Nel momento in cui un artista riesce ad andare a fondo del proprio sentire accettando le sue diverse sfaccettature, a volte persino opposte, si genera il tipo di espressione visiva più vicina alla sua indole, al suo approccio all’esistenza e alla sua visione di tutto ciò che costituisce l’ordinarietà e al contempo la straordinarietà della vita. Dal punto di vista pittorico spesso questa conoscenza si manifesta attraverso la libertà stilistica di non avere regole, proprio perché attenersi a schemi o a dettami prestabiliti significherebbe rinunciare a parte di quell’essenza che invece ha bisogno di liberarsi e di lasciarsi andare a quello stretto ed esclusivo legame tra il sentire e il gesto plastico che dall’emozione iniziale si genera. L’artista di cui vi racconterò oggi mostra nelle sue tele un dualismo che appartiene alla sua indole e che fuoriesce in maniera spontanea, e forse inconsapevole, determinando il suo stile in bilico tra due diverse interpretazioni del distacco dalla realtà osservata.
Nel momento in cui nacque l’Astrattismo tutto ciò che sembrava impellente e necessario era il rifiuto della figurazione tradizionale per sottolineare l’autonomia dell’arte rispetto a qualsiasi riferimento visivo a cui lo sguardo era abituato, e dunque la rinuncia alla forma, intesa come riproduzione dell’osservato, era l’unico modo per mostrare quanto non fosse necessaria una narrazione vicina alla realtà per dare vita a un’opera d’arte. Di fatto tutti i movimenti d’avanguardia dei primi del Novecento dovevano contrastare l’avvento della tecnica fotografica in grado di riprodurre immagini reali a un costo molto più accessibile; dunque l’Espressionismo, il Futurismo, il Cubismo, il Surrealismo, andarono tutti verso una direzione di creazione di qualcosa che non fosse riproducibile con una pellicola fotografica. Wassily Kandinsky, padre dell’Arte Astratta, introdusse forme e linee indefinite e danzanti su sfondi a volte tenui e fortemente sfumati, altre più intensi, ma il legame con l’emozione generata dall’ascolto della musica fu fondamentale per tutta la sua produzione pittorica.
Subito dopo però sopraggiunse l’estremizzazione del Suprematismo e del Neoplasticismo che si distaccarono da ogni tipo di sensazione o emozione dell’autore dell’opera limitando l’utilizzo del colore ai soli toni primari mentre dal punto di vista formale tutto doveva rientrare nella geometricità delle linee rette e dei rettangoli o quadrati. La rigidità delle linee guida di Kazimir Malevic e di Piet Mondrian fu però subito dopo ammorbidita e superata dalle scuole italiane dell’Astrattismo Geometrico, dove la gamma cromatica venne fortemente ampliata, così come vennero introdotte le diagonali, il cerchio, e altre figure geometriche rifiutate dagli stili che lo avevano preceduto.
Il distacco dall’emozione era comunque limitante, perché di fatto gli artisti aderenti a questi movimenti non riuscivano a dialogare con l’osservatore in maniera totale e coinvolgente pertanto, intorno agli anni Cinquanta del Novecento, sorse negli Stati Uniti un movimento artistico che prese il nome di Espressionismo Astratto, dove l’espressione rappresentava appunto quel moto interiore spontaneo che non poteva più essere represso e doveva, al contrario, costituire la linea guida principale per tutti gli artisti che avrebbero aderito, e dove l’Astrattismo doveva riavvicinarsi all’intenzione inziale di Kandinsky, quella cioè di non poter stare all’interno di uno schema geometrico e cromatico definiti bensì accordarsi solo al sentire interiore. Jackson Pollock, Mark Rothko e gli altri diedero il via a un nuovo modo di intendere l’arte che trovò una risposta parallela ma altrettanto personalizzata nell’Informale europeo, di cui l’Italia fu tra i grandi protagonisti con maestri della levatura di Alberto Burri.
