L’arte fotografica di Inbal Kristin e la poesia di un attimo si trasforma in respiro metafisico

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L’approccio nei confronti di ciò che circonda l’essere umano, i paesaggi e la natura che ospitano e accolgono la vita quotidiana, si modifica sulla base della percezione che ciascun soggetto, o interprete, riceve e poi emana attraverso il mezzo espressivo più affine alla propria creatività; la fotografia nell’era contemporanea ha pervaso ogni ambito dell’esistenza al punto essere diventata il modo di apparire migliori di come si è, galleggiando su una superficie patinata da cui possono essere eliminati tutti i difetti, in cui mostrare il lato più splendente. Vi sono tuttavia alcuni artisti, perché proprio di arte si può parlare nel caso della protagonista di oggi, che riescono a catturare l’essenza di un istante immortalandone la lirica, la magia espressiva, trasformando dunque la fotografia in qualcosa di diverso, in un modo per raccontare per immagine la sensazione, l’emozione e soprattutto la riflessione che il paesaggio o la natura immortalati stimolano a livello istintivo nell’autrice degli scatti e, di conseguenza, nell’osservatore che ne rimane letteralmente incantato.

Dopo un primo periodo di assestamento della tecnica e dello sviluppo delle immagini, la fotografia divenne agli inizi del Novecento una vera e propria antagonista dell’arte pittorica, poiché la possibilità di utilizzare uno strumento di facile trasporto e l’immediatezza e fedeltà nel cogliere i dettagli dei soggetti o dei paesaggi rappresentati, irruppero in maniera talmente determinante da indurre molti artisti a distaccarsi dalla forma visibile per elaborare stili che non potevano essere prodotti se non dalla mano e dal gesto plastico dell’autore di un dipinto. Dagli scatti di Alfred Stieglitz, ancora in qualche modo tendenti a imitare il tratto pittorico, si passò ben presto a una presa di distanza della fotografia dal dipinto, trasformandola così in mezzo per cogliere l’immediatezza di un frangente e la perfetta descrizione visiva della realtà; il movimento statunitense della Straight Photography abituò gli autori ad andare nelle strade per immortalare le persone, le vie cittadine, i cantieri, la classe operaia. Contestualmente in Europa gli appartenenti ad alcune correnti pittoriche decisamente sperimentali, come la Nuova Oggettività tedesca che ebbe tra i maggiori interpreti Christian Shad e come il Surrealismo di Man Ray ma anche di Salvador Dalì, si avvalsero della fotografia per ampliare a tutti gli ambiti l’applicazione delle teorie surrealiste, elevando così, finalmente, la fotografia al livello dell’arte. Da quel momento in avanti questo innovativo mezzo espressivo ebbe celeberrimi esponenti in grado di dare punti di vista differenti, sulla base della propria sensibilità e capacità di catturare alcuni aspetti dell’osservato che divennero la loro firma; Henri Cartier-Bresson, considerato il padre del fotogiornalismo, fu il primo a introdurre il concetto metafisico all’interno dello scatto perché ciascuna delle sue immagini ferma il tempo, rarefà il visibile per sovrapporvi la sensazione che vi sia altro sotto, percepibile dal silenzio, dalle geometrie, dal gioco di specchi, di luci e di ombre che appartengono indissolubilmente al suo percorso artistico. Alla fotografia Metafisica si dedicarono anche Gabriele Basilico, le cui geometrie urbane affascinavano in virtù del senso di mistero amplificato dal bianco e nero, Ansel Adams, più vicino invece alla natura, di cui amava ritrarre la bellezza incontaminata, e i contemporanei Michael Kenna, autore delle affascinanti atmosfere rarefatte e piene di poesia prevalentemente prive della presenza umana per dare voce ai panorami immortalati, e Bernard Plossu che introdusse nelle sue vedute anche la tecnica del colore. L’artista e fotografa israeliana Inbal Kristin raccoglie l’eredità di questi grandi autori della fotografia internazionale, personalizzandola e adeguandola alla sua sensibilità, al suo approccio allo scatto che mostra un’attenzione al linguaggio sottile delle cose, della natura, di quel silenzio dentro cui si liberano le note della poeticità di ciò che il suo sguardo osserva e ascolta, quasi come se il visibile entrasse in contatto con l’invisibile energia che avvolge ogni singolo elemento dandole voce.

