MILANO – «L’assioma che nessuna azienda è in grado di garantire il posto di lavoro e che solo il cliente lo può fare è sempre più vero, specie in questi anni di crisi economica e di riduzione dei consumi». Gianluca Tesolin (foto), amministratore delegato di Bofrost Italia, inquadra così la sofferta ma necessaria decisione di ridurre le risorse dedicate al proprio call center, che ha portato Overtel, azienda che gestisce il call center di Bofrost, ad annunciare 30 esuberi tra i 115 dipendenti del sito di San Vito al Tagliamento ed altri 40 negli altri siti italiani, come riportato oggi dal Messaggero Veneto.
«Negli anni abbiamo fatto investimenti in formazione, in tutela e in qualità del lavoro delle nostre operatrici del call center, tutte dipendenti, e questo ci è riconosciuto anche dai sindacati. Ma nonostante l’impegno e tutti gli sforzi fatti in questi anni per tenere alto il modello di business della vendita al telefono, la realtà è che le vendite tramite call center stanno da tempo segnando il passo – riprende Tesolin – Già a settembre scorso, annunciando i dati della semestrale 2016, spiegavamo come nei primi sei mesi dell’anno abbiamo registrato nel comparto un calo del 5,1%, pari a 1,5 milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente. E questo a fronte della crescita della vendita tradizionale, ossia quella fatta porta a porta dai venditori ai clienti, dove le assunzioni sono continue, e che nel primo semestre 2016 ha costituito oltre il 76% del fatturato (88.870.000 euro), registrando una crescita del 6.5% (pari a 5,4 milioni di euro) rispetto al 2015. Nel secondo semestre dell’anno il trend non si è invertito e, pur in assenza del dato annuale, sappiamo che a fronte di una crescita complessiva dell’azienda di circa il 2%, la perdita nella telefonia si aggira sui 4 milioni di euro (pari al -6,3%), aumentando ulteriormente il divario con il settore di vendite tradizionali».
Scelta obbligata, dunque, quella di Bofrost, di ridurre il comparto che viene fortemente penalizzato dai clienti e dal mercato. «Siamo nati tradizionalmente suonando il campanello nelle case, ma l’altra strada che abbiamo seguito negli ultimi 10 anni è stata quella delle telefonate – spiega Edoardo Roncadin, presidente di Bofrost Italia e amministratore delegato di Bofrost Europa – Dieci anni fa funzionava bene, perché c’eravamo solo noi a seguire questa strada. Poi hanno cominciato a farlo tutti e il legislatore ha messo le barriere, aumentando la stretta sulla privacy telefonica. Oggi in Europa non si può telefonare senza il consenso del cliente. Per questo Bofrost sta soffrendo l’importante perdita di performance nella telefonia che ci obbliga a scelte dolorose ma necessarie per l’azienda».
«Di più – riprende Tesolin – La flessione sul fronte delle vendite telefoniche è un fenomeno evidente già da un paio d’anni e che riflette un cambiamento della società: il telefono fisso viene usato sempre di meno e quindi la ricerca di nuovi clienti diventa sempre più difficile. Inoltre il numero delle telefonate che arrivano dai vari call center è aumentato in modo significativo creando disagio ai potenziali nuovi clienti che rifiutano la chiamata a priori senza sapere neppure chi li sta chiamando, pur magari essendo interessati ad acquistare le specialità surgelate di Bofrost. Per contro, la vendita diretta a domicilio continua a piacere sempre di più: per il cliente il passaggio del venditore Bofrost diventa un’abitudine e una ritualità che è molto apprezzata. Il nostro punto di forza, assieme alla qualità dei prodotti, è proprio la cura del servizio, con la comodità della consegna a casa».