ROMA – Grande successo a teatro per “Il borghese gentiluomo” con Emilio Solfrizzi, un classico di tutti i tempi. L’intreccio diretto da Armando Pugliese punta a cogliere il lato più poetico e commovente del testo. La trama è lineare e semplice: un ricco borghese, il signor Jourdain, sogna di diventare nobile, tra persone prive di autentiche qualità come adulatori e scrocconi, che lo raggirano e assecondano la sua follia, pur di ottenerne un guadagno. È circondato dal maestro di musica, di ballo, di scherma, di filosofia.
La trama si arricchisce delle rivalità tra i diversi maestri che scroccano denaro a Jourdain e ciascuno di loro ritiene e predica che la propria arte, la propria scienza, è il fondamento primo dell’esser un gentiluomo. A questi si contrappone la moglie, donna estremamente pratica e razionale che cerca di farlo rinsavire. Alla coppia dei Jourdain se ne aggiunge una secondaria, i rispettivi servitori dei due coniugi: la servetta Nicoletta, simpatica e coraggiosa, e Coviello, innamorati tra di loro.
Ne nasce una farsa, chiassosa e colorata, tipica del teatro comico, quella del Gran Turco. Coviello, vestito da turco e parlando un turco maccheronico, si presenta a Jourdain e gli fa credere che il figlio del Gran Turco, di lignaggio reale, è qui per sposare Lucilla, la figlia di Jourdain. Jourdain, lusingato dalle promesse di nobiltà, cade nel tranello e ne nasce un fragoroso balletto-farsa.
Di fronte all’ennesimo rifiuto del ‘borghese’ di dare in sposa sua figlia al non nobile ragazzo che ama, tutti d’accordo gli giocano la beffa finale e anche la moglie che, pur criticandolo aspramente lo ha sempre protetto, gli si schiera contro lasciandolo definitivamente solo nella sua folle utopia. Al termine della vicenda Jourdain continuerà a sognare tutto quello che non potrà mai avere, come succede ai grandi personaggi comici del teatro di Molière.
Come l’Avaro, come il Malato immaginario, come l’ipocrita Tartufo, anche questo borghese che sogna di diventare un gentiluomo è, nella cultura letteraria europea, un archetipo: è il modello esemplare e imprescindibile del nuovo ricco, dell’arrampicatore sociale, dell’ambizioso che pretende di comprare col denaro quei meriti e quei titoli che non avrà mai.
Completano il cast dello spettacolo – prodotto da Roberto Toni per ErreTiTeatro30 – Viviana Altieri, Giovanni Argante, Anita Bartolucci, Fabrizio Contri, Nico Di Crescenzo, Cristiano Dessì, Lisa Galantini, Lydia Giordano, Elisabetta Mandalari, Roberto Turchetta. La traduzione e l’adattamento del testo è a cura di Annarosa Pedol, la scena di Andrea Taddei, i costumi di Sandra Cardini, le musiche di Antonio Sinagra e le luci di Gaetano La Mela.