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1 Untitled Landscapes 6 – fotografia ed editing grafico

L’elemento metafisico emerge da quella suggestione con cui riesce a permeare ogni scorcio che rapisce il suo cuore, fotografato con la lentezza del saper aspettare il momento perfetto, quello in cui la presenza umana è completamente esclusa e tutti i dettagli che andranno a comporre l’immagine finale sembrano mettersi in posizione di dialogo con l’obiettivo attraverso il filtro della sensibilità dell’autrice dello scatto; Inbal Kristin trasforma dunque la macchina fotografica in sua estensione interiore, in emanazione di quell’ascolto empatico con cui si guarda intorno fino a trovare l’istante perfetto che le consenta di rendere vivo un paesaggio immobile, come se proprio in virtù del suo fotogramma cominciassero a muoversi le energie sottili che escono dalla fotografia e vanno a toccare le corde dell’osservatore.

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2 Untitled Landscapes 2 – fotografia ed editing grafico
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3 Untitled Landscapes 1 – Inbal Kristin

L’assenza quasi totale dell’essere umano sottolinea la grandezza e la bellezza incontaminata di una natura troppo spesso considerata come dettaglio all’interno della fretta del vivere, che invece Inbal Kristin rende protagonista del suo punto di osservazione, del suo approccio all’esistenza chiamando quasi il fruitore a lasciarsi trasportare in quel mondo ricco e denso di significati e di liricità nascosti dal velo dell’apparire e che si svelano solo a chi ha l’apertura necessaria per addentrarsi nell’universo più ampio del sentire.

4 Untitled Landscapes 3 – fotografia ed editing grafico

Nello scatto Untitled Landscapes 3, uno dei pochi dove Inbal Kristin inserisce la presenza umana, la sensazione di solitudine dell’uomo seduto sulla ringhiera sembra essere prevalente su tutto il resto dell’immagine, come se fosse proprio la maestosità del mare dietro di lui a infondere la consapevolezza di quanto la vita sia tutta lì, nel saper approfondire la conoscenza di se stessi, di porsi in ascolto di quel silenzio che avvolge l’esistenza divenendo mezzo per scendere nella profondità del proprio animo, per scoprire tutto ciò che quando ci si trova circondati da altre persone si tende a nascondere, a tralasciare. Non solo, allo stesso modo del sublime della pittura romantica di William Turner, Inbal Kristin riflette anche sull’esiguità dell’uomo davanti all’imponenza e alla potenza della natura di cui l’individuo non può che prendere atto perché sarebbe per lui impensabile poterla contrastare od opporsi all’ineluttabilità del ciclo della vita.

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5 Utitled Landscapes 4 – fotografia ed editing grafico

In Untitled Landscapes 4, l’artista mette in evidenza e decontestualizza, confermando la sua vicinanza alla Metafisica, un albero completamente immerso nella neve, circondato da quella coltre bianca che sembra quasi volerlo proteggere, malgrado il freddo che la sua stessa presenza genera; in questo scatto il panorama è ripreso dall’alto e dunque il punto di vista è quello ampio che però Inbal Kristin ha preferito ridurre a quel preciso dettaglio, a sottolineare la pura bellezza di una natura che sa rigenerarsi e autoconservarsi anche senza, o forse proprio grazie all’assenza dell’uomo troppo spesso incurante dell’importanza di una conservazione ambientale essenziale per la sua stessa vita. La sensazione di sofficità dell’immagine induce a riflettere sulla resilienza, sulla capacità di resistere alle difficoltà, rappresentate dall’ambiente impervio generato dalla pesante coltre nevosa, e di saper attendere il momento giusto per riprendere in mano la propria vita, in senso metaforico ma anche in senso letterale perché l’albero in primavera, quando il freddo invernale sarà passato, tornerà a far rinascere le sue foglie e i suoi fiori.

