A volte la necessità di comunicare il proprio pensiero, quei concetti che non riuscirebbero a essere espressi al di fuori della manifestazione artistica, conduce alcuni creativi a trovare un interregno che si trova esattamente nel mezzo tra un ermetismo che ha bisogno di essere approfondito e meditato dopo un’attenta analisi, e un’esigenza di chiarezza comunicativa dove ogni simbolo visivo assume un significato specifico all’interno del contesto in cui viene collocato. Il dualismo appena descritto appartiene alla poetica espressiva del protagonista di oggi il quale si muove tra una figurazione più definita e luminosa, pur nascondendo al suo interno concetti enigmatici e misteriosi tutti da interpretare, e un’altra più marcatamente esplicita dove le parole entrano a far parte della tela come se fossero imprescindibili per il pensiero che desidera esprimere.
Intorno al primo ventennio del Novecento l’arte subì una tale trasformazione rispetto al suo aspetto più tradizionale, da suscitare opposizione e a volte persino sdegno in tutto quel mondo accademico e culturale che faceva fatica a intravedere nei nuovi stili il vero futuro dell’espressione creativa; l’Espressionismo, il Cubismo e il Futurismo avevano rotto gli schemi precedenti inducendo gli artisti che aderirono a questi movimenti a dare una propria interpretazione della realtà sulla base delle linee guida di ciascuna corrente. E fu proprio all’interno di questa rivoluzione, dove l’osservato era messo completamente in discussione, scomposto e ricomposto sotto una forma differente e affine all’analisi dell’autore, che nacque in Svizzera il Dadaismo, dissacratorio e fortemente sarcastico sull’arte e il suo reale significato. Il rifiuto dei parametri estetici che avevano predominato il mondo accademico fino a poco prima, il forte approccio stravagante, umoristico e l’esigenza di libertà nel poter utilizzare qualsiasi tipo di materiale per produrre arte, o ciò che loro definivano anti-arte, li condussero a rivoluzionare il mondo espressivo gettando le basi a cui attinsero poco dopo i fondatori del Surrealismo. Tra le caratteristiche del Dadaismo vi fu anche quella di introdurre lettere, a volte scomposte altre invece unite a formare parole che erano messaggi forti e chiari sul punto di vista del singolo autore, forma irriverente e derisoria nei confronti di tutto il sistema arte ma anche della classe borghese accusata dal gruppo di essere stata la causa di fatto dello scoppio della prima guerra mondiale. L’esperienza demolitoria di questo movimento sfociò in un’analisi più indagatoria sull’animo umano e il suo subconscio, sulla fase onirica in cui la razionalità lascia spazio alle paure oppure semplicemente agli enigmi dell’esistenza, andando a generare opere decisamente più convenzionali dal punto di vista formale ma forse persino più sovversive da quello esplorativo e introspettivo. Il Surrealismo nella declinazione Metafisica di René Magritte, mantenne dunque in qualche modo l’approccio ironico del Dadaismo pur adottando la perfezione estetica per ingannare lo sguardo conducendolo all’interno di situazioni improbabili, riflessioni sul senso della vita e sull’osservazione della realtà guardando oltre i suoi schemi ma anche sul compito dell’arte di suscitare interrogativi. Il tema della contestazione e dell’utilizzo dell’ironia venne poi ripreso dai movimenti degli anni Sessanta e Settanta come la Pop Art e il Nouveau Réalisme, per poi giungere al Graffitismo degli anni Ottanta, dove i messaggi precedentemente veicolati dalle correnti dei ribelli dadaisti e surrelisti attraverso la tela, giunsero sui muri cittadini come dei veri e propri atti rivoluzionari e comunicativi. L’artista lombardo Luca Balottin, formatosi come autodidatta e forse per questo completamente libero da qualsiasi condizionamento o linea guida accademica, mostra una doppia anima pittorica, la prima più irriverente e soprattutto orientata a comunicare con estrema chiarezza, alla maniera del Dadaismo, le sue sensazioni ma soprattutto i pensieri con cui sostiene se stesso, il suo impulso crativo, quasi fossero concetti e simboli da tenere costantemente davanti a sé per raggiungere gli obiettivi che appartengono alla sua sfera dei desideri e alla determinazione necessaria per conseguire il risultato.
