MILANO – In epoca Covid un calice di vino ha salvato la socializzazione fra le mura domestiche e nel web. Nel 1° semestre 2020 c’è stato un calo dovuto al lockdown nei settori horeca, soprattutto vini rossi importanti e bollicine di alto pregio a iniziare dallo Champagne. Mantengono le posizioni i vini spumanti italiani con il Prosecco&C, bene i vini bianchi freschi d’annata, la Gdo vede salire le vendite, l’e-commerce raddoppia i volumi, va meglio per i vini di costo medio.
Sfatiamo una fake-news enoica (vini&spumanti) da Covid19, almeno riportiamo la questione entro ambiti reali e certi, suffragati dalla concretezza dei numeri e esatta analisi delle risposte del mercato. Ovse dal 1991 monitorizza i dati di produzione, spedizione, dogane, export, consumi e mercati per i vini spumanti, e anche per i vini tranquilli. 30 anni di analisi, ricerche, indagini e sondaggi che permettono di avere una visione economica-tecnica nazionale e diretta in 32 Stati del mondo, oltre che referenti in tutte le regioni italiane, rispetto a corazzate Potemkin nate recentemente.
Il calo di vendite-consumi di vini spumanti italiani sul mercato interno ed estero durante i 33 giorni di lockdown (iniziato il 9 marzo) e i 100 giorni di pandemia con limitazioni di spostamento (1 solo italiano su 3 è stato totalmente a casa) è molto più contenuta e più differenziata rispetto alle dichiarazioni altisonanti lette tempo fa. Discorso totalmente diverso per vini tranquilli, seppur fortemente diversi tipologia per tipologia. Gli stessi dati della Gda (canale nazionale che copre l’acquisto di 6 bottiglie su 10) confermano un incremento di acquisti e di atti di acquisto a livello nazionale in confronto con lo stesso periodo 2019, seppur con cali evidenti per certe tipologie, etichette, denominazioni. Inoltre fino al 10 marzo tutte le spedizioni programmate dalle cantine sono arrivate a destinazione, in pieno lockdown è scattata la corsa all’acquisto online e con il delivery conseguente, poi si sono riaperte le cantini per gli acquisti diretti diventando una fuga o scusa di riscatto dalle chiusure domestiche.
Giampietro Comolli, fondatore di Ovse-Ceves nel 1991 con Fregoni e Niederbaker, una garanzia di analisi e valutazioni da quasi 30 anni e non recente, sintetizza: “ I numeri del consumo dei vini spumanti in Italia e i canali di consumo durante il periodo Covid e primo semestre 2020 analizzati da Ovse indicano che restare a casa, con più tempo libero, più voglia di cucinare, più tempo sui social e web ha incentivato i calici di bollicine. Il consumo domestico ha sostituito, in gran parte, quello degli aperitivi e delle cene fuori casa. I millennials e la G.zero non hanno rinunciato all’”ape”, quindi più spritz in casa. Il Valdobbiadene Prosecco e i vini bianchi fermi freschi d’annata hanno fatto la parte del leone, come le bollicine territoriali e con uve autoctone, ci sono stati più atti d’acquisto in Gdo, più che raddoppiati in 100 giorni gli ordini online, ma scelta prioritaria sotto i 7-10 euro a bottiglia. I cali più sensibili per vino biologico, i grandi vini rossi, Champagne. Per alcune bollicine top-dop italiane di pregio hanno patito un calo maggiore causa lockdown dell’horeca, ma sono etichette molto più richieste nel secondo semestre d’anno”.
