Avvelenamenti agli animali, un fenomeno criminale non ancora arginato

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bocconi e polpette avvelenateAppello della Lega Nazionale per la difesa del cane per una maggiore sensibilizzazione al problema

MILANO – Sul tema degli avvelenamenti agli animali è intervenuta la Lega Nazionale per la difesa del cane. Di seguito la nota diffusa.

Decine di casi ogni settimana accomunano tutta l’Italia, da nord a sud. Dalla semplice crudeltà alla rivalità tra cacciatori/tartufai, dalla vendetta per le deiezioni sui marciapiedi al fastidio dell’abbaio: i motivi sono molteplici ma nessuno può essere valido per compiere un gesto così infame e subdolo.

Ogni giorno le cronache parlano di avvelenamenti di animali, in particolare cani e gatti. L’ultimo caso balzato alle cronache racconta del cane di una bambina disabile, che per lei era un compagno di giochi, un fratello, un sostegno. Questo si è verificato in provincia di Frosinone, ma è tutt’altro che un caso isolato. Solo negli ultimi mesi sono stati vittima di avvelenamento decine di animali: da quelli morti in provincia di Varese ai randagi che stazionavano nella valle dei templi di Agrigento, dai tanti cani padronali e non uccisi ad Alanno (PE) agli oltre trenta casi denunciati a Perugia.

cane avvelenatoUn fenomeno criminale e incivile che non accenna a diminuire, come mostrano i dati diffusi dal Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle regioni Lazio e Toscana. Dati che comunque non sono sempre indicativi della reale situazione sul territorio perché – per ignoranza, lassismo o mancanza di sensibilità – in molte regioni spesso i casi di avvelenamento non vengono nemmeno segnalati e investigati come richiede la legge.

La normativa di riferimento per questi casi è l’Ordinanza Ministeriale del 10 febbraio 2012 – prorogata di anno in anno e attualmente in attesa di essere prorogata per il 2016 – che prevede una serie di obblighi: il proprietario di un animale avvelenato deve segnalare il caso alle autorità tramite il veterinario che verifica il sospetto avvelenamento; allo stesso tempo, il veterinario ha l’obbligo di segnalare il caso al Sindaco e al Servizio Veterinario della ASL e deve inviare la carcassa all’IZS competente; quest’ultimo esegue la necroscopia ed effettua gli esami tossicologici; in caso di conferma di sospetto avvelenamento, l’IZS lo comunica al Sindaco, alla Procura e alla ASL; il Sindaco deve immediatamente provvedere alla bonifica dell’area in cui sono stati rinvenuti i bocconi avvelenati, apporre cartelli indicanti il pericolo, intensificare i controlli e aprire un’indagine.

Gatto avvelenatoQuando tutti fanno la loro parte, è possibile perfino individuare il responsabile. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Erika Ciarrocca, fino a qualche mese fa in forze presso la sede di Grosseto del suddetto Centro di Referenza Nazionale per la Medicina Forense Veterinaria, che ci ha raccontato un caso di successo particolarmente emblematico:

“Un cittadino ha denunciato la morte per sospetto avvelenamento di diversi cani di sua proprietà, tra cui alcuni cuccioli. Gli esami tossicologici hanno permesso di accertare che i cani erano effettivamente morti per aver ingerito delle esche contenenti stricnina. A questo punto era necessario cercare di risalire al responsabile attraverso altri accertamenti di laboratorio. L’esame necroscopico aveva evidenziato che il contenuto gastrico degli animali era costituito da interiora di agnello e quindi si è deciso di confrontare il Dna della sospetta esca con il DNA degli allevamenti ovini presenti nei dintorni. Autorizzati dal magistrato, in collaborazione con la Polizia Provinciale ed il Corpo Forestale dello Stato, che hanno eseguito anche le necessarie perquisizioni in tutte le pertinenze dei sospettati, sono stati eseguiti tamponi salivari a tutti gli arieti e un campione rappresentativo di pecore degli allevamenti. Estratto il DNA dai tamponi salivari è stato confrontato con quello estratto dalle esche avvelenate che avevano ucciso i cani e si è individuato l’allevamento da cui erano state preparate le esche. Il proprietario è stato rinviato a giudizio e il processo è attualmente in corso. Il risultato più importante è stato che negli anni successivi non si sono registrati nell’area altri casi di avvelenamento”.

Purtroppo però le cose non vanno sempre così. Spesso, infatti, i proprietari di animali vittime di avvelenamento evitano di segnalare la cosa per ignoranza o anche per paura della sanzione amministrativa prevista se il cane non è iscritto all’anagrafe canina e molti Sindaci sottovalutano i propri obblighi di legge e la pericolosità del fenomeno, evitando di attuare tutte le misure previste a tutela degli animali e delle persone. Infatti alcune esche, sia per la modalità di confezionamento, per esempio se vengono utilizzati dolci o insaccati , sia per i luoghi dove vengono depositate, per esempio parchi pubblici, possono essere manipolate e ingerite anche da bambini; come in un caso riportato in un parco pubblico romano. Gli stessi IZS spesso non sono e non vengono messi in grado di operare con la stessa efficacia del suddetto Centro di Referenza Nazionale.

LNDC chiede quindi la collaborazione di tutte le figure coinvolte per dare giustizia alle povere vittime di questo ignobile e subdolo crimine, a partire dai proprietari fino ai veterinari e ai Sindaci che, ricordiamo, sono a tutti gli effetti la massima autorità sanitaria del Comune di appartenenza e quindi responsabili di prevenire e rimediare tempestivamente agli atti di questo genere.

Infine, LNDC ricorda che la predetta Ordinanza Ministeriale è attualmente in scadenza e confida che il Ministero della Salute provveda al più presto alla sua proroga per evitare di avere un vuoto normativo su un aspetto così importante per la salute degli animali e delle persone.