La seconda anima mostra invece un lato più spirituale, più attento all’ascolto di ciò che l’interiorità percepisce e poi reinterpreta, generando una versione del Surrealismo Metafisico che perde completamente l’ironia di Magritte ed entra nella sfera dell’enigma, dell’incomprensibile che però si veste di un abito tenue, come se la gradazione cromatica e quasi impalpabile in alcune tele fosse un modo per indurre l’osservatore a entrare in una dimensione familiare che solo in un secondo momento si rivela essere strana e disorientante, allo stesso modo in cui un prestigiatore trae in inganno lo sguardo che si illude di riuscire a comprendere il trucco di fatto indecifrabile in virtù della destrezza manuale.
Luca Balottin appare come un illusionista pittorico, avvolge talvolta i personaggi e i soggetti delle sue opere di una velatura simile alla nebbia, come se la coscienza dovesse rimanere nel limbo, nell’interregno tra il visibile e le possibilità che si nascondono sotto di esso, come se attraverso i messaggi visivi criptici dovesse essere compiuto uno sforzo di approfondimento pur non trovando riferimenti che possano in qualche modo aiutare nel processo di consapevolezza.
La mente vaga alla ricerca di uno spunto, di un segno esplicativo che possa in qualche modo suggerire il percorso da intraprendere, tuttavia l’artista evita volutamente di guidare l’approccio del fruitore sollecitando in tal modo il suo bisogno di andare a scoprire cosa vi sia dietro quella singolarità, quella bizzarria destabilizzante che lo conduce all’interno di un mondo estroso, eccentrico, strambo ma incredibilmente affascinante e in grado di spingere alla scoperta dell’enigma che lo pervade. Nella Collezione Rinascita, le cui opere sono contraddistinte semplicemente da un numero, emerge non solo la forte impronta metafisica della personalità pittorica di Luca Balottin, bensì anche l’attenzione a una spiritualità che si rivela solo in alcune tele, come se ancora una volta la sua anima si muovesse tra logica e intuizione, tra ragione e percezione che non si mescolano bensì rimangono le due facce della sua medaglia espressiva.
In Collezione rinascita n. 8 infatti l’atmosfera narrata riconduce al mistero di un mondo sottile che avvolge il protagonista, forse alter ego dell’artista stesso, e che sembra volergli mostrare la direzione per ottenere quel risveglio di cui l’uomo, e più in generale l’essere umano, ha bisogno; la nudità è dunque significativa perché è neessario spogliarsi delle convinzioni e dalle finte certezze precedenti per potersi aprire a un’inedita versione di sé. Il ruolo di guida evolutiva è affidato alla figura femminile, come se entrare in una dimensione differente da quella pragmatica della natura maschile, possa essere la chiave per effettuare la rinascita auspicata.
In Collezione rinascita n. 3 racconta invece dell’Africa, un mondo lontano e qui caratterizzato da un’intepretazione cromatica irreale, habitat naturale della giraffa protagonista della tela; la sensazione di trovarsi all’interno di una scena fiabesca predomina sulle proporzioni inconsuete, l’albero infatti è decisamente sottodimensionato rispetto all’animale, così come i colori infondono un aspetto morbido alla composizione, stimolando il fanciullo che dorme dentro ogni adulto a saltare dentro il dipinto per andare a scoprire il motivo della bizzarria di quella scena e cosa sia la voluta che esce dalla bocca della giraffa diffondendosi nel cielo giallo.
La giostra invece esce dagli schemi della serializzazione a cui appartengono le opere finora citate ed entra più deciamente nella dimensione del Surrealismo Metafisico perché l’immagine rappresentata è un non senso, il cavallo che è parte integrante della struttura trova davanti a sé un’altra giostra molto più piccola con una tettoia che non ha ragione di essere, trovandosi sotto il tetto principale; sembra evocare il gioco visivo delle scatole cinesi l’artista, o quello delle matrioske, sebbene qui il significato sia differente da quello del puro e semplice gioco. Infatti il richiamo è alla realtà contemporanea che nasconde sempre qualcosa di diverso rispetto al visibile, o forse al contrario è un invito a non fermarsi alla prima apparenza, bensì ad andare oltre per scoprire cos’altro vi sia sotto il velo della superficie; in entrambe le opzioni il risultato indicato da Balottin è ermetico, enigmatico e lascia aperte molteplici interpretazioni.