Come Ovse abbiamo riscontrato altri elementi interessanti per una valutazione più completa e corretta: sicuramente le bollicine sono un vino conviviale e di socialità (la crescita dei consumi off-premise degli ultimi anni lo confermano) e inoltre in Italia fra i giovani (millennials e G.zero) il rito dell’aperitivo aveva offerto un contributo ai consumi contribuendo a destagionalizzare i consumi nel nostro paese come in altri, facendo diventare una bottiglia di bollicine un vino alternativo a tutto pasto anche nella horeca (ristoranti, pizzeria, bar diurni, esercizi serali, catering …). Un altro dato importante è che nei mesi primaverili il consumo di bollicine in ogni canale è limitato per cui le riserve del fine anno precedente possono essere sufficienti, soprattutto senza eventi privati e pubblici, festeggiamenti in strada. E’ sicuramente vero che la chiusura totale, con le limitazioni di distanze, ha determinato un blocco di consumi, le limitazioni parziali successive hanno ridotto i consumi del fuori-casa: ma su base annua il canale degli esercizi pubblici gestisce il 35-38% del volume totale con concentrazioni di consumi dettati da luoghi, mesi, tradizioni, quindi assai variabili da regione a regione, da tipologia a tipologia di vini fermi e di vini frizzanti e spumanti.
Certamente il dato negativo dettato dalla chiusura totale Covid più importante e significativo (sia in volumi che in valore) viene dal blocco delle spedizioni e dei trasporti (anche via aereo) verso l’estero. Durante il lockdown in Italia (facevo personalmente la spesa in Gda e in negozi aperti) ho sempre trovato in tutti gli scaffali di tutte le insegne tutte le etichette di vini e spumanti che volevo: certamente gli spazi più vuoti erano quelli dei vini a prezzo più contenuto (sotto i 7-10 euro), dei vini frizzanti e spumanti di marca italiana, dei vini bianchi freschi fermi. Da qui, se il calo assoluto dettato dalla analisi di dati fiscali e di trasporti parla di un consumo ridotto anche del 70% in 100 giorni, si fa riferimento a un periodo di consumo dei vini spumeggianti/effervescenti notoriamente ridotto: in Italia (ma anche in Francia e Spagna) i primi 6 mesi d’anno rappresentano un consumo di circa il 33-35% del totale (1 bott su 3); inoltre già febbraio-marzo sono i primi mesi utili per gli ordini del vino nuovo e per le consegne, ma una quota percentuale limitata poiché il massimo delle consegne avviene a giugno-luglio e a ottobre-novembre.
Un altro dato interessante valutato da Ovse sono i metodi produttivi e i rispettivi volumi delle bollicine italiane pronte per il consumo durante i 100 giorni delle limitazioni degli spostamenti e della gestione d’impresa: nei primi mesi dell’anno i vini spumanti ottenuti con il metodo italiano (Prosecco, Valdobbiadene, Lambrusco, Durello, Malvasia, Ortrugo, Muller, Pinot…) sono già in spedizione e per questo non hanno risentito del calo dei consumi, anzi. Viceversa i vini ottenuti con il metodo tradizionale classico (Franciacorta, Alta Langa, Trento, Monti Lessini etc..), fatto eccezione per i millesimi riserva e selezioni disponibili in cantina oppure già presso i distributori o clienti, solitamente vengono imbottigliati a primavera e le massicce spedizioni iniziano da maggio-giugno (bolle e dogana). Inoltre il metodo trad-classico italiano rappresenta il 12% (con 26 mio/bott) di tutte le bottiglie di bollicine consumate in Italia all’anno (206 mio/bott), è esportato per circa il 10% della produzione: non rappresenta quindi grandi numeri sul mercato nel primo semestre 2020 nazionale, ma è fortemente presente nella grande ristorazione e grandi eventi per cui un lockdown è più incisivo e sentito. E’ evidente che una perdita di spedizioni e di vendite di tutte le bollicine metodo trad-classico di 2,5 milioni di pezzi al posto dei soliti 7 milioni, fa gridare una perdita di vendite del 35-36% nel periodo, ma non su base annua.
Anche in periodo Covid e lockdown, gli italiani, quando hanno potuto, hanno scelto e consumato bollicine: anzi nella pace domestica, con più tempo libero e tanta voglia di fare cucina…, i calici di bollicine sono aumentati automaticamente (supplendo la mancanza di socializzazione e convivialità esterna). Il recente sondaggio Ovse indica che c’è voglia di consumi fuori casa per avere “la prova” di un ritorno alla normalità, ma questa voglia può essere pericolosa. Ovse registra che c’è stato un consumo maggiore di vini nei primi 6 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. 1 consumatore su 2 dichiara che non ha cambiato abitudini di consumo e che ha continuato a bere e trovare il vino che voleva; è vero anche che c’è stata un acquisto di vini con un costo più basso (incremento provato dai volumi fatti da discount, insegne di primo prezzo), mentre i giovani (millennials e G.zero) dichiarano di aver iniziato e/o aumentato il consumo di vino in casa.
