GENOVA – “Premio Speciale Artista dell’anno” nella sezione “Regia/Poesia emergente” per la Regione Liguria per Christian Olcese. Uno scrittore che, nonostante i suoi ventisette anni, oltre ad aver vinto un concorso di poesia internazionale e ricevuto più attestati di merito, ha già pubblicato un libro, “Venticinque”, prefato da Sara Ciampi, più volte candidata al Nobel per la Letteratura, e un’opera poetica, intitolata “L’età della Resa”. Christian Olcese non é soltanto uno scrittore. Meglio definirlo un artista a tutto tondo visto che si dedica, con profitto, anche al cinema. Nelle vesti di regista ha già realizzato un cortometraggio, “Lettera a Faber,” con l’attore Maurizio Lastrico, volto a commemorare De Andrè nel giorno della sua morte. Lettera a Faber, ha vinto il premio di miglior cortometraggio al festival cinematografico Milan Gold Awards ed è stato trasmesso da Rai Uno, all’interno del programma Il Caffè di Rai Uno. Al suo ultimo lavoro cinematografico “Il volto nascosto del Cyberbullismo”, hanno partecipato l’attore Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo e i calciatori Fabio Quagliarella e Yayah Kallon, la reporter e conduttrice di Rai Uno Gloria Aura Bortolini e lo psichiatra e dottore in filosofia di fama nazionale Giovanni Martinotti. Noi de “L’Opinionista” lo abbiamo intervistato. Ecco cosa ci ha detto.
Poeta, regista, scrittore. In quale ruolo ti riconosci di più?
“Io sono essenzialmente un Poeta. Vivo da Poeta, approccio alla vita da Poeta. Per cui, posso definirmi un regista poeta. Anche perché credo che il cinema, specialmente in questo momento culturalmente difficile, abbia bisogno di film poetici. Viviamo in un’epoca artistica difficile, complicata, fatta di sceneggiature scarne dal punto di vista del lessico e improntate solo alla vendita e al commercio: il mio obiettivo, forse utopico, è quello di ridare bellezza, colore e soprattutto poesia ai film che sto provando a scrivere. Fare cinema e scrivere poesie fanno parte di due mondi totalmente opposti. L’uno, il primo, fa parte di un’industria, quella cinematografica, e quindi ha bisogno di commercialità ma non di banalità. L’altro, il secondo, è considerato un mondo facente parte della nicchia, composta da persone per lo più ‘illuminate’. Io, quindi, sto provando a vivermi questi due mondi: se voglio riferirmi all’universale, uso il cinema. Se voglio riferirmi ai cosiddetti Illuminati, uso la poesia (quella nuda, cruda e scritta)”.
Quale é la tua fonte di ispirazione per le tue poesie?
“Penso sia la vita. Quando scrivo poesie mi faccio ispirare dalla vita e dalle sue molteplici sfaccettature. Mi piace scrivere facendomi ispirare dal vento e dalla natura. Quando compongo poesie provo ad associare ad un elemento naturalistico un pensiero sulla vita. Per cui, l’elemento pensante è determinato dall’elemento naturalistico e viceversa”.
Recentemente le tue poesie sono state al centro di una mostra multimediale. Un format per certi versi ancora innovativo. Che esperienza é stata?
“Si, è stato bellissimo. La mia curatrice mostre, Chiara Nicodemo, ha deciso di dare vita, insieme all’aiuto mio, di Edoardo Nervi (fotografo dell’opera), di Fabio Cuomo (Pianista e compositore) e di Francesco Patanè (attore che recita le poesie), a questo format multidisciplinare, a questo percorso inclusivo, riguardante la poesia, la fotografia, la musica e la recitazione. Pertanto, chi entrava in mostra, sita all’interno dell’area museale della Lanterna di Genova (simbolo della città), poteva immergersi nella lettura delle mie dieci poesie, nella visione delle undici foto che accompagnano l’opera, scattate da Edoardo Nervi, e poteva, infine, farsi trascinare e coinvolgere dalla visione delle video-letture a cura di Francesco Patanè, accompagnate dall’ascolto del pianoforte di Fabio Cuomo: un’esperienza davvero immersiva, innovativa e catartica”.
Hai all’attivo due cortometraggi, uno dei quali ha affrontato una tematica sociale molto forte: il cyberbullismo. Pensi di dedicarsi ancora a temi così di forte impatto?
“Ho affrontato la tematica ‘Cyberbullismo’, insieme a Filippo Castagnola (altro regista del progetto), consapevole che non sarebbe stato facile. L’idea è nata durante la quarantena, il primo lockdown. Stando più o meno bene, come tutti, ho provato a mettermi nei panni dei ragazzi, magari studenti, costretti alla didattica a distanza, costretti a viversi gli anni più belli, quelli della scuola, dietro ad un pc. E quindi, abbiamo deciso di aiutarli come potevamo: realizzando un video per loro, insieme ad esperti del settore (psichiatri e psicologi), a calciatori (Quagliarella e Kallon) e a star del cinema (Giovanni Storti). Il messaggio del corto, pluripremiato da diversi festival, è: non sarai mai solo, ragazzo o ragazza, se stai male parla, confrontati e fatti aiutare. Il corto vuole sensibilizzare anche le famiglie, i genitori non proprio consci dei problemi derivanti da questa enorme e sconfinata piaga sociale. Il cinema serve anche a questo, il cinema serve ad affrontare tematiche sociali, di spessore e quindi si, mi farà piacere usufruirne quando sarà necessario. Viviamo nell’epoca del video, giusto? Se fai “spiegoni” agli studenti, in questo caso, non ottieni granché. Se invece provi a colpirli con un video, attiri la loro attenzione. Almeno, io la penso così, da ragazzo quale sono”.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Con il mio collaboratore Edoardo Nervi sono nella fase di ampliamento (pre-produzione) di un documentario riguardante la pesca sostenibile e i problemi derivanti dalle microplastiche nei nostri mari. E’ un progetto sostenuto dal mio comune, quello di Genova, che vede coinvolte tante realtà territoriali che lottano contro quest’altro immane problema. Inoltre, sto scrivendo un altro cortometraggio per la Regione (non posso dire nulla) e sto lavorando, insieme a Chiara Nicodemo e Francesco della Calce (altro curatore mostre), per portare in giro, in Italia e all’estero, la mostra dedicata al mio libro e alle sue foto”.
Quale é il tuo sogno nel cassetto?
“Il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire a realizzarmi il più possibile: è quello di riuscire ad entrare nel cuore delle persone che hanno voglia di godere della mia arte. Al successo non ci penso, anzi mi fa quasi paura”.
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