Ma lo sguardo sensibile di Inbal Kristin si rivela anche nell’osservazione e nella capacità di mettere in risalto la meraviglia dei fiori, scatti questi nei quali mostra un approccio più estetico, naturalistico perché nella serie Nature non emerge un significato nascosto, piuttosto un invito a lasciarsi trasportare dall’equilibrio armonico e stupefacente che appartiene al mondo floreale, dal contrasto di colori che rende la natura il pittore più abile e capace di dar vita a forme e contrasti cromatici in grado di illuminare e dipingere la realtà.

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6 Untitled Nature 1 – fotografia ed editing grafico

L’opera fotografica Untitled Nature 1 appartiene a questa produzione e mette in evidenza la capacità di Inbal Kristin di cogliere l’equilibrio armonico che si trasforma in delicatezza poetica.

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7 Untitled Nature 2 – fotografia ed editing grafico

Inbal Kristin, che ha anche una produzione dedicata all’arte digitale con approccio prevalentemente astrattista, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive in Israele e all’estero – Turchia, Italia, Grecia, Ungheria, Svizzera, Usa, Scozia, Francia, Nepal, Repubblica Ceca, Paesi Bassi – ha vinto molti premi fotografici e le sue opere sono state inserite all’interno dei più importanti annuari d’arte e di fotografia, tra cui l’Atlante dell’Arte Contemporanea Giunti 2023-2024 e il Photobook 2024.

INBAL KRISTIN-CONTATTI

Email: shanio4@walla.co.il

Sito web: www.inbalkristin.com/

Facebook: www.facebook.com/inbal.kristin.7

The photographic art of Inbal Kristin, when the poetry of a moment is transformed into metaphysical breath

The approach to what surrounds the human being, the landscapes and nature that host and welcome everyday life, is modified on the basis of the perception that each subject, or interpreter, receives and then emanates through the expressive medium most akin to his own creativity; photography in the contemporary era has pervaded every sphere of existence to the point of having become the way to appear better than one is, floating on a glossy surface from which all defects can be eliminated, in which one can show one’s most shining side. There are, however, some artists, because in the case of today’s protagonist we can speak of art, who manage to capture the essence of an instant by immortalising its lyricism, its expressive magic, thus transforming photography into something different, into a way of narrating through images the sensation, the emotion and above all the reflection that the immortalised landscape or nature stimulates at an instinctive level in the author of the shots and, consequently, in the observer who is literally enchanted by them.

After an initial period of settling the technique and the development of images, photography became at the beginning of the 20th century a true antagonist of pictorial art, as the possibility of using an easy-to-carry instrument and the immediacy and fidelity in capturing the details of the subjects or landscapes depicted, became so decisive that it induced many artists to detach themselves from the visible form in order to elaborate styles that could only be produced by the hand and plastic gesture of the author of a painting. From Alfred Stieglitz‘s shots, still somewhat tending to imitate the pictorial stroke, photography soon moved on to distancing itself from the painting, thus transforming it into a means of capturing the immediacy of a juncture and the perfect visual description of reality; the American Straight Photography movement accustomed its authors to going into the roads to immortalise people, city streets, construction sites and the working class. At the same time, in Europe, those belonging to certain decidedly experimental pictorial currents, such as the German New Objectivity with Christian Shad as one of its main interpreters, and the Surrealism of Man Ray but also Salvador Dali, made use of photography to extend the application of Surrealist theories to all areas, thus finally raising photography to the level of art. From that moment on, this innovative means of expression had celebrated exponents capable of giving different points of view, based on their own sensitivity and ability to capture certain aspects of the observed that became their signature; Henri Cartier-Bresson, considered the father of photojournalism, was the first to introduce the metaphysical concept into the shot because each of his images freezes time, rarefies the visible to superimpose the sensation that there is something else underneath, perceivable through silence, geometries, the play of mirrors, light and shadow that inextricably belong to his artistic career. Also dedicated to Metaphysical photography were Gabriele Basilico, whose urban geometries fascinated by virtue of the sense of mystery amplified by black and white, Ansel Adams, who was closer to nature, whose uncontaminated beauty he loved to portray, and the contemporaries Michael Kenna, author of the fascinating rarefied atmospheres full of poetry, mostly devoid of human presence to give voice to the immortalised panoramas, and Bernard Plossu, who introduced in his views also the technique of colour. The Israeli artist and photographer Inbal Kristin takes up the legacy of these great authors of international photography, personalising it and adapting it to her sensitivity, to her approach to shooting that shows an attention to the subtle language of things, of nature, of that silence within which are relieased the notes of the poetic nature of what her gaze observes and listens, almost as if the visible were in contact with the invisible energy that envelops each single element, giving it voice. The metaphysical element emerges from that suggestion with which she manages to permeate every glimpse that enraptures her heart, photographed with the slowness of knowing how to wait for the perfect moment, the one in which human presence is completely excluded and all the details that will go to make up the final image seem to place themselves in a position of dialogue with the lens through the filter of the photographer’s sensitivity; Inbal Kristin thus transforms the camera into her inner extension, into an emanation of that empathic listening with which she looks around until she finds the perfect instant that allows her to bring to life a motionless landscape, as if by virtue of her frame begin to move the subtle energies that come out of the photograph and touch the observer’s strings.