In sintesi la ricerca di Ovse-Ceves (luglio 2020) sul comportamento degli italiani in generale rispetto all’acquisto e consumo di vino in periodo Covid (100 giorni, dal 9 marzo al 30 giugno) ci dice:
– meno consumo di vini sostenibili e quelli più cari in senso generale
– più consumo di vini locali facili da trovare, più pubblicizzati e anche autoctoni
– più bottiglie a prezzo contenuto (limite sono i 10-11 euro a bottiglia su scaffale o in cantina)
– più vini di cantine grandi note diffuse che danno garanzie
– più acquisti online e eno-commerce
– meno acquisti diretti in cantina soprattutto nei territori e grandi DO dove avvenivano eventi, fiere, degustazioni, primeur
– più delivery
– meno acquisto di Champagne
– più acquisto di Prosecco Superiore e Doc (molti in abbinamento con Aperol o Campari)
– più vini bianchi tranquilli noti e di annata recente
– meno vini rossi tranquilli top selezionati riserve e più noti dell’alta gamma
In sintesi, dalla analisi di Ovse sui consumi globali in Italia dei primi 6 mesi 2020 (più di 3 mesi in piena pandemia Covid), emerge un aumento del 11% di vendita di bottiglie di vini nella Gda, rientranti nel +10% di spesa alimentare durante il periodo di limitazione; l’e-commerce è aumentato del 120%; la priorità di acquisto va ai vini prodotti più vicino a casa, ma noti; il 65% dei consumatori abituali italiani dichiara di aver mantenuto se non aumentato il numero di bottiglie attraverso più atti d’acquisto; fra i vini tranquilli significativo calo (anche del 25-30%) dei vini rossi importanti e più blasonati come Barolo, Amarone, Brunello, Bolgheri…; in crescita (7%) il consumo di vini bianchi tranquilli d’annata e bollicine metodo italiano; stabili i vini biologici; performance degli atti d’acquisto per vini con costi sotto i 5 o i 10 euro a bottiglia (a secondo tipologia, DO, marca). Emerge anche un dato negativo, ma non di consumo e acquisti: la forte necessità di liquidità delle più quotate imprese vitivinicole aventi costi di gestione superiori, blocco degli incassi, forte calo di vendita in horeca (anche 50-60% rispetto lo stesso periodo); raddoppio del problema incassi dall’horeca; difficoltà di accesso al credito aziendale. Questi i reali problemi urgenti delle principali grandi aziende del vino e degli spumanti, ma tutti estranei al dato del consumo. Come Ovse abbiamo stimato i numeri di consumo nell’intero primo semestre 2020 compreso i 100 giorni di lockdown: sono circa 220 milioni di bottiglie italiane fra vini, frizzanti e spumanti non consumati rispetto allo stesso periodo del 2019 per un non-fatturato di 2,0 mld/€, di cui 120 milioni in meno verso l’estero per una perdita di 0,8 mld/€ . E’ difficile però traslare il dato semestrale sull’intero anno, poiché le spedizioni, le consegne e i consumi in Italia sono ancora molto stagionali (rispetto alla Francia) con circa il 70-75% del consumo concentrato fra estate e fine anno.
Un segnale positivo arriva dai primi paesi importatori di vini spumeggianti: Usa, UK e Giappone segnano una crescita in volumi (+2,5% sul 2019), purtroppo a valori stabili. Un segnale reale e allarmante arriva dalla Francia per lo Champagne che registra, sempre in 100 giorni di Covid19, un calo dei consumi sul mercato interno pari a circa l’55% rispetto allo stesso semestre del 2019 e un calo del 45% per le spedizioni all’estero. Su base annua le Case di Champagne stimano una perdita del 27-28% dei volumi e un danno economico di circa 1,7 mld/euro.