L’artista toscana Roberta Baldassano, dopo un percorso di studi come stilista di moda, esercita da sempre la sua attitudine creativa nel suo lavoro di educatrice presso gli asili nido dove realizzava murales legati al mondo dell’infanzia; il percorso più strettamente pittorico l’ha invece condotta verso l’Espressionismo Astratto coniugato e adattato alle sue caratteristiche più profonde e grazie al quale svela un dualismo che le appartiene e che la tiene in bilico tra la necessità impulsiva di raccontare il suo mondo interiore e l’attitudine più logica e razionale a dare un senso, o forse sarebbe meglio dire controllare l’irrazionalità attraverso schemi che in alcuni casi ha bisogno di introdurre nelle tele.
Dunque ricorre alla geometricità tendendo così verso l’Astrattismo Geometrico per tentare di dare un senso a ciò che fuoriesce in maniera spontanea, come se eliminando la consapevolezza della mente tutto sfuggisse senza possibilità di essere colto; ecco perché nelle sue tele è sempre presente un reticolo cromatico, l’intreccio costituisce quella delimitazione che impedisce all’anima di trasbordare e di lasciarsi travolgere.
Ciò che appare chiaro da ogni tipo di opera è l’ambivalenza che per Roberta Baldassano appartiene alla vita, la contrapposizione di energie che sente anche dentro di sé e di cui ha bisogno di raccontare per sollecitare l’osservatore a compiere il medesimo percorso di autoanalisi da cui si genera quel bilanciamento funzionale a raggiungere l’evoluzione del sé. Ordine e caos è la tela dove la sovrapposizione tra Espressionismo Astratto e Astrattismo Geometrico è più evidente, perché le figure geometriche sopraggiungono per delimitare l’irrazionalità del caos contenendone la forza propulsiva, mentre a sua volta il caos non si lascia arginare e continua a scorrere al di sotto indipendentemente dallo sforzo della ragione di tenerlo a bada.
Anche la gamma cromatica giocata sui toni del nero, del rosso e del bianco, riflette l’impetuosità di quella dimensione imprevedibile che appartiene alla vita quanto all’esistenza interiore e che va a determinare lo svilupparsi delle situazioni, è per questo che Roberta Baldassano mette in evidenza il bisogno di mettere in ordine e trovare un senso a quel flusso inarginabile che scorre sotto.
Anche il dipinto Intrighi è ancora legato all’Astrattismo Geometrico dove le figure si limitano a essere linee spesse che rappresentano le trame ordite dal destino o semplicemente dalle persone che non riescono a essere limpide con se stesse e di conseguenza nemmeno con gli altri; ancora il rosso è il colore dominante, in questo caso rappresenta però la rabbia di chi è incapace di felicitarsi per i successi di qualcun altro, rappresentati dai cerchi neri che sembrano essere i passi compiuti, forzando così se stesso a elaborare un piano per determinarne l’insuccesso, la caduta, la mancata realizzazione di un percorso. Le linee color ocra, quelle degli intrighi, sono dunque dure, nette, invasive, quasi volessero cancellare ciò che di bello appartiene agli altri e che probabilmente, proprio a causa di quell’atteggiamento livoroso, non potrà mai essere raggiunto. Quando si confronta con la propria interiorità invece Roberta Baldassano abbandona la determinatezza della geometricità, che lascia solo come un sottobosco identitario attraverso cui sottolinea il suo equilibrio, e si apre all’emozione del sentire, del lasciare che il suo impulso vada verso l’esplosione positiva o delicata, sulla base di ciò che desidera esprimere di opera in opera, e aprendosi a una gamma cromatica più lieve, sfumata e leggera, come se la capacità di convivere con le profondità generasse in lei una serenità molto vicina alla felicità.
Ecco dunque che le pennellate divengono narrazione delle sensazioni, come nella tela The secret garden, dove l’esplosione del verde evoca la meraviglia provata dall’artista, o forse solo immaginata, davanti a un parco in cui ha potuto scoprire piante diverse da quelle conosciute, simili a quelle dei giardini esotici dei paesi più caldi o quelli, come il Giappone, dove la coltivazione di piante particolari appartiene al rituale culturale. Qui le pennellate sembrano imitare la rigogliosità delle foglie, quel verde tenero e avvolgente che profuma della rinascita stagionale e che non può fare a meno di attrarre l’attenzione di chi ha bisogno di ritrovare il contatto con una natura troppo spesso dimenticata nel grigio delle città.
