Call center, la finestra delle aziende sul modo dei consumatori. Che si tratti d’informazioni o proteste, il call center è l’anello chiave del Customer services relationship, secondo i guru del management fattore strategico del marketing. Eppure, nonostante il delicato la crescita ruolo degli addetti a questo servizio, i call center sono considerati ancora oggi l’emblema del lavoro precario di basso livello. Secondo le stime del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Ministero del Lavoro, nel 2011 il 65,4% degli assunti in questo campo sono a tempo determinato. Non solo: il 44,7% è part-time, verosimilmente spesso si tratta di contratti a termine e per un orario ridotto.
Gli addetti ai call center vanno e vengono. C’è un turnover molto ma molto alto che spesso non permette la capitalizzazione d’esperienze. Ma che si spiega col fatto che nel 30.2% dei casi non è richiesta alcuna esperienza. Una sorta di “usa e getta” per risparmiare sui costi. Unico expertise: la conoscenza di sistemi informatici. La crescita tumultuosa di questi servizi ha portato diverse società a estenalizzarli. Ma ora si assiste a una marcia indietro.
In Italia, dopo alcuni scandali e fallimenti di società che avevano conquistato quote rilevanti di questo mercato in out-souring, si è ripensato alle metodologie. Le regole sono cambiate: non più minuti o addirittura secondi per sbrigare pratiche “imprevedibili”. Ora si cura sia la voce che la qualità del servizio. Mai continua a cercare di risparmiare. Portando all’estero il servizio dove la manodopera costa di meno: oggi è di “moda” l’Est Europa, dove a fare questo lavoro sono molti laureati.
Il trend, tuttavia, oggi è un altro: “Una sostituzione molto forte di servizi a voce con i servizi online”, racconta Paolo Pasini, docente di sistemi informativi alla School of Management della Sda Bocconi.
Spiega Pasini: “Il numero verde non si spegnerà mai, ma le chiamate ai call center stanno diminuendo e si investe su servizi virtuali molto strutturati, anche nelle telecomunicazioni e nelle banche”.
Con il boom dei tablet e smartphone la nuova frontiera sono i servizi in mobilità, che aprono nuovi sbocchi di business alle società di Information Techology e sul quale si sono lanciati tutti, a partire dai big come Ibm e Hp.