Accettare le imperfezioni del corpo o intervenire per limitare il difetto? Esistono diverse scuole di pensiero a riguardo, ma quando si tratta di cicatrici il discorso cambia totalmente. Queste formazioni sono la conseguenza di un trauma che nasce da una ferita accidentale, da un’operazione chirurgica, in alcuni casi anche da un banale processo infiammatorio. Per capire se possiamo trattare con successo una cicatrice è necessario uno studio non invasivo della sua struttura, ed anche la valutazione della sede e del tempo di insorgenza. Se la volontà è quella di operare, è importante sapere che è preferibile intervenire quando la componente vascolare del tessuto cicatriziale è ancora attiva. Come riporta il National Center for Biotechnology Information (NCBI), ogni anno ben 100 milioni di persone sono vittime di cicatrici, come risultato di circa 80 milioni di operazioni. Per curare queste lesioni, le ultime novità nel campo della chirurgia estetica indicano il laser come soluzione ottimale e poco dolorosa. Questi trattamenti rappresentano quindi una preziosa possibilità di cura per le persone con cicatrici cutanee che in molti casi provocano conseguenze fisiche, estetiche, psicologiche e sociali.
“I disagi riferiti da persone che presentano cicatrici ipertrofiche o cheloidi riguardano l’aspetto estetico e funzionale della lesione – afferma il dott. Giovanni Cannarozzo, professore presso l’Università di Tor Vergata Roma e responsabile dell’ambulatorio di laserterapia del Policlinico di Tor Vergata -. La chirurgia estetica è storicamente e culturalmente il riferimento dei pazienti che presentano esiti cicatriziali, ma in realtà per molte cicatrici la laserterapia offre soluzioni importanti. Il Dye laser 595 nm ha un’azione sul tessuto vascolare che sostiene ed alimenta la cicatrice ipertrofica vascolarizzata o il cheloide di recente formazione. In tali lesioni ridurre la componente vascolare significa far regredire parzialmente il tessuto esuberante con evidenti vantaggi sullo spessore, larghezza, colore e consistenza della cicatrice. Le conseguenze degli esiti cicatriziali riguardano, come detto, aspetti estetici, funzionali e naturalmente psicologici, in rapporto alle diverse sensibilità dei pazienti ed al tipo di vita lavorativa e sociale che hanno”.
Le cicatrici ipertrofiche e i cheloidi sono la risposta della cute ad un trauma di varia natura: chimico, fisico, chirurgico, infettivo o di origine spontanea. Le cicatrici cheloidee raggiungono un volume importante e sono più invasive e fastidiose di altre. Tendono a non regredire facilmente rispetto alle ipertrofiche, sono più difficili da curare e possono insorgere progressivamente durante il processo di cicatrizzazione di una ferita. I siti più comuni dove si formano sono l’ orecchio (padiglione auricolare), il dorso, le spalle ed il torace (sede presternale).
Molte pubblicazioni scientifiche sostengono la possibilità di trattare e migliorare parzialmente le cicatrici sia sotto l’aspetto estetico (riduzione del colore, spessore e larghezza) che sotto l’aspetto funzionale (riduzione della fibrosi e quindi della tensione). Tra i sistemi più innovativi per trattare questa problematica ci sono appunto i laser, in particolare il Dye laser 595 nm, già gold-standard per il trattamento di alcune anomalie vascolari (PWS o malformazione capillare pura). Questa lunghezza d’onda è fortemente assorbita dal tessuto vascolare (emoglobina ossigenata e ridotta) e ciò permette di trattare molti inestetismi e patologie che sono sostenute dalla presenza di questo tipo di tessuto. Ricordiamo a questo proposito il trattamento dei capillari (teleangectasie) del volto, la gestione della fase di eritrosi stabile (arrossamento) della rosacea, la gestione degli angiomi rubino e degli angiomi stellari, la rimozione delle smagliature ancora in fase infiammatoria.
“La laserterapia segue diversi protocolli per il trattamento delle cicatrici – continua il dott. Cannarozzo. Si tratta di procedure ambulatoriali poco invasive da ripetere ciclicamente per periodi variabili di tempo, di solito compresi fra i sei e i dodici mesi. Questi trattamenti hanno migliorato la prognosi degli esiti cicatriziali, anche se la diffusione di tali tecniche è ancora piuttosto limitata e spesso non applicata nelle condizioni più favorevoli. L’intervento con i sistemi laser dovrebbe essere piuttosto precoce per prevenire o ridurre comunque la formazione della cicatrice. Quasi sempre si interviene su esiti consolidati da tempo e ciò rende le procedure più lunghe e complesse. Il Dye laser oltre ad una azione sul tessuto vascolare svolge importanti azioni di controllo e regolazione su fattori di crescita implicati nello sviluppo e formazione della cicatrice. La cicatrice può quindi essere controllata nella sua evoluzione o successivamente rieducata (entro certi limiti di tempo) soprattutto se l’intervento è eseguito nelle fasi iniziali del processo di cicatrizzazione o comunque quando questo processo non si sia completamente consolidato.
La cicatrice è quindi il risultato del processo di guarigione di una ferita o in generale di un trauma della pelle. Purtroppo per alcune persone questo processo fisiologico di riparazione di un danno, si trasforma in un ricordo perpetuo dell’evento traumatico che lo ha provocato e si trasforma spesso in una problematica psicologica importante. Una ferita che segna il fisico e la mente: cicatrice e psiche finiscono per influenzarsi negativamente. L’impatto psicologico può essere pesante, modificare la percezione di sé e diventare una preoccupazione costante.
In certi casi intervenire tempestivamente diventa essenziale, per evitare che il danno diventi più evidente con il passare degli anni. A dirlo è la dott.ssa Doris Day, professoressa di dermatologia presso il NYU Langone Medical Center, che mette in guardia soprattutto i giovani sulle conseguenze che si possono avere se si sottovaluta il problema. Non solo cicatrici ipertrofiche e cheloidee, molto spesso anche le cicatrici derivanti dall’acne hanno effetti negativi sulla psiche delle persone”.
“L’informazione sulle possibilità della laserterapia nei riguardi delle cicatrici ha aumentato di molto le richieste di intervento con queste tecniche – conclude il dott. Cannarozzo -. Si tratta spesso di informazioni mediatiche che presentano ai pazienti soluzioni semplici e di immediata efficacia. Il percorso reale è spesso faticoso ed abbastanza prolungato. Il colloquio con il paziente ci porta quindi a valutazioni più precise sulle aspettative e ad una selezione vera delle lesioni da trattare. Il numero delle sedute varia caso per caso, ma la durata media del trattamento oscilla fra i sei ed i diciotto mesi. Per una valutazione prognostica precisa è inoltre necessario uno studio strumentale delle lesioni cicatriziali”.
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