L’opera Coscienza appartiene invece al lato più Dadaista dell’artista, l’immagine al centro il cui capo è adornato con una corona rappresenta l’individuo, il sé che si circonda di parole funzionali a non dimenticare il percorso compiuto fino a quel momento e a procedere verso gli obiettivi e i sogni ancora da raggiungere, come se la tela stessa fosse un monito a ricordare da dove si è partiti e dove è possibile arrivare rimanendo centrati sulla propria natura, determinazione e sull’obiettivo; anche in questo caso l’autore potrebbe parlare di se stesso tanto quanto di qualsiasi persona che abbia bisogno di intraprendere un percorso di consapevolezza e di evoluzione, perché le parole incise appartengono alla natura umana, segnano il cammino della vita. Luca Balottin ha al suo attivo la partecipazione a numerose collettive, tra cui quelle degli artisti Sirmionesi e nel mantovano, e una mostra personale presso una galleria di Castel Goffredo.
LUCA BALOTTIN-CONTATTI
Email: luca.balottin@gmail.com
Sito web: https://sites.google.com/view/bal-officine-dell-arte
Instagram: www.instagram.com/bal_officinedellarte/
Sometimes the necessity to communicate one’s thoughts, those concepts that would not be able to be expressed outside of artistic manifestation, leads some creatives to find an interregnum that lies exactly in the middle between a hermeticism that needs to be deepened and meditated upon after careful analysis, and an exigency for communicative clarity where each visual symbol takes on a specific meaning within the context in which it is placed. The dualism just described belongs to the expressive poetics of today’s protagonist, who moves between a more defined and luminous figuration, although hiding within it enigmatic and mysterious concepts all to be interpreted, and another more markedly explicit one where words become part of the canvas as if they were essential to the thought he wishes to express.
Around the first two decades of the twentieth century, art underwent such a transformation from its more traditional aspect that it aroused opposition and at times even disdain in the entire academic and cultural world that struggled to glimpse the real future of creative expression in the new styles; Expressionism, Cubism and Futurism had broken the previous mould by inducing the artists who adhered to these movements to give their own interpretation of the reality based on the guidelines of each current. And it was within this revolution, where the observed was completely questioned, broken down and recomposed under a different form akin to the author’s analysis, that was born in Switzerland the Dadaism, desecrating and strongly sarcastic about art and its real meaning.
The rejection of the aesthetic parameters that had dominated the academic world until shortly before, the strong extravagant, humorous approach and the need for freedom in being able to use any kind of material to produce art, or what they defined as anti-art, led them to revolutionise the world of expression, laying the foundations on which the founders of Surrealism drew shortly afterwards. One of the characteristics of Dadaism was the introduction of letters, sometimes disjointed, other times linked together to form words that were strong and clear messages about the individual author’s point of view, an irreverent and derisive form against the entire art system but also against the bourgeois class accused by the group of being the de facto cause of the outbreak of the First World War.
The demolition experience of this movement resulted in a more investigative analysis of the human soul and its subconscious, of the dreamlike phase in which rationality gives way to fears or simply to the enigmas of existence, generating artworks that are decidedly more conventional from a formal point of view but perhaps even more subversive from an exploratory and introspective one. Surrealism, in the Metaphysical declension of René Magritte, thus maintained to some extent the ironic approach of Dadaism while adopting aesthetic perfection to deceive the eye by leading it into improbable situations, reflections on the meaning of life and the observation of reality by looking beyond its schemes, but also on the task of art to provoke questions.
The theme of contestation and the use of irony was then taken up by the movements of the 1960s and 1970s such as Pop Art and Nouveau Réalisme, leading to the Graffitism of the 1980s, where the messages previously conveyed by the currents of Dadaist and Surrealist rebels through the canvas arrived on city walls as true revolutionary and communicative acts. The Lombard artist Luca Balottin, trained as a self-taught artist and perhaps for this reason completely free of any conditioning or academic guidelines, shows a double pictorial soul, the first more irreverent and above all oriented towards communicating with extreme clarity, in the manner of Dadaism, his sensations but above all the thoughts with which he sustains himself, his creative impulse, almost as if they were concepts and symbols to be kept constantly before him in order to achieve the goals that belong to his sphere of desires and the determination needed to achieve them.