La massima vivacità cromatica appartiene però alla tela Arcobaleno, dove Roberta Baldassano mostra tutta la sua positività, tutta la leggerezza che percepisce quando si trova avvolta dai colori di un evento atmosferico che da sempre fa sognare e sorridere, quasi costituisse un segno di rinascita, una rassicurazione che da quel momento in avanti tutto andrà bene.
Roberta Baldassano, che recentemente ha cominciato a studiare con il maestro Valerio Toninelli, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive in Italia e all’estero, il 22 Novembre 2024 parteciperà alla mostra collettiva internazionale Pigmenti presso il Museo Tuscolano delle Scuderie Aldobrandini di Frascati mentre il 7 Dicembre 2024, parteciperà al Premio d’Arte Internazionale Visioni presso il Tempio di Pomona di Salerno.
ROBERTA BALDASSANO-CONTATTI
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The alternation between emotional outflow and the need to contain it in Roberta Baldassano’s Informal Art
The moment an artist manages to get to the bottom of his feelings by accepting their different facets, sometimes even opposing ones, is generated the type of visual expression closest to his temperament, his approach to existence and his vision of everything that constitutes the ordinariness and at the same time the extraordinariness of life. From a pictorial point of view, this knowledge often manifests itself through the stylistic freedom of having no rules, precisely because sticking to pre-established schemes or dictates would mean renouncing part of that essence that instead needs to free itself and let go of that close and exclusive link between feeling and plastic gesture that is generated by the initial emotion.
The artist I am going to tell you about today shows in his canvases a dualism that belongs to his nature and that emerges spontaneously, and perhaps unconsciously, determining his style poised between two different interpretations of detachment from observed reality.
At the time when Abstractionism was born, all that seemed urgent and necessary was the rejection of traditional figuration in order to emphasise the autonomy of art with respect to any visual reference to which the eye was accustomed, and thus the renunciation of form, understood as the reproduction of the observed, was the only way to show how a narrative close to reality was not necessary to give life to a work of art. In fact, all of the avant-garde movements of the early 20th century had to counter the advent of photographic technology capable of reproducing real images at a much more affordable cost; thus Expressionism, Futurism, Cubism, Surrealism, all went in the direction of creating something that could not be reproduced on photographic film.
Wassily Kandinsky, the father of Abstract Art, introduced indefinite, dancing shapes and lines against backgrounds that were sometimes soft and strongly shaded, at others more intense, but the link with the emotion generated by listening to music was fundamental to all his painting. Immediately afterwards, however, came the extremes of Suprematism and Neoplasticism, who detached themselves from any kind of feeling or emotion of the author of the work by limiting the use of colour to primary tones only, while from a formal point of view everything had to fit into the geometricity of straight lines and rectangles or squares.
The rigidity of Kazimir Malevic‘s and Piet Mondrian‘s guidelines was, however, soon afterwards softened and overcome by the Italian schools of Geometric Abstractionism, where the colour range was greatly expanded, as were diagonals, the circle, and other geometric figures rejected by the styles that had preceded it.
The detachment from emotion was however limiting, because in fact the artists adhering to these movements were not able to converse with the observer in a total and involving manner, therefore, around the 1950s, arose in the United States an artistic movement that took the name of Abstract Expressionism, where expression represented precisely that spontaneous inner movement that could no longer be repressed and had, on the contrary, to constitute the main guideline for all artists who would adhere to it, and where Abstractionism had to come closer to Kandinsky‘s initial intention, that is, not to be able to stay within a defined geometric and chromatic scheme but to tune only to inner feeling.
