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Amy Winehouse, le 10 canzoni più belle di sempre [VIDEO]

La grande cantautrice britannica ci ha lasciati solo nel 2011. Poliedrica ed influente, ecco la Top 10 dei suoi brani più famosi di sempre

Amy Jade Winehouse nacque da una famiglia di origine ebraica il 14 settembre del 1983, nella periferia nord di Londra. Sin da giovanissima si avvicinò alla musica, fondando un duo di musica rap con l’amica Juliette Ashby: il progettò abortì rapidamente. A soli 12 anni entra alla Sylvia Young Theatre School, che è costretta purtroppo a lasciare all’età di 16 anni per via del piercing che porta regolarmente al naso.

Sin da bambina Amy cresce ascoltando il jazz, dai suoi parenti più prossimi, ma anche l’hip hop e l’R&B: stili che troveremo nella carriera che di lì a breve la cantautrice intraprese. A 16 anni, infatti, Amy debutta: un suo amico, il cantante soul Tyler James invia una demo di Amy ad uno scout dell’etichetta A&R che era alla ricerca di una voce che sapesse cimentarsi col jazz; la voce di Amy era perfetta per lo scopo. Tuttavia l’esordio ufficiale avviene solo quattro anni dopo, con l’uscita dell’album Frank (2003). Il produttore, Mark Ronson, definì così l’arrivo di Amy sul mercato musicale: “a rebellious rock and roll spirit back to popular music”.

Frank vinse ben due Brit Awards (uno come Best Female Solo Artist e l’altro come Best Urban Act) e guadagnò ad Amy la nomination per i seguenti riconoscimenti: il Mercury Music Prize e il premio Ivor Novello nel 2004, grazie al brano Stronger Than Me. Frank ricevette inoltre la doppia certificazione platino.

Da allora la carriera della cantante londinese vede una poderosa impennata: arriva la fama e un notevole successo, ma cominciano già ad emergere relazioni morbose ed eccessi pericolosi. Rimasta ferma per 18 mesi, nel 2007 Amy pubblica Back to Black, che diventa rapidamente l’album più venduto di tutto l’anno. Iconico il brano Rehab, tristemente autobiografico, che sembra riferirsi al rifiuto della cantante di entrare in una comunità di recupero per curare le sue dipendenze.

Back to Black è un successo, soprattutto in Regno Unito e Stati Uniti: nella nativa Inghilterr, infatti, vince di nuovo il premio Ivor Novello ed un Brit Award come cantante solista femminile. Viene inoltre nominata miglior artista dell’anno agli MTV Music Awards. Negli Stati Uniti le cose sembrano essere ancora più rosee: l’album sfonda rapidamente quota un milione di copie vendute, e viene in seguito inserito nella classifica Billboard 200.

Back to Black è anche un album dove troviamo diversi accenni all’amore che la legava a Blake Fielder-Civil. Il successo sembra essere fuori controllo, così come la gestione della sua vita privata: il suo comportamento irregolare ed i continui eccessi la costringono, alle volte, ad annullare alcuni concerti. Fecero scandalo in particolare l’arresto che le fu comminato in Norvegia per possesso di marijuana, e l’arresto del compagno Blake per rissa, nel 2008. Le notizie scandalistiche si rincorsero ben oltre e sulla rete spuntò persino un video dove la cantante sembrava fumare del crack.

Nonostante tutto il gradimento della sua carriera musicale sembrava non risentirne: Back to Black arrivò ad essere premiato con ben cinque Grammy Awards.

Gli ultimi anni della sua esistenza furono segnate dal divorzio da Blake, nel 2009, e dall’entrata in un centro di riabilitazione, dove tuttavia non registrò cambiamenti importanti. Il noto duetto, pubblicato postumo, Body and Soul, registrato col crooner Tony Bennett, fu una delle ultime vette che toccò la sua carriera; la coppia vinse infatti un Grammy come miglior duetto.

Nel 2011 fu purtroppo trovata morta nella sua casa a Camden. Fu lo stesso Tony Bennett a raccontare le impressioni che ebbe a proposito di Amy, quando gli venne chiesto se sapeva già del suo malessere continuo: “She knew that she was in a lot of trouble, that she wasn’t going to live…it wasn’t drugs, it was alcohol, toward the end”.

Una cantante che ha saputo emozionare e trascinare col suo eclettismo e la sua fragilità interiore: oggi, a distanza di undici anni, noi de L’Opinionista abbiamo stilato una Top 10, una playlist dei brani più famosi della grande cantante londinese.

