“Tra i 10 brani dell’album ho scelto come singolo ‘Chicks and Wine’ poiché ben rappresenta il sound sferragliante della mia chitarra utilizzata in tutto il disco e il tipo di storie di vita che racconto nelle mie canzoni”
Esce in radio “Chicks and Wine”, il brano più rappresentativo del cantante e chitarrista bresciano Cek Franceschetti, contenuto nel nuovo album ‘Sarneghera Stomp’ disponibile in formato fisico CD, vinile 33 giri e distribuito su tutte le piattaforme digitali.
È stata un’estate fitta di concerti per Cek Franceschetti, durante la quale tra live club e prestigiosi festival ha presentato al suo pubblico il nuovo album ‘Sarneghera Stomp’. Tra questi ricordiamo: Pistoia Blues Festival, Deltablues Festival, Castelfranco Blues Festival, San Severino Blues Festival, Aglientu Summer Festival e Collebeato Blues Festival.
Cek Franceschetti è un musicista, da sempre on the road, con una valigia piena di umori blues, folk e rock, ben assimilati durante i viaggi negli Stati Uniti, la sua patria musicale. È un bluesman con un percorso artistico di valore che proietta nelle sue composizioni e interpretazioni sempre abrasive, spiazzanti e convincenti.
Cek Franceschetti ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Chicks and Wine” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?
Questa canzone parla senza senza filtri del bisogno di cercare e spesso trovare emozioni nella bellezza delle donne (chicks) e nell’ebbrezza del vino (wine). Si suol dire che chi suona, oltre che per la musica, lo fa anche per attirare l’attenzione di qualche bella donna. A volte il gioco inizia e finisce in un desolato parcheggio dopo un concerto in qualche club di provincia. Penso che l’amore sia un dono che ci viene offerto dal destino, dal cielo, come un frutto maturo che cade dalla pianta, e tocca a noi decidere se raccoglierlo e cibarsene. Faccio una vita girovaga, al centro dell’attenzione su di un palco a suonare e quando finisce lo spettacolo, avverto un senso di solitudine e necessità di compagnia.
Cosa vuoi trasmettere con questo brano?
La canzone è nata come uno sfogo. E’ come se fossi in fuga, inseguito dai cani. Fuggo da me stesso probabilmente, da una vita tranquilla fatta di rapporti stabili, famiglia, un lavoro che dà un poco di tranquillità economica. Qui urlo a me stesso di avere il coraggio di accettarmi per quello che sono e di prendermi delle responsabilità.
Il singolo è contenuto nell’album “Sarneghera Stomp”, come si compone?
L’album è composto da 10 canzoni, di cui due sono cover reinterpretate,”I Don’t Live Today” di Jimi Hendrix e “Maybe Tomorrow” degli Stereophonics”. E’ un disco acustico, il suono protagonista che accompagna la voce, è la mia chitarra resofonica National. Si apre con “Moanin’ Rain”, ”Home Lake Blues”, “Tiny Teaspoon” e “Chicks And Wine”, un quartetto di mie canzoni dal sapore chiaramente country-blues, quello che si è originato nelle acque torbide del delta del Mississippi. Il lato A si chiude con “Lady Lake” una ballata ispirata dalla magia di una donna misteriosa che mi fece un incantesimo. A giochi fatti mi è risultata una canzone quasi romantica che forse ricorda certe atmosfere folk psichedeliche dei Led Zeppelin acustici. Il lato B del disco torna nel delta blues più esplicito con “Horny Dog” e “Breakin’ Deal”. Seguono le due cover “I Don’t Live Today” e “Maybe Tomorrow”. Il disco si chiude infine con “Nothin’ At All” forse la canzone dove mi metto più a nudo. A volte mi sento un cowboy errante e solitario che deve fare i conti con i suoi demoni. Nel disco ci sono degli ospiti di grande spessore che hanno dato un contributo efficace ad alcune canzoni: Andy J Forest (armonica), Roberto Luti (chitarra elettrica), Luca Manenti (chitarra acustica). L’album è uscito in formato CD e vinile.
Sei un musicista on the road, come nasce questa tua vocazione?
Nasce fin da bambino quando andavo alle sagre per sentire le orchestrine suonare. Verso i 15 anni iniziavo a fare autosop, prendere treni, per andare ai concerti nei numerosi locali e festivals che c’erano. Negli anni ‘90 suonavo già parecchio nella mia provincia e frequentavo la scena musicale. Ma forse la passioine per la strada è iniziata quando ho cominciato a frequentare il circuito dei blues festivals. Ricordo la magia del mio primo Pistoia Blues Festival dove vidi gente come Albert Collins, James Cotton, Rory Gallagher e altri miei idoli. Oppure fondamentali furono le mie frequentazioni del Nave Blues Festival, dove vidi fra i tantissimi, Otis Rush, Jimmy Dawkins, John Mooney, Kent Duchaine, John Mayall e molti altri. Insomma più me ne giravo per sentire concerti e più aumentava dentro me il desiderio di percorrere quella lunga strada. Tanti anni di infinita “gavetta” e ora mi ritrovo a suonare proprio su quei palchi che da ragazzino sognavo.