MILANO – Angelo Branduardi, il menestrello della canzone italiana, arriva a festeggiare i cinquant’anni di carriera. Quale miglior occasione per ripubblicare Alla fiera dell’est nella variante doppio album, comprendendo anche la versione in inglese Highdown Fair durante la giornata mondiale del Record Store Day del 20 aprile. Quando Branduardi esordì nel lontano 1974 il mondo della musica non era così affollato dai cantautori. Agli esordi appariva da solo con la chitarra per suonare prima di qualche gruppo prog rock, per un concerto o nei festival pop. Non è stato facile emergere e farsi notare, ma l’artista ha saputo dimostrare da subito di avere un suo stile che meritava attenzione. Uno stile allora identificato con la musica etnica e folk.
Così, dopo il primo album omonimo del 1974, realizzato con arrangiamenti corposi e produzione da Paul Buckmaster, Branduardi forma quello che sarà il suo gruppo di lavoro che lo porterà al successo. Un successo che, dopo il secondo album La luna, arriva perentorio e meritato con “Alla fiera dell’est”, la canzone filastrocca che prende ispirazione da un canto pasquale ebraico. Un Branduardi che non è più visto solo come un menestrello con chitarra e violino, ma in grado di chiamare attorno a sè un vero gruppo di collaboratori a cominciare da Maurizio Fabrizio alla chitarra e arrangiamenti, Bruno De Filippi al buzuki, sitar e armonica, oltre a Gianni Nocenzi (pianoforte, clarino), Andy Surdi (batteria) e Gigi Cappellotto (basso), insieme alla produzione di David e Dory Zard e la copertina di Cesare e Wanda Monti.
Zard crederà in Branduardi fino a portarlo in tour in Europa con la Carovana del Mediterraneo. L’album ‘Alla fiera dell’est’, uscito nel 1976, inizia con l’omonima canzone, quella che conquista al primo ascolto e che resta nel tempo una delle sue più apprezzate, come anche ‘Il dono del cervo’, dall’accattivante melodia, ad aprire la seconda facciata. Nel disco primeggiano atmosfere sognanti (‘La favola degli aironi’) e sussurrate (‘Canzone per Sarah’), in omaggio alla figlia, ma anche ballate tipicamente mediterranee (‘Sotto il tiglio’ e ‘La serie dei numeri’), ed incursioni nella musica prettamente strumentale dove il tema con violino, flauto e chitarra acustica si sviluppa per cinque minuti degli otto totali (‘Il funerale’). Un disco da riscoprire, apripista di tante produzioni a cui verrà tributato successo nei decenni successivi con il fortunato marchio world music.