Coronavirus, l’intervento di Conte al Senato sulla Fase 2

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In fase di studio il piano per la Fase 2: occorre far ripartire le attività produttive ma non elevare il rischio di contagi. Obbligo di mascherine fino al vaccino

ROMA – Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha preentato oggi al Senatoil  piano del governo per la Fase 2, quella di graduale riapertura del Paese dopo settimane di lockdown a causa dell’emergenza coronavirus. Si sta studiando un ‘allentamento delle misure restrittive, per far ripartire l’attività produttiva, sempre tenendo ben presente l’obiettivo di evitare la risaita dei contagi.

L’intervento del Presidente del Consiglio

Gentile Presidente, onorevoli senatrici, onorevoli senatori,

l’odierna informativa mi consente di offrire al Parlamento un quadro compiuto delle più recenti iniziative che il Governo ha adottato sul piano interno e un aggiornamento sulle iniziative che, a livello europeo, sono in programma per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Questo passaggio viene compiuto nella chiara consapevolezza – di chi vi parla ma anche dell’intero Governo – della necessità di coinvolgere appieno il Parlamento in particolare in una fase in cui l’azione del Governo, per il carattere straordinario e la portata pervasiva dell’emergenza che stiamo affrontando, rileva direttamente su beni primari della persona: la salute, la libertà, l’iniziativa economica, il lavoro, a tacer d’altre.

Veniamo alle iniziative adottate sul piano interno.

Sulla legittimità e sulla ragionevolezza degli strumenti ai quali si è fatto ricorso come sapete è in atto un ampio dibattito molto articolato, che riflette un variegato panorama di posizioni.

Non entro evidentemente in questa discussione, anche se non rimango affatto indifferente a tutte le questioni da essa sollevate.

Desidero tuttavia ribadire, qui proprio in quest’Aula, che la pandemia ha costretto a misure di estrema urgenza adottate sempre nel rispetto dei principi di massima precauzione e di proporzionalità.

In ogni più delicato passaggio, ho sempre avuto la massima premura affinché fosse preservato il delicato, complesso equilibrio fra i molteplici valori coinvolti, tutti, tutti, di rango costituzionale, e affinché fosse assicurato che i diversi organi costituzionali, ciascuno espressione di irrinunciabili garanzie, fossero coinvolti nella misura più ampia possibile, soprattutto a tutela del principio supremo di democraticità che informa di sé l’intero ordinamento giuridico.

Sotto il profilo della risposta sanitaria all’emergenza, il Governo ha elaborato, in queste ultime settimane in particolare, una strategia e su questa vi informiamo, che possiamo sintetizzare in cinque punti:

  1. Mantenere e far rispettare, a tutti i livelli, le misure per il distanziamento sociale e promuovere l’utilizzo diffuso dei dispositivi di protezione individuale, fino a quando non saranno disponibili una specifica terapia e un vaccino.
  2. Rafforzare le reti sanitarie del territorio come arma principale per combattere il virus. A questo riguardo, il Governo si sta adoperando perché siano rafforzati tutti i servizi di prevenzione e sta sollecitando una rinnovata integrazione tra le politiche sanitarie e quelle sociali, con particolare attenzione a case di cura e residenze sanitarie assistenziali, ove si è verificata, purtroppo, un’esplosione incontrollata dei contagi, specialmente in alcune aree del Paese.
  3. Intensificare, in tutto il territorio, la presenza di “Covid hospital” come strumento fondamentale della gestione ospedaliera dei pazienti. La presenza di strutture dedicate esclusivamente al Covid-19 riduce notevolmente il rischio di contagio per gli operatori sanitari ma anche per i pazienti che sono ricoverati per altre malattie.
  4. Uso corretto dei test, sia di quelli molecolari (banalmente tampone), che oggi sono l’unico strumento certo di identificazione del virus, sia di quelli sierologici (ad esempio l’analisi del sangue), utile strumento di indagine e conoscenza epidemiologica, anche al fine di predisporre un piano nazionale che potrà fotografare efficacemente lo stato epidemiologico del nostro Paese. Al riguardo, il 17 aprile è stata indetta dal Commissario Arcuri, su richiesta del Ministero della salute, una gara in procedura semplificata e di massima urgenza per la fornitura di kit reagenti e consumabili per l’effettuazione di 150.000 test finalizzati ad un’indagine campione sulla diffusione dell’infezione nella popolazione italiana, con possibile successiva estensione per l’effettuazione di ulteriori 150.000 test. La gara pubblica si concluderà in tempi strettissimi (entro il 29 aprile ci sarà ragionevolmente la sottoscrizione del contratto), all’esito di una procedura trasparente e rigorosa.
  5. Rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti sospetti (ormai l’espressione è di uso comune, contact tracing) e di teleassistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’immediatezza nella individuazione dei contatti stretti dei casi positivi e il loro conseguente isolamento sono cruciali per evitare che singoli contagiati possano determinare nuovi focolai. Per questo, un’adeguata applicazione informativa direttamente disponibile su smartphone è uno strumento essenziale per accelerare questo processo. Attenzione però questa applicazione, lo dico chiaramente, sarà offerta su base volontaria e non su base obbligatoria e faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non subirà limitazione nei movimenti o altri pregiudizi.

