ROMA – Dare al Paese un “nuovo inizio” dopo la pandemia. A partire da questo obiettivo alto, Giuseppe Conte prova a recuperare la ragion d’essere del suo governo. In nome della necessità di attuare, con il Recovery plan, non “slogan elettorali” ma “una precisa agenda politica”, prova a fermare il tentativo di un ribaltone ai suoi danni e di governare la crisi più grave del suo secondo esecutivo.
Sa che Italia Viva minaccia di ritirare i suoi ministri, che il Pd vuole una guida meno solitaria del governo e il M5S alza la posta sul Piano di rilancio. Si prepara ad aprire la verifica che potrebbe portare a un rimpasto e al Conte ter. Ma intanto non risponde agli attacchi di Matteo Renzi e alza l’asticella: “Lavorare nella stessa direzione” per la ricostruzione, con una “visione riformatrice”.
Tuttavia il Recovery plan si è già trasformato nella miccia in grado di far saltare tutto. Superamento delle diseguaglianze, ambiente, lavoro e sanità, sono gli obiettivi principali che Conte pone al centro del suo progetto di Recovery plan: sono parole d’ordine (incluso l’empowerment femminile) che anche il Pd pone al centro. Il progetto è però destinato a tornare in consiglio dei ministri non prima che il premier avrà incontrato i partiti per la verifica dell’esecutivo. Perché, con toni diversi, ciascun partito chiede di cambiare il progetto di governo.