Attualità

Confesercenti: “Meno commercio tradizionale, più ristorazione e turismo”

ROMA – Meno commercio tradizionale, più ristorazione e turismo. La grande recessione – scoppiata a fine agosto di dieci anni fa – ha trasformato profondamente il volto delle nostre città, modificando la composizione delle attività urbane e scambiando le vetrine dei negozi con pub, bar, ristoranti e attività turistiche.

Dal 2007 a oggi, infatti, sono scomparse oltre 108mila imprese del commercio in sede fissa, il 15% del totale. Attività che sono state parzialmente ‘sostituite’ da pubblici esercizi e attività ricettive (+63mila, per un incremento del 16,6%). È quanto emerge da uno studio dell’Ufficio Economico Confesercenti, elaborato a partire dai dati Istat e dalle rilevazioni dell’Osservatorio su Commercio e Turismo dell’associazione.

“Mentre il dinamismo del settore turistico e dei pubblici esercizi è evidente – commenta la Presidente della Confesercenti Patrizia De Luise – il commercio continua a soffrire, schiacciato da una parte da una ripresa della spesa delle famiglie che tarda ad arrivare, ma anche da un trasferimento delle quote di mercato dai piccoli alla Grande distribuzione organizzata dovuto in primo luogo alla liberalizzazione, insostenibile per le imprese familiari e che deve essere ripensata. Incide, chiaramente, anche l’evoluzione tecnologica, come dimostra l’aumento di negozi web e di imprese che si occupano di distribuzione commerciale tramite vending machine. Un cambiamento dovuto alle modificate abitudini, ai diversi stili di vita, alla “composizione” dei nuclei famigliari, al lavoro “sempre meno fisso e stabile”, ai pasti sempre più consumati al di fuori delle mura domestiche, all’avvento di internet e dell’online, ma anche al fatto che la piccola impresa, quella famigliare, quella che ha reso la nostra rete commerciale la più bella e più varia del pianeta ha subìto e pagato, con l’impossibilità di automantenersi, le politiche di liberalizzazione e la mancanza di una vera politica di sostegno. È il segno che la ripresa del commercio deve passare attraverso il sostegno dell’innovazione: misure vere, inserite nel quadro di Impresa 4.0, che permettano di modernizzare, più che di sanzioni per la mancanza del Pos. Perdere le attività di vicinato sarebbe un danno per tutti, non solo per i commercianti: i negozi sono infatti un elemento fondamentale per la qualità della vita dei cittadini e per il valore turistico e la fruibilità del territorio. Lo diciamo da anni: se vive il commercio, vivono le città”.

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Redazione L'Opinionista

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