Si teme che l’epidemia si estenda, con pesanti conseguenze sul fronte economico: l’export di prodotti della suinicoltura è già calato notevolmente a causa della malattia virale
GENOVA ‒ A causa delle temperature basse aumentano i casi di peste suina africana tra i cinghiali nella zona rossa di Piemonte e Liguria. L’area interessata da questa malattia a elevata contagiosità che colpisce i suini causandone spesso la morte è quella compresa nelle province di Alessandria, Genova e Savona.
In questa parte del nord Italia l’emergenza della peste suina è esplosa a fine 2021. Ma nei giorni di freddo polare che il nostro Paese sta attraversando la situazione rischia di precipitare: il commissario straordinario Angelo Ferrari spiega infatti che “le condizioni sono ideali perché si diffondano i contagi, e la malattia si sta spostando verso il Cuneese, ricca di allevamenti suini”.
Il virus non può essere trasmesso all’uomo, che però può veicolarlo indirettamente attraverso gli oggetti. E le conseguenze sono essenzialmente di natura economica: “Con questo virus non si può convivere, va eradicato. Già oggi costa alla suinicoltura italiana 20 milioni al mese di export mancato, se arrivasse tra i maiali si perderebbero punti di Pil. Oltre a recinzioni e rigore nei controlli, servono molti più soldi”.
I casi registrati sono in totale 269, di cui 176 nell’Alessandrino e 93 tra le province di Genova e Savona.
Un’altra regione italiana fortemente colpita dal fenomeno è il Lazio, ma al momento la situazione sembra essere sotto controllo: l’area coinvolta è più limitata e l’ultimo caso di peste suina si è verificato a settembre.
Nelle zone infette è attivo da molti mesi un piano di depopolamento dei cinghiali: finora i capi abbattuti sono 1288 in Piemonte e 1151 in Liguria.