The almost total absence of the human being emphasises the greatness and uncontaminated beauty of a nature too often considered as a detail within the hurry of life, which Inbal Kristin instead makes the protagonist of her point of observation, of her approach to existence, almost calling the viewer to allow himself to be transported into that rich and dense world of meanings and lyricism hidden by the veil of appearance and that are only revealed to those who have the necessary openness to enter into the wider universe of feeling. In the shot Untitled Landscapes 3, one of the few in which Inbal Kristin includes the human presence, the feeling of loneliness of the man sitting on the railing seems to prevail over the rest of the image, as if it were the majesty of the sea behind him that instils an awareness of how life is all there, in knowing how to deepen one’s knowledge of oneself, how to listen to that silence that envelops existence, becoming a means to descend into the depths of one’s soul, to discover everything that when one is surrounded by other people one tends to hide, to omit. Not only that, in the same way as the sublime in William Turner‘s Romantic painting, Inbal Kristin also reflects on man’s meagreness in the face of the grandeur and power of nature, which the individual can only take note of because it would be unthinkable for him to be able to oppose it or counteract the inevitability of the cycle of life.

In Untitled Landscapes 4, the artist highlights and decontextualises, confirming her closeness to Metaphysics, a tree completely immersed in snow, surrounded by that white blanket that seems almost to want to protect it, despite the cold that its very presence generates; in this shot the panorama is taken from above and therefore the point of view is the broad one which however Inbal Kristin preferred to reduce to that precise detail, to underline the pure beauty of a nature that knows how to regenerate and self-preserve even without, or perhaps precisely thanks to the absence of man who is too often oblivious to the importance of environmental conservation essential for his own life. The feeling of softness in the image induces to reflect on resilience, on the ability to resist difficulties, represented by the impervious environment generated by the heavy blanket of snow, and to know how to wait for the right moment to take back one’s life, in a metaphorical sense but also in a literal sense because the tree in spring, when the winter cold has passed, will return to bring its leaves and flowers to life.

But Inbal Kristin‘s sensitive gaze is also revealed in her observation and ability to highlight the wonder of flowers, shots in which she shows a more aesthetic, naturalistic approach because in the Nature series no hidden meaning emerges, rather an invitation to let oneself be carried away by the harmonious and astonishing balance that belongs to the floral world, by the contrast of colours that makes nature the most skilful painter and capable of giving life to shapes and colour contrasts that can illuminate and paint reality. The photographic work Untitled Nature 1 belongs to this production and highlights Inbal Kristin‘s ability to capture the harmonious balance that is transformed into poetic delicacy. Inbal Kristin, who also has a production dedicated to digital art with a predominantly abstractionist approach, has participated in group exhibitions in Israel and abroad – Turkey, Italy, Greece, Hungary, Switzerland, USA, Scotland, France, Nepal, the Czech Republic, and the Netherlands -, has won many photographic prizes and her works have been included in the most important art and photography yearbooks, including the Giunti Atlas of Contemporary Art 2023-2024 and Photobook 2024.