disegnare geometrie con il pallone fin quando non viene integrato nella squadra giovanile del club Olandese. Ci mette poco ad entrare in prima squadra, a soli 17 anni per un talento cosi puro da non poter passare inosservato. E li comincia il romanzo da narrare ai nipoti.

Prende vita l’Ajax più forte di sempre che grazie al 14, Krol, Haan, Keizer, Suurbier, Neeskens e Rep vincerà tre coppe dei campioni in serie consacrando Cruijff come miglior giocatore al mondo.

Bella storia, quella dell’Ajax e del suo figlioletto cresciuto amorevol­mente a pane e pallone. Storia breve, però, e senza lieto fine: il ragazzino cre­sce e non resta insensibile al richiamo della moneta sonante. Da Barcellona sparano una cifra all’epoca iperbolica: l’equivalente di tre miliardi di lire. Il 19 agosto 1973 Cruijff gioca la sua ultima partita con i Lancieri, saluta, ringrazia e parte per la Spagna. La Catalogna im­pazzisce: 55.000 abbonamenti vengo­no bruciati in pochissimi giorni.

Il Profeta non delude: quando al Nou Camp arriva l’odiato Real, simbolo del centralismo franchista, il Barca lo tra­volge con cinque gol e si avvia a vince­re un titolo che sulle ramblas non fe­steggiavano.

Arriva il 1974, l’anno dei Mondiali in Germania, targato Arancia Meccanica fino alla finale perchè l’Olanda demolisce tutti grazie alla rivoluzione del calcio totale ma in finale accade l’impensabile. La Germania aspetta gli Orange nel derby d’Europa e per gli ospiti si mette subito bene perchè dopo 60” Rep porta in vantaggio i suoi con un calcio di rigore. Da segnalare che in quei 60” la Germania non toccò palla. Ma si sa, il calcio è strano e la Germania, padrona di casa e squadra simbolo della solidità e sostanza ribalta tutto e si porta a casa la Coppa con tanti saluti di Crujff alla Nazionale con cui non giocherà più.

Lascia anche Barcellona nel 78′ per girare il mondo per tre anni negli Usa e poi in Spagna con il Levante. A fine stagione, l’ultimo colpo di teatro: Cruijff torna all’Ajax. Giusto il tempo di vincere altri due titoli olandesi prima di consuma­re, a 36 anni suonati, l’ultimo tradimen­to: chiudere la carriera con la maglia dei rivali di sempre, il Feyenoord. Anche come allenatore Cruijff taglia traguardi molto prestigiosi. Guida l’Ajax dal 1986 al 1988 e il Barcellona dal 1988 al 1996. Con gli spagnoli vince quattro scudetti, una Coppa dei Campioni e una Coppa delle Coppe.

Si ritira dal calcio nel 1997 per problemi di salute ma non smette mai di essere un uomo di campo. Nel 2015 arriva la notizia del maledetto cancro ai polmoni. Johan lotta, come un leone, come ha sempre fatto nella sua gloriosa carriera, vuole vincere questa partita a tutti i costi ma la “Remuntada” non riesce. Il Bastardo ha avuto la meglio.

Si spegne il corpo di Cruijff, in una mattinata di marzo, senza fare confusione, come era solito fare in campo, mai una parola di troppo perchè bastavano i suoi piedi per mettere a tacere tutti.

Il mondo calcistico e non si stringe attorno a lui e la sua famiglia. Del resto nessuno è eterno in questo pianeta ma il 14 “Orange”, si.

Arrivederci “Profeta”

Foto Johan Cruijff als Barcelona-speler op het Amsterdam 700 Tournament in 1975 fonte Nationaal Archief, Den Haag, Rijksfotoarchief