ROMA – Maggio da record per l’occupazione nelle piccole imprese. Rispetto allo stesso mese del 2016 si registra un significativo +3,8 per cento.
Oltre tre volte il ritmo di incremento del prodotto interno lordo, sia pure fortemente ritoccato al rialzo nella recente previsione dell’Istat. Un exploit che contribuisce al recente buon andamento dell’occupazione nelle imprese artigiane, micro e piccole: +9,6 per cento in termini cumulati rispetto a dicembre 2014, ovvero dalla Legge di stabilità 2015 che, anticipando di tre mesi il Jobs Act, introduceva importanti sgravi contributivi sulle assunzioni a tempo indeterminato.
A rilevarlo l’Osservatorio mercato del lavoro CNA, curato dal centro studi della Confederazione, che analizza mensilmente l’andamento dell’occupazione in un campione di 20.500 imprese artigiane, micro e piccole associate con circa 134mila dipendenti complessivi.
Maggio 2017 segna un aumento dello 0,8 per cento su aprile e appunto del 3,8 per cento su base annua, la più alta crescita dalla nascita dell’Osservatorio, a gennaio 2016. Un risultato determinato, in particolare, dall’incremento delle assunzioni, addirittura a doppia cifra: +38,3 per cento in un anno. Crescono anche le cessazioni, ma a un livello ben più basso: +28,1 per cento.
L’aumento delle assunzioni ha interessato tutte le tipologie contrattuali. Il tempo indeterminato è cresciuto del 13,5 per cento (nonostante maggio non sia un mese favorevole a questa tipologia, come dimostra l’andamento registrato nel 2016 e nel 2015) anche grazie agli incentivi concessi agli iscritti a Garanzia giovani. Maggiore il ritmo d’incremento delle altre tipologie: +25,7 per cento il tempo indeterminato, +42 per cento l’apprendistato e +310,6 per cento il lavoro intermittente.
Un boom, quest’ultimo, da ricondurre all’abolizione dei voucher ma molto limitato in termini assoluti, tanto da riguardare solo il 2,5 per cento degli occupati. Anche per quanto riguarda le cessazioni (che a maggio hanno rappresentato lo 0,8 per cento della platea lavorativa nelle piccole imprese) la crescita relativa vede in testa il lavoro intermittente (+178,9 per cento), seguito da tempo determinato (+37,4 per cento), apprendistato (+12,7 per cento) e tempo indeterminato (+6,4 per cento).
Le riforme introdotte nell’ordinamento lavoristico italiano negli ultimi due anni hanno profondamente modificato la composizione contrattuale degli occupati nelle piccole imprese. I contratti a tempo indeterminato sono calati dall’83,5 per cento al 71 per cento. Il decremento ha interessato più gli uomini (tra i quali questa tipologia è diminuita dall’83,1 al 70,2 per cento) che le donne (dov’è calata dall’84,2 al 72,6 per cento).
All’opposto risulta fortissima la crescita degli occupati con il contratto a tempo determinato. In due anni sono passati dall’8,4 al 18,3 per cento complessivi registrando un’impennata nella componente maschile (dall’8,6 al 19,1 per cento) e un incremento più moderato tra le donne (dal 7,9 al 16,9 per cento). In crescita nell’ultimo biennio anche l’apprendistato (dal 6 all’8,2 per cento) e le altre forme contrattuali (dal 2,1 al 2,5 per cento).