Jackson Pollock, Mark Rothko and others initiated a new way of understanding art that found a parallel but equally personalised response in European Informal Art, of which Italy was one of the great protagonists with masters of the stature of Alberto Burri. The Tuscan artist Roberta Baldassano, after a course of studies as a fashion designer, has always exercised her creative aptitude in her work as an educator in kindergartens where she created murals related to the world of childhood; her more strictly pictorial path has instead led her towards Abstract Expressionism, conjugated and adapted to her deepest characteristics and thanks to which she reveals a dualism that belongs to her and that keeps her poised between the impulsive need to narrate her inner world and the more logical and rational attitude of making sense, or perhaps it would be better to say controlling irrationality through patterns that in some cases she needs to introduce into her canvases.
So she resorts to geometricity, tending towards Geometric Abstractionism in an attempt to make sense of what leaks out spontaneously, as if by eliminating the awareness of the mind everything escapes without the possibility of being grasped; this is why there is always a chromatic grid in her canvases, the interweaving constitutes that delimitation that prevents the soul from overflowing and letting itself to be overwhelmed. What is clear from each type of artwork is the ambivalence that for Roberta Baldassano belongs to life, the juxtaposition of energies that she also feels within herself and of which she needs to tell in order to urge the observer to follow the same path of self-analysis from which that functional balance is generated to achieve the evolution of the self. Order and Chaos is the canvas where the overlap between Abstract Expressionism and Geometric Abstractionism is most evident, because the geometric figures emerge to delimit the irrationality of chaos by containing its propulsive force, while in turn chaos does not allow itself to be contained and continues to flow underneath regardless of the effort of reason to keep it at bay. Even the chromatic range played on shades of black, red and white, reflects the impetuosity of that unpredictable dimension that belongs to life as much as to inner existence and that goes to determine the development of situations, it is for this reason that Roberta Baldassano emphasises the need to put in order and find a meaning to the inarginable flowing underneath.
The painting Intrighi is also still linked to Geometric Abstractionism where the figures are merely thick lines representing the plots hatched by destiny or simply by people who are unable to be clear with themselves and consequently not even with others; again, red is the dominant colour, but in this case it represents the anger of those who are incapable of being happy about someone else’s successes, represented by the black circles that seem to be the steps taken, thus forcing themselves to devise a plan to determine their failure, their fall, their failure to realise a path. The ochre-coloured lines, those of intrigue, are therefore hard, sharp, invasive, almost as if they wanted to erase what is beautiful that belongs to others and that probably, precisely because of that livorous attitude, can never be achieved. When confronted with her own interiority, on the other hand, Roberta Baldassano abandons the determinacy of geometricity, which she leaves behind only as an undergrowth of identity through which she emphasises her balance, and opens up to the emotion of feeling, of letting her impulse go towards a positive or delicate explosion, on the basis of what she wishes to express from work to work, and opening up to a lighter, shaded and softer range of colours, as if the ability to live with depths generated in her a serenity very close to happiness. Here, then, the brushstrokes become narratives of sensations, as in the canvas The secret garden, where the explosion of green evokes the wonder felt by the artist, or perhaps only imagined, in front of a park in which she was able to discover plants other than the ones she knew, similar to those found in the exotic gardens of warmer countries or those, like Japan, where the cultivation of particular plants belongs to the cultural ritual.
Here, the brushstrokes seem to imitate the lushness of the leaves, that soft, enveloping green that smells of seasonal rebirth and cannot help but attract the attention of those who need to rediscover contact with a nature too often forgotten in the grey of cities. The greatest chromatic vivacity, however, belongs to the canvas Rainbow, where Roberta Baldassano shows all her positivity, all the lightness she perceives when she finds herself enveloped in the colours of an atmospheric event that has always made people dream and smile, almost as if it were a sign of rebirth, a reassurance that from that moment on everything will be fine. Roberta Baldassano, who recently began studying with master Valerio Toninelli, has to her credit the participation in exhibitions in Italy and abroad. On 22 November 2024, she will take part in the international collective exhibition Pigmenti at the Scuderie Aldobrandini‘s Tuscolano Museum in Frascati, while on 7 December 2024, she will take part in the International Art Prize Visioni at the Temple of Pomona in Salerno.