The second soul, on the other hand, shows a more spiritual side, more attentive to listening to what the inner self perceives and then reinterprets, generating a version of Metaphysical Surrealism that completely loses Magritte‘s irony and enters the sphere of the enigma, of the incomprehensible, which, however, is dressed in a tenuous garment, as if the chromatic and almost impalpable gradation in some canvases were a way of inducing the observer to enter a familiar dimension that only later turns out to be strange and disorienting, in the same way that a conjurer deceives the eye that is deluded into understanding the trick that is in fact indecipherable by virtue of manual dexterity. Luca Balottin appears as a pictorial illusionist, sometimes enveloping the characters and subjects of his paintings in a veil similar to fog, as if consciousness should remain in limbo, in the interregnum between the visible and the possibilities that lie hidden beneath it, as if through the cryptic visual messages should be made an effort should to delve deeper even though there are no references that can in any way help in the process of awareness. The mind wanders in search of a cue, of an explanatory sign that might in some way suggest the path to take, yet the artist deliberately avoids guiding the viewer’s approach, thus soliciting his need to go and discover what is behind that singularity, that destabilising oddity that leads him into a whimsical, eccentric, strange but incredibly fascinating world that is able to drive to the discovery of the enigma that pervades it.
In the Collezione Rinascita (Rebirth Collection), whose works are marked simply by a number, there emerges not only the strong metaphysical imprint of Luca Balottin‘s pictorial personality, but also the focus on a spirituality that is only revealed in certain canvases, as if once again his soul were moving between logic and intuition, between reason and perception, that do not mix but remain the two sides of his expressive coin. In Collezione Rinascita n. 8 (Rebirth Collection No. 8), in fact, the narrated atmosphere takes back to the mystery of a subtle world that envelops the protagonist, perhaps the artist’s alter ego, and that seems to want to show him the direction to obtain that reawakening that man, and more generally the human being, needs; nudity is therefore significant because it is necessary to strip oneself of previous convictions and false certainties in order to open up to a new version of oneself. The role of evolutionary guide is entrusted to the female figure, as if entering a different dimension from the pragmatic male nature could be the key to the desired rebirth.
In Collezione Rinascita n. 2 (Rebirth Collection no. 3) instead, he tells of Africa, a distant world and here characterised by an unreal chromatic interpretation, the natural habitat of the giraffe protagonist of the canvas; the sensation of being inside a fairy-tale scene predominates over the unusual proportions, the tree is in fact decidedly undersized compared to the animal, just as the colours infuse a soft aspect to the composition, stimulating the child who sleeps inside every adult to jump inside the painting to go and discover the reason for the bizarre nature of that scene and what is the volute that comes out of the giraffe’s mouth, spreading across the yellow sky. La giostra (The merry-go-round), on the other hand, breaks out of the patterns of serialisation to which the works mentioned so far belong and enters more decisively into the dimension of Metaphysical Surrealism because the image represented is a non-sense, the horse that is an integral part of the structure finds another much smaller merry-go-round in front of it with a canopy that has no reason to be, as it is under the main roof; the artist seems to evoke the visual game of Chinese boxes, or that of matryoshkas, although here the meaning is different from that of pure and simple play.
In fact, the reference is to contemporary reality, which always hides something different from what is visible, or perhaps on the contrary it is an invitation not to stop at the first appearance, but to go beyond it to discover what else lies beneath the veil of the surface; in both options, the result indicated by Balottin is hermetic, enigmatic and leaves open multiple interpretations. The painting Coscienza (Conscience) belongs instead to the more Dadaist side of the artist; the image in the centre whose head is adorned with a crown represents the individual, the self that surrounds itself with words that serve not to forget the path taken so far and to proceed towards the goals and dreams yet to be achieved, as if the canvas itself were a reminder of where one has started from and where one can arrive by remaining centred on one’s own nature, determination and objective; also in this case the author could talk about himself as much as about any person who needs to embark on a path of awareness and evolution, because engraved words belong to human nature, they mark the path of life. Luca Balottin has to his credit the participation in numerous group exhibitions, including those of artists from Sirmione and in the Mantua area, and a personal exhibition at a gallery in Castel Goffredo.
L'Opinionista® © 2008-2024 Giornale Online
Testata Reg. Trib. di Pescara n.08/08 dell'11/04/08 - Iscrizione al ROC n°17982 del 17/02/2009 - p.iva 01873660680
Pubblicità e servizi - Collaborazioni - Contatti - Redazione - Network -
Notizie del giorno -
Partners - App - RSS - Privacy Policy - Cookie Policy
SOCIAL: Facebook - Twitter - Instagram - LinkedIN - Youtube