Caso Zaki: altri 45 giorni di carcere per lo studente egiziano

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IL CAIRO – La custodia cautelare in carcere in Egitto di Patrick Zaki è stata prolungata di 45 giorni. Lo ha riferito all’Ansa una sua legale, Hoda Nasrallah, confermando indiscrezioni circolate ieri. È questo l’esito dell’ultima udienza, svoltasi lunedì primo febbraio sulla custodia cautelare dello studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto dal 7 febbraio dell’anno scorso con l’accusa di propaganda sovversiva. Un’ulteriore proroga che, secondo Amnesty International, dimostra come in Egitto i diritti dell’indagato “valgano meno di zero”. Patrick passerà almeno un altro mese e mezzo nel complesso carcerario cairota di Tora.

“Alla fine c’è la conferma di quello che già si sapeva ieri – dice all’Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia – perché un giudice aveva pensato bene di avvisare la stampa egiziana prima dell’avvocata” di Patrick Zaki, ma “ora è ufficiale: 45 giorni di detenzione, così Patrick entra nel secondo anno di detenzione. Però nel secondo anno entra anche la campagna di Amnesty International, dell’Università e del Comune di Bologna, di tante altre università ed enti locali, di giornalisti, per ottenere quel risultato che otterremo prima o poi, cioè la scarcerazione di Patrick”.

La Procura generale insomma conferma la volontà di applicare la draconiana legge egiziana che consente fino a due anni di custodia cautelare: “I motivi della sua incarcerazione permangono sempre” e “le indagini proseguono ancora”. Tutto ciò, ha ricordato ieri la Farnesina, malgrado grazie a un’iniziativa italiana il caso giudiziario di Patrick sia “l’unico che viene costantemente monitorato da un gruppo di Paesi stranieri” (all’udienza oltre a un diplomatico italiano, erano presenti rappresentanti di Danimarca e Usa).

Ancora negli ultimi giorni il ministero degli Esteri, attraverso l’ambasciata italiana al Cairo, ha continuato a “sensibilizzare” le autorità egiziane “al fine di favorire la pronta scarcerazione” dello studente 29enne. “Siamo in una situazione paradossale in cui giudici, procuratori e altri esponenti della magistratura egiziana comunicano l’esito” dell’udienza “a tutti meno che all’avvocata”, ha denunciato all’Ansa Noury. Questa vicenda dimostra “ancora una volta che in Egitto le procedure, i diritti, il rispetto per la dignità dei detenuti valgono meno di zero”, ha aggiunto.