Stronger Than Me

Scritta da Amy Winehouse e da Salaam Remi, già produttore attivo nel campo dell’hip hop, è uno dei brani che segna l’esordio della cantante di Southgate: fu pubblicato il 6 ottobre del 2003 e fu incluso nell’album Frank, uscito quello stesso anno per Island Records. Premiato già con il premio Ivor Novello, di cui sopra, è stata la prima traccia di Amy a vendere oltre un milione di copie nel Regno Unito. Il brano parla di un amore tormentato, in cui Amy si trova ad affrontare un partner distaccato e confuso:  eccessivamente fragile e privo di ogni genere di iniziativa, sebbene il testo lascia intendere all’ascoltatore che il fidanzato della protagonista sia più grande di lei di ben sette anni. Stronger Than Me, cioè come il suo uomo dovrebbe essere, è un brano malinconico e soffuso. Di rilievo gli echi Jazz, Soul, R&B ed hip hop che saranno sempre presenti nella musica di Winehouse.

Our Day Will Come

Secondo il parere della stessa Amy, si tratta di una cover in versione reggae del brano originario di Ruby & The Romantics, risalente al 1963 e scritto da Bob Hilliard e Mort Garson; poi incluso dalla cantante britannica nell’album postumo Lioness: Hidden Treasures. Le aggiunte reggae sono percepibili, ma il brano conserva i cori ed i tratti caratteristici che sono presenti anche nella versione originale: un brano che, per quanto si tratti di una cover, rappresenta in maniera efficace la sensibilità sentimentale dell’interprete ed i modelli musicali cui si ispirava, vera linfa vitale per la sua musica. Negli anni il brano è stato oggetto di altre reinterpretazioni autorevoli: fra queste ricordiamo ad esempio quella delle Supremes, della grande Cher, dei Carpenters, di Dionne Warwick (risalente all’ ’82) e di Christina Aguilera.

Body and Soul

Altra traccia caratteristica, che ben rappresenta l’anima di impronta jazz di Amy Winehouse: Body and Soul è, infatti, un vero standard per i veri amanti della musica jazz. Una cover certamente impegnativa, che fu inclusa nell’album Duets II del grande jazz vocalist di origini italiane Tony Bennett: l’album, registrato presso i leggendari Abbey Roads Studios, fu concepito come un insieme di duetti con alcuni dei cantanti più influenti che si sarebbero esibiti insieme con Bennett in alcuni dei pezzi ritenuti classici. Oltre ad Amy Winehouse parteciparono alla registrazione di Duets II anche Queen Latifah e la popstar di fama mondiale Lady Gaga.

Wake Up Alone

Ecco una traccia davvero autobiografica: risalente a Back to Black, l’album uscito nel 2006, Wake Up Alone trasuda il vissuto e la malinconia di Amy Winehouse. Nel brano si fa un ampio uso del doo wop e del piano, che sostiene la voce blueseggiante di Amy. Pare che la traccia fosse una dedica nei confronti dell’allora fidanzato e futuro marito Blake Fielder-Civil, con il quale si sposò soltanto l’anno successivo all’uscita di Back to Black. La loro relazione era già naufragata nel 2009, ed in seguito sarebbero emersi dei particolari preoccupanti a proposito della loro reciproca dipendenza in fatto di stupefacenti. Quando nel 2007 Amy eseguì Wake Up Alone a Londra, si rivolse proprio a Blake, presente fra il pubblico, rivolgendogli in labiale un ‘love you’-ti amo, appena prima di iniziare a cantare.

You Know I’m No Good

Un brano che ha qualcosa di drammatico: si tratta del tema del tradimento. La protagonista ha tutta l’aria di aver tradito il suo partner e ne è dispiaciuta, anche se ognuno cerca di dimostrarsi il più enigmatico possibile. Il brano presenta le classiche sonorità R&B con un leggero sprint in più, sdrammatizzato da un giro di batteria sostenuto e dai fiati che conferiscono un sapore night club. Il tutto mentre il clip snocciola la trama della canzone, seria ed intensa, ma al tempo stesso di grande fruibilità e libera da pesantezze tonali.

Best Friend, Right?