Un team composto dal Ministero dell’Innovazione, dal Ministero della Salute e da esperti in sicurezza cibernetica sta affiancando il Commissario Arcuri al fine di implementare questa applicazione nel migliore dei modi e con le più elevate garanzie.

Ho dato indicazioni affinché i capigruppo, di maggioranza ma anche di minoranza, siano costantemente informati su questo processo applicativo. Io stesso mi riservo, in una fase più avanzata, di riferire puntualmente alle Camere sui dettagli di questa applicazione, nella consapevolezza che il coinvolgimento del Parlamento deve essere pieno e stringente, essendo coinvolti diritti costituzionali fondamentali, penso alla dignità della persona, penso al diritto alla riservatezza e all’identità personale, come pure la tutela della salute pubblica e, non ultima, l’esigenza di proteggere un asset informativo di primaria importanza nella logica degli interessi strategici nazionali.

Per quanto concerne la distribuzione di dispositivi sanitari e di protezione personale, comunico che, tramite il sistema “ADA – Analisi Distribuzione Aiuti”, aggiornato in tempo reale, sono disponibili sui vari siti ufficiali del Governo informazioni puntuali su dispositivi, apparecchiature e distribuzione che ogni giorno il Commissario Arcuri invia alle Regioni e alla Province autonome per fronteggiare l’emergenza.

Vi fornisco solo qualche dato riassuntivo per comprendere lo sforzo compiuto in un periodo in cui vi è una forsennata competizione di buona parte dei Paesi ad accaparrarsi questi materiali.
Al 19 aprile risultano distribuiti alle Regioni dalla Protezione civile: circa 3.900 ventilatori per le terapie, 105 mila tubi endotracheali, 117 milioni di mascherine di varie tipologie.

Con riguardo, invece, alle più generali misure contenitive adottate dal Governo fin dall’inizio dell’emergenza e sulle quali ho riferito diffusamente nell’informativa precedente, che risale al 25 marzo scorso, ricordo che in queste ultime settimane sono stati adottati due ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, entrambi volti sostanzialmente a prorogare il regime restrittivo già in vigore.

Con il dPCM del 1° aprile è stata prorogata, fino al 13 aprile 2020, l’efficacia delle disposizioni dei decreti del Presidente del Consiglio dell’8, del 9, dell’11 e del 22 marzo, nonché l’efficacia delle disposizioni previste in varie ordinanze ministeriali.

Si tratta, come è noto, delle misure riguardanti il distanziamento sociale, il divieto di spostamenti (salvo comprovate esigenze), la chiusura delle scuole e di altri luoghi di aggregazione, la sospensione delle attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle che erogano servizi di pubblica utilità o servizi pubblici essenziali. Successivamente, il 10 aprile, quelle stesse misure, sempre con dPCM, sono state prorogate, quindi veniamo al sistema di disciplina vigente, sino al 3 maggio.

La decisione di prorogare ulteriormente quello che è comunemente omai denominato come lockdown è stata assunta alla luce dei dati epidemiologici delle ultime settimane, con particolare riguardo all’andamento dei contagi. Questi dati hanno confermato l’efficacia delle misure di contenimento adottate ma contestualmente hanno suggerito l’esigenza di perseguire, con immutato rigore, lungo il percorso intrapreso, affinché i risultati conseguiti non andassero perduti.

Si prospetta, adesso, davanti a noi, una fase, molto complessa. Dobbiamo procedere a un allentamento del regime attuale delle restrizioni che riguardano le attività produttive e commerciali, dobbiamo fare il possibile evidentemente per preservare l’integrità, l’efficienza del nostro tessuto produttivo. I motori del Paese devono riavviarsi. Ma questo riavvio deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato, articolato, che comporti una revisione dei modelli organizzativi di lavoro, delle modalità del trasporto pubblico ma anche privato e di tutte le attività connesse.

