L’Arte figurativa si è da sempre differenziata dall’Astratta per il suo scopo di narrare la realtà così come si presenta davanti agli occhi dell’artista, che diviene perciò chiave di lettura ma anche interpretazione dell’interiorità dell’osservatore; molteplici sono le tendenze espressive tanto quanto variegato è il panorama artistico contemporaneo in cui la parola d’ordine è la libertà di non appartenere ad alcuna corrente definita o addirittura mescolarne più di una per dare vita a un percorso assolutamente originale. Ruggero Salvatore è uno di quegli artisti capaci di portare un’innovazione nel mondo dell’arte.
Il Realismo moderno, quello del secolo scorso, si è sviluppato seguendo varie correnti espressive e di pensiero sulla base del paese in cui ha messo le sue radici, ma anche seguendo la tendenza di essere testimone di usi, costumi, evoluzioni del singolo luogo in cui si sviluppava. In Messico ha avuto un’accezione fortemente sociale così come voluto dal suo massimo maestro, Diego Rivera, che attraverso il Muralismo Messicano ha lasciato segni profondi e messaggi chiari al popolo ma anche a chi, più o meno sottilmente, dalla sua denuncia sociale era direttamente toccato. Negli Stati Uniti invece gli appartenenti al Realismo Americano erano più orientati a descrivere la vita nelle grandi città, il brulicare di persone nelle strade avvolte dai palazzi, il lusso della vita moderna oppure, come nel caso di Edward Hopper, la solitudine esistenziale dell’uomo moderno, quell’essere solo con se stesso che lo induce a riflettere su situazioni del presente o del passato attraverso il quale l’artista riesce a catturare l’attenzione dell’osservatore che da quella desolazione non può che sentirsi coinvolto. La successiva evoluzione di quella parte dell’arte figurativa vide la nascita dell’Iperrealismo in cui la necessità di creare immagini perfettamente identiche a quelle reali fu enfatizzata al punto da rendere indistinguibile l’opera dalla fotografia, togliendo però spesso la vibrazione dell’opera d’arte, l’atmosfera magica e avvolgente che si libera quando tra le pennellate si scorge e si svela l’emozione dell’autore della tela. Il romano Ruggero Salvatore mescola queste tre diverse sfumature di Realismo per generare uno stile assolutamente personale e innovativo dentro il quale si perdono e si confondono, quasi fossero sottotitoli delle scene descritte, anche temi del vivere contemporaneo in alcuni casi vicini alle atmosfere della Metafisica.
L’idea originale e unica è quella di rappresentare un dipinto all’interno del dipinto stesso, come se fosse parte di uno scatto fotografico di un catalogo di arredamento dove l’estetica si lega indissolubilmente all’importanza dell’atto creativo perché, sembra suggerire Salvatore, non può esistere la bellezza senza il gesto fisico del crearla, del generarla e posizionarla all’interno del mondo personale e intimo di ciascuno, quello costituito dalla propria casa, dal luogo in cui potersi distendere e meditare su tutto ciò che ruota intorno alla quotidianità.
Di contro emerge però anche il pensiero filosofico dell’artista, quella tendenza del vivere attuale a far emergere l’apparire a discapito dell’essere, del manifestare una profondità che deve essere nascosta tanto quanto è assente la presenza umana all’interno delle sue tele. Eppure gli oggetti di cui ci si circonda sono fortemente presenti e quasi protagonisti, quelle sedie, quei divani, quel disordine che lascia intuire il recente passaggio dell’uomo o della donna che quei luoghi abitano, come se la loro presenza non fosse necessaria per avere traccia della loro personalità, come se quegli oggetti raccontati fossero già sufficienti a svelarne le attitudini, i pensieri, i ricordi.
E ancora, nella società dell’immagine Ruggero Salvatore non poteva tralasciare di porre l’attenzione sull’importanza che un volto assume quando è sovrappensiero, quando non è in posa per farsi ritrarre bensì sembra assorto in pensieri che in qualche modo lo avvolgono permettendogli di evadere, di astrarsi dalla realtà oggettiva.
È proprio sul gioco, sulla sinergia tra scatti rubati e ordine delle cose che si sviluppa l’equilibrio delle tele dell’artista, quella compostezza degli ambienti contrapposta ai moti interiori che vengono ascoltati solo a posteriori, nel momento in cui sono trascorsi, ecco perché immortalati attraverso un dipinto che sovrasta l’ambiente circostante, nella discrezione di un frangente non colto quando si sta verificando bensì subito dopo.
Usa i colori della memoria Salvatore, la scala di grigi, il seppia delle antiche fotografie, oppure i colori accesi degli anni Settanta, come nell’opera Ambientazione 16 in cui emerge l’appeal estetico di una società che, allora come oggi, guardava all’esteriorità, a ciò che era uno status, l’eleganza, l’innovazione, la moda, a discapito dei valori più profondi.
Nella serie Urban Street permane questo voler immortalare e cogliere l’istante fuggente dell’emozione, quella presenza emotiva che sembra più facile esternare nella non presenza, in quella solitudine contemporanea fatta di immagini, di schermi, di riproduzioni attraverso cui ci si illude di non essere soli.
In questa produzione il colore viene recuperato così come, nel caso di Urban Street 15, la figura umana viene introdotta ma solo per perdersi tra il traffico, le luci e il rumore della città. Ruggero Salvatore ha all’attivo un’importante mostra personale presso il Museo Federico Fellini di Rimini, dov’è esposta in permanenza una sua opera, ha vinto il Premio Arte Sacra Città del Vaticano nel 2007 e le sue opere sono nelle collezioni pubbliche delle Pinacoteche del Comune di Bologna, di Fiuggi, di Riccione e di Tagliacozzo; è membro dell’Associazione Cento Pittori di via Margutta con cui espone regolarmente.
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