Altro brano risalente agli anni di Frank, del 2003. Fu selezionato dal produttore Salaam Remi, il quale preferì inserirlo nell’album postumo Lioness: Hidden Treasures. Il brano è dedicato a Juliette Ashby, amica d’infanzia con la quale ha condiviso – tra alti e bassi – esperienze intense. Con lei Amy condivideva la venerazione per le Salt’n Pepa. Intervistata a proposito della sua carriera musicale, la cantante londinese dichiarò che sì, aveva scritto di Juliette in una delle sue canzon, e in particolare: “Ho una canzone intitolata ‘Best Friends’ che parla del periodo in cui abbiamo vissuto insieme. È come se ti odiassi, ma ti amo. I tempi tempestosi hanno avuto l’effetto di renderci più vicini”.

Rehab

È la canzone di Amy Winehouse sulla quale si basano, probabilmente, il suo mito e la sua rovina. Autobiografica, dal testo che affronta i demoni dell’alcolismo che tormentavano la cantante. In particolare, la società di gestione di Amy, che all’epoca era quella gestita da Simon Fuller, voleva che Amy entrasse in un centro di riabilitazione per farla finita con le sue dipendenze. No, no, no. Questo il tema ed il messaggio della canzone, che dà una risposta abbastanza secca a chi cercava di convincerla. Un tema onnipresente nella vita della cantante, che perì anche a causa dell’alcolismo, come disse anni dopo Tony Bennett. Anni fa Amy dichiarò che aveva trovato le parole passeggiando per strada con il suo produttore Mark Ronson. Nonostante i reiterati No, no, no, Amy Winehouse entrò effettivamente nel The Causeway Retreat – un centro di recupero situato nell’Essex – nell’agosto del 2007.

Love Is A Losing Game

Lo abbiamo visto: in Amy Winehouse ogni traccia porta un pezzetto del suo vissuto, delle sue esperienze, del suo dolore. Love is a Losing Game è una di queste: trasuda aneddoti autobiografici come molti altri brani di Back to Black. Ancora una volta notiamo la mano del produttore del disco, Mark Ronson, che ha partecipato alla stesura anche di altri brani della raccolta. Love Is a Losing Game ricevette un ottimo riscontro da parte della critica, vincendo il premio Ivor Novello nel 2008 come migliori musiche e testo. La voce della cantante presenta la consueta dolcezza del timbro che tanto piaceva ai fan della cantante di Camden: è la traccia ideale che si potrebbe ascoltare in un pub inglese a tarda notte, quando si è abbastanza malinconici da andare a prendere un drink da soli per riflettere.

Will You Still Love Me Tomorrow

Versione decisamente a metà tra una ballad acustica ed un brano R&B e soul: una delle cover più celebri e piacevoli di Amy Winehouse, nella quale sfoggia dei vocalismi davvero notevoli. È una delle canzoni più romantiche e dolci di sempre: scritta nel 1960 da Carole King e da Gerry Goffin, negli anni Will You Still Love Me Tomorrow è stata coverizzata da tantissimi artisti, attratti dal suo appeal senza tempo. Tra questi ricordiamo – oltre ad Amy Winehouse – The Shirelles, Brian Ferry, e persino il guru della musica heavy metal, Ronnie James Dio, quando cantava per i The Prophets.

Back to Black

Brano che permise ad Amy di raggiungere le alte vette della classifica più ambita di tutte, la Billboard Hot 100, che la inserì in posizione numero 7, trasformando Amy nella più grande debuttante britannica mai apparsa nelle classifiche americane: l’album cui la traccia dà il nome vendette oltre 5 milioni di copie in tutto il mondo. Back to Black parla della rottura, appena avvenuta, col fidanzato Blake, che si era temporaneamente ricongiunto con la precedente fidanzata. Back to Black si può in un certo senso ritenere un concept album, visto e considerato che ogni singola traccia parla di quel periodo di depressione e solitudine che aveva vissuto Amy a seguito della separazione. Nel 2007 Amy, intervistata dalla CNN, dichiarò che “E dove il ragazzo ovviamente è tornato alla sua ex ragazza, non avevo nessun altro da cui tornare, quindi credo di essere tornata a vedere nero per qualche mese, sai… Fai cose stupide, come quando hai 22 anni e sei giovane e innamorata”. Evocativo anche il clip, nel quale Amy è vestita a lutto e partecipa ad una dolorosa dipartita, cui si uniscono alcuni amici intimi: è il funerale del suo stesso cuore, cui viene destinata una sepoltura alla presenza della cantante stessa. Onnipresente il pianoforte, che trasporta l’ascoltatore in atmosfere che sanno vagamente di musica jazz e soul.

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Pubblicato da
Francesco Nicolini
Argomenti: Amy Winehouse

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