Anche per le misure di distanziamento sociale ci saranno alcune modifiche. Non mi sfugge, non ci sfugge a tutti la difficoltà, per i cittadini, di continuare a osservare regole fortemente limitative della loro libertà di movimento, che hanno implicato una profonda modifica delle nostre abitudini di vita. Il ritorno alla normalità, seppure con la gradualità necessaria, è un’aspirazione comprensibile di tutti.

Tutte queste esigenze mi vengono rappresentate dai medesimi cittadini, ma mi vengono sollecitate anche da molti di voi, parlamentari che – nel momento in cui vi fate interpreti delle istanze provenienti dai territori, dai diversi mondi – mi avete scritto, sollecitando soluzioni rapide, soluzioni sostenibili. E vi ringrazio di questo. Anche per questo reputo doveroso informare il Parlamento circa la strategia che il Governo sta elaborando, proprio in questi giorni, allo scopo di procedere a un progressivo ma ordinato allentamento delle misure.

Per questa finalità, con specifico dPCM, sempre il 10 aprile, ho istituito un Comitato di esperti in materia economica e sociale, con il compito di elaborare proposte utili per orientare il Governo nelle decisioni che dovrà assumere al riguardo. Questo Comitato di esperti sta agendo di concerto con il Comitato tecnico-scientifico, affinché le strategie individuate per la ripartenza economica si basino su imprescindibili precondizioni di sicurezza. Sono membri di diritto di questo Comitato di esperti anche il dott. Borrelli, Capo della Protezione Civile, e il Commissario straordinario, dott. Arcuri, in modo da ottenere il pieno coordinamento tra gli organi che ci coadiuvano in questa durissima sfida.

Con l’ausilio di questi esperti stiamo elaborando un programma di progressive aperture che sia omogeneo su base nazionale, e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo però sotto controllo la curva del contagio, questo è molto importante, dobbiamo tenere sotto controllo la curva del contagio in modo da intervenire, se è del caso anche successivamente, laddove questa si rinnalzi oltre una certa soglia. Soglia che non pensiamo debba essere formulata in termini meramente astratti, ma che vogliamo commisurata alla specifica recettività delle strutture ospedaliere dell’area di riferimento.

Ovviamente per poter riprendere in sicurezza le attività economiche, dovrà essere garantito il rispetto dei protocolli, a partire da quello firmato il 14 marzo scorso con i sindacati e le categorie produttive e successivamente aggiornato.

Una volta completato questo programma lo discuteremo con tutti i soggetti coinvolti (quindi anche enti territoriali, organizzazioni datoriali, sindacati), al fine di acquisire le valutazioni e di condividerlo con tutti i soggetti interessati. Si tratta – lo ripeto – di uno dei passaggi più sensibili e più complessi.

Siamo consapevoli, infatti, che un’imprudenza commessa in questa fase, un’avventatezza in questa fase, dettata semmai dalla legittima aspettativa di ripartire, può – in un momento in cui ancora non è esaurita, ma solo contenuta, la carica del contagio – compromettere tutti i sacrifici che, con responsabilità e disciplina, i cittadini hanno dovuto affrontare sin qui.

Veniamo al sostegno all’economia, lo scorso 8 aprile è stato approvato il decreto-legge n. 23 del 2020, attualmente all’esame della Camera dei deputati per la sua conversione in legge, in cui diventano operative nuove misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti.

Il provvedimento, prosegue e amplia lo spettro di interventi disposti nel decreto-legge c.d. “Cura Italia”, ed è incentrato su tre principali direttive: a) misure di sostegno alla liquidità delle imprese, volte a sbloccare ulteriori flussi di finanziamento garantiti a beneficio del sistema produttivo; b) misure di tutela degli asset strategici nazionali; c) misure fiscali volte a prorogare le scadenze esistenti e a incentivare le spese sostenute dalle imprese per riaprire in sicurezza.

Sostenere l’erogazione agevolata di liquidità alle imprese, grazie alle garanzie pubbliche, aiuta a prevenire fenomeni di interruzione del credito e del circuito dei pagamenti, che rischia di compromettere la continuità delle attività economiche.

Inoltre, per evitare il rischio di una perdita permanente di capacità produttiva e di crescita potenziale del nostro Paese, è fondamentale accrescere la protezione del nostro tessuto industriale. Per questa ragione, nel decreto-legge avete trovato anche nuove misure a tutela degli asset strategici italiani, abbiamo esteso l’applicativo della Golden Power a nuovi settori che non erano ricompresi e consideriamo anch’essi di rilevanza strategica, abbiamo anche esteso la sua applicazione a operazioni infra-europee che sino che sino a adesso rimanevano escluse.

Questa emergenza sta incidendo sulle fasce più fragili della popolazione e rischia di creare nuove povertà. Quindi non possiamo ignorare questo fenomeno che rischia di lacerare un tessuto sociale già provato. Abbiamo compiuto alcuni primi passi per venire incontro alle urgenze dei cittadini che versano in condizioni di maggiore difficoltà.

Ricordate il decreto, dPCM del 28 marzo, con cui il Governo ha anticipato ai Comuni una quota del 66% delle erogazioni previste dal Fondo di solidarietà comunale, pari a 4,3 miliardi di euro, che potranno essere utilizzati anche a ulteriore garanzia della piena funzionalità dei servizi pubblici erogati. Inoltre, con un’ordinanza della Protezione Civile del 29 marzo 2020, sono stati anticipati 400 milioni di euro ai Comuni italiani, per consentire loro di distribuire aiuti alimentari ai cittadini più bisognosi, sotto forma di buoni spesa o, in alternativa, di generi alimentari e di prima necessità consegnati in via diretta.

Il Governo però è consapevole che questi interventi non sono sufficienti e occorre un sostegno alle famiglie e alle imprese, prolungato nel tempo ancora più incisivo.

La recessione indotta dalle necessarie misure di contenimento del virus, infatti, avrà un impatto profondo e persistente sull’intera economia. Le recenti previsioni del Fondo monetario internazionale stimano una caduta del prodotto interno lordo del 9,1% per il 2020, a cui seguirebbe poi una crescita del 4,8% nel 2021.

Ecco, di fronte a questo quadro dobbiamo potenziare ulteriormente la nostra risposta di politica economica.

Per tale ragione, in aggiunta ai 25 miliardi di euro già stanziati con il cosiddetto decreto-legge “Cura Italia”, il Governo invierà a brevissimo al Parlamento un’ulteriore Relazione, contenente una richiesta di scostamento dagli obiettivi di bilancio precedenti per il 2020, pari a una cifra ben superiore a quella stanziata a marzo. Una cifra davvero consistente, non inferiore a 50 miliardi di euro, che si aggiungeranno ai 25 miliardi già stanziati per un intervento complessivo non inferiore a 75 miliardi.

Questo ulteriore ricorso al disavanzo servirà a finanziare varie misure destinate, tra le altre: al rafforzamento del personale sanitario, della protezione civile e delle forze di sicurezza; alla proroga e al rafforzamento degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione e indennizzi per gli autonomi e le partite IVA; al sostegno di coloro che non sono coperti da cassa integrazione; a misure di sostegno alle piccole e medie imprese; a fondi aggiuntivi per Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni; agli interventi di sostegno dei settori particolarmente colpiti dalle misure di contenimento del virus.

Sono consapevole che l’iter di conversione in legge dei decreti-legge finora adottati ha lasciato parzialmente insoddisfatte le legittime aspettative delle forze politiche, di poter contribuire, con proprie proposte, alla definizione del quadro degli interventi.

Ringrazio sentitamente i Gruppi parlamentari per la consapevolezza mostrata del contesto particolarmente critico nel quale, in ragione dell’emergenza, siamo costretti a operare.

Assicuro che, nella costruzione dell’ampio corpus di misure che troveranno collocazione nel prossimo decreto-legge, al quale ho fatto cenno, sarà assicurata la massima attenzione alle istanze e alle proposte dei parlamentari, anche in conformità agli impegni assunti dal Governo e formalizzati in specifici ordini del giorno, accolti in sede di esame parlamentare del decreto-legge “Cura Italia”.

Ringrazio, in particolare, la maggioranza che sostiene il Governo, i Presidenti dei Gruppi in primo luogo, ma anche, se mi permettete, ogni singolo parlamentare per l’impegno, la partecipazione, l’apporto costruttivo, anche quando critico, per il sostegno che non state facendo mai mancare.

E in un momento così difficile per la vita della Nazione desidero confermare la piena disponibilità al dialogo, mia e dell’intