In questo quadro – sottolineano gli istituti di ricerca – l’annuncio del blocco delle clausole di salvaguardia e’ estremamente positivo. L’aumento Iva previsto, infatti, avrebbe frenato ancora di piu’ la ripresa dei consumi e la crescita del Pil. Se si procedesse all’innalzamento delle aliquote, perderemmo a regime 8,2 miliardi di consumi: si tratta di circa 305 euro di spesa in meno a famiglia. Sul prodotto interno lordo, invece, l’impatto negativo ammonterebbe a -5 miliardi di euro. L’effetto atteso sui prezzi, infatti, e’ di un aumento dello 0,7%.
Una stangata che si trasformerebbe quasi completamente in contrazione di spesa, anche considerando che le due aliquote interessano molti servizi e generi di largo consumo, colpendo anche le fasce piu’ deboli della popolazione. L’aumento dell’Iva penalizzerebbe i consumatori italiani anche nel confronto europeo: dal punto di vista dell’imposizione sui consumi l’Italia si colloca tra le prime posizioni nel panorama internazionale, seconda solo alla Svezia, Paese noto per l’elevata pressione fiscale come il resto dei Paesi scandinavi.
Sommando la tassazione dei consumi nelle forme vigenti oggi, si ottiene per l’Italia un valore dell’11,7% del Pil, in salita dal 10,3 registrato nel 2008. E che si confronta con l’11% della Francia, fino al ben piu’ modesto 9,5% osservato in Spagna.
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