ROMA – L’imposta di soggiorno, detta anche tassa di soggiorno, in Italia è un’imposta di carattere locale applicata a carico delle persone che alloggiano nelle strutture ricettive di territori classificati come località turistica o città d’arte. Fu istituita la prima volta nel 1910.
Lo scorso anno nelle casse comunali di 650 città italiane sarebbero entrate circa 431 milioni di euro di imposta di soggiorno. Solo il Comune di Roma avrebbe incassato 123 milioni di euro. Questa tassa rappresenta una boccata di ossigeno per le tasche comunali, ma a cosa devono servire?
“Il gettito derivante dall’imposta di soggiorno”, interviene Mariangela Palmisano di Confedercontribuenti-Turismo, “deve essere destinato a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali ma spesso nonostante il settore turistico sia un settore importante per la nostra crescita economica si assiste ad amministrazioni che impiegherebbero detti proventi ad attività varie non sempre con finalità turistiche. Testimonianza ne è ancora carenza di alcuni servizi dalla segnaletica in lingua straniera a servizi a supporto del visitatore che potrebbero anche incentivare l’occupazione. Il turismo fa gola a tutti e molti se ne servono, ma dovremmo utilizzarlo come risorsa e non solo come una gallina da spennare”.