Il panorama artistico contemporaneo è fortemente orientato all’individualismo espressivo e alla libertà di ciascun creativo di mescolare stili pittorici per dar vita a un suo personale linguaggio, senza sentire l’esigenza, invece fortemente presente nel secolo scorso, di riconoscersi all’interno di una corrente pittorica. Tuttavia esistono ancora creativi che sentono la necessità di definire il proprio approccio pittorico con linee guida a cui possano aderire, o in cui possano ritrovarsi, anche altri che condividono lo stesso sguardo verso l’arte. Il protagonista di oggi è uno di questi innovatori.
La prima metà del Ventesimo secolo è stata fortemente contraddistinta dalla nascita di molti movimenti artistici fondamentali per riunire quei rivoluzionari che sentivano il bisogno di rompere con le rigide regole del passato, di uscire da schemi che ormai non riuscivano più a rappresentare l’epoca del momento, quel periodo di rivoluzioni e di guerre all’interno del quale la rappresentazione del bello, dell’esteticamente perfetto, e della forma così come classicamente intesa non erano più affini e conformi a una società in rapida e continua evoluzione. Dunque gli artisti avevano bisogno di affermare un differente punto di vista riguardo il modo di manifestare la propria creatività sulla base delle linee guida della corrente che più si accordava alla loro indole, al loro pensiero, alla visione della direzione che avrebbe dovuto prendere l’arte per essere al passo con i tempi. Il Futurismo, l’Espressionismo, il Cubismo, l’Astrattismo Geometrico, il Surrealismo, sono stati la culla dei più grandi maestri del Novecento ma anche la base di partenza per le successive evoluzioni che da essi si sono generate; in tutti i casi l’appartenenza ai distinti gruppi era un modo per far sentire più incisivamente l’intenzione pittorica, l’approccio filosofico e i concetti che dietro le immagini si nascondevano, svelando di fatto il talento dei singoli appartenenti. È stato in virtù di questa forza collettiva, della volontà di definire e lasciare testimonianza scritta delle regole stilistiche, dell’orientamento e del significato di ciò che gli artisti volevano esprimere, oltre al talento comunicativo dei grandi della pittura come Umberto Boccioni, Edvard Munch, Pablo Picasso, Piet Mondrian, Salvador Dalì, solo per citarne alcuni, che tutti i movimenti di quella prima metà del secolo scorso hanno attraversato il tempo e gettato le basi per tutte le evoluzioni e le modificazioni che si sono concretizzate negli anni successivi. Andrea Marco Ghia, artista emergente di origini italiane ma da anni ormai residente in Lussemburgo, assorbe dal passato il desiderio di ricostituire quel ritorno alla voce corale di differenti artisti per dar vita a un inedito approccio alla tela, imponendosi con originalità rispetto ai tempi contemporanei di tracciare le basi per una nuova corrente pittorica, il Photo Dreams Painting che delinea un inedita modalità di operare sulla tela mescolando tecniche e stili diversi eppure perfettamente armonici.
Le opere di Ghia sono frammenti di sogni, istanti completamente irrazionali in cui la figurazione è funzionale a rappresentare quella bizzarra fusione tra ciò che l’occhio è abituato a vedere nella realtà e la trasformazione che viene effettuata dall’inconscio, la rielaborazione di immagini che si mescolano e si confondono per dare vita a scenari improbabili quanto in realtà vagamente possibili.
La tela Lobsters from the sky (Aragoste dal cielo) descrive un mondo paradossale in cui la protagonista, in costume da bagno e pinne pur essendo fuori dall’acqua, si protegge con l’ombrello da una pioggia di aragoste che confluisce nel ruscello sottostante; la tecnica è mista perché il corso d’acqua è una fotografia reale inserita nell’opera come collage divenendone parte integrante attraverso l’azione pittorica dell’artista che tende a celarne la natura. Lo sguardo viene perciò ingannato poiché solo in un secondo momento e dopo essersi soffermato sulla tela riesce a intravedere l’applicazione della foto; i colori sono di matrice espressionista così come la semplicità descrittiva degli elementi presenti, tuttavia il collegamento con il sogno e il misplaced (fuori luogo) attinge invece dalla filosofia surrealista della rivelazione dell’inconscio, del mondo onirico.
In Fiore come paracadute Andrea Marco Ghia sembra auspicare un mondo in cui la natura venga rispettata perché può costituire una salvezza, una scialuppa di salvataggio contro l’incalzare del progresso che conduce verso un’insostenibilità esistenziale proprio a causa della mancanza di rispetto nei confronti del mondo che accoglie l’essere umano; anche in questo caso l’approccio al tema è ironico, sognante, onirico nella sua semplicità, come se quel lasciar fuoriuscire l’inconscio attenuasse il significato che dall’opera stessa traspare.
Nella tela Look this light from the firefly (Guarda quella luce dalla lucciola) l’elemento reale, l’immagine di un gruppo di persone che guarda il pavimento trasparente, diviene punto di osservazione della fantasia sottostante, il sogno di un barcaiolo accompagnato dalla luminosità di una lucciola posta al di fuori del proprio contesto naturale, come se quel piccolo insetto divenisse faro nella notte per l’uomo, guida nel mare delle circostanze che dovrà affrontare.
E infine in Partita reale l’artista sembra evidenziare la metafora della vita, quel dover diventare giocatori oppure essere pedine, quella scelta tra azione e passività, tra l’essere protagonisti o comparse di un’esistenza che muove velocemente in avanti e che, tassello per tassello può essere costruita e condotta nella direzione che viene scelta oppure immobilmente intrappolata nella situazione da cui si decide di non uscire; la parte reale è un luogo pieno di piante, vitale, vivido, verso cui tendere, il sogno è invece quello di riuscire a prendere in mano le cose e spingerle verso la strada desiderata.
Il Photo Dreams Painting è dunque un’unione divertita e fiabesca tra sogno e realtà, tra ciò che l’inconscio interpreta e ciò che lo sguardo vede nella sua fase razionale, stile che contraddistingue le opere di Andrea Marco Ghia, il quale non si ferma alla creazione di una sola corrente bensì co-fonda con il collega Jwan Atto l’Errorismo Spirituale, una ricerca costante del punto di incontro tra ordine e caos, tra l’errore concettuale e la necessità della mente di ritrovare un equilibrio logico nella confusione che dall’incoerenza scaturisce. Anche la tecnica esecutiva è una perpetua ricerca di bilanciamento tra le due forze opposte, quell’imprimere istintivamente sensazioni astratte che poi vengono modificate e riordinate per dare loro un senso, attraverso l’utilizzo del fotoritocco. Le coincidenze e gli sbagli possono emergere in virtù di una semplicità espressiva che è funzionale al libero scorrere delle emozioni, delle sensazioni, senza che vi sia il controllo logico, lasciando libero spazio al disordine che poi, in un secondo momento, viene bilanciato verso un nuovo ordine.
Andrea Marco Ghia, formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Arlon, Belgio, scegliendo come indirizzo formativo la fotografia, si dedica per molti anni alla fotografia artistica fino poi a giungere al desiderio di avvicinarsi alla pittura in un modo inedito, mescolando la precedente esperienza al nuovo impulso creativo per dare vita a un linguaggio nuovo; nel corso del suo recente percorso artistico ha partecipato a numerose mostre in tutta Europa e, a maggio del 2021 sarà presente alla Fiera d’Arte di Istanbul IAAF.
ANDREA MARCO GHIA-CONTATTI
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