“Mi sembrava giusto dire che l’unica speranza ora è ricominciare da capo, metterci in gioco per un’altra avventura, trasformare le difficoltà in nuove possibilità, restituire al passato ciò che è del passato e dare al presente la forza e il coraggio del futuro”
Dal 16 luglio è disponibile in rotazione radiofonica “Che peccato”, secondo singolo di Matteo Maione presente su tutte le piattaforme di streaming dal 9 luglio. Troppo spesso ci capita di non poter “sentire”, di sprecare il nostro tempo senza ascoltare o capire l’essenza del tutto; rimaniamo dunque muti come pesci, rimpiangendo dentro di noi ciò che avremmo potuto fare, incapaci di dare un senso al nostro presente ma anche al ricordo di ciò che è stato. Gridiamo, ma alla fine nessuno ci ascolta: questo è il cuore pulsante di “Che peccato”, nuovo singolo di Matteo Maione.
Matteo Maione ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Che peccato” è il tuo nuovo brano, di che cosa si tratta?
E’ un brano nel quale parlo delle difficoltà che spesso incontriamo quando cerchiamo di realizzare i nostri desideri più profondi ma, allo stesso tempo, anche della volontà di superamento di quella paura, rabbia e impotenza che spesso sono esse stesse causa di questa “eterna” delusione. Troppo spesso nella frenesia delle nostre vite ci troviamo a non avere o a non dedicare tempo alle cose che veramente ci interessano, che ci fanno sentire bene o che, addirittura, ci elevano spiritualmente. Basterebbe invece così poco per trovare quei momenti in cui poter riflettere veramente su quello che sta accadendo nella nostra esistenza, che sia bello o brutto; e allora ascoltare il fruscio del vento, il suono ipnotico e ancestrale del mare, la potenza di un tuono in lontananza, potrebbero aiutarci a entrare meglio in sintonia con un mondo che è sempre alla nostra portata.
Cosa vuoi trasmettere con questo lavoro?
Continuare sempre a cercare fuori e dentro di noi una forza e un coraggio che ci consentano di affrontare il mistero della vita, attraverso le nostre capacità, spirituali, artistiche, umane. La mela a cui si fa riferimento nella canzone non è dunque solo il simbolo del peccato originale e la perdita della nostra innocenza, ma anche l’emblema per riconquistare finalmente quella purezza primordiale e quella pace dei sensi che è nascosta dentro ognuno di noi.
Che tipo di accoglienza ti aspetti?
Mi aspetto che chi ascolti il brano si senta scosso nelle proprie certezze ma allo stesso tempo stimolato nel ricominciare da capo, nel mettersi in gioco per un’altra avventura, nel trasformare le vecchie difficoltà in nuove possibilità, restituendo al passato ciò che è del passato e dando al presente la forza e il coraggio del futuro.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
La musica mi ha accompagnato durante tutta la mia vita, fin da bambino, quando, suonando il pianoforte, ho capito che avrei potuto esprimere le sensazioni e gli stati d’animo più profondi e nascosti. In seguito c’è stato l’amore per il cinema e la voglia di creare melodie che potessero essere un connubio armonico con le immagini. Poi qualche anno fa ho sentito l’esigenza di raccontare le esperienze di una vita, trasformando l’esistenza stessa in una grande colonna sonora, in cui la musica fosse il cuore e le parole il racconto lucido di un presente senza tempo. Allo stesso tempo credo che bisogna sempre rischiare per le cose che ci interessano veramente, altrimenti il vero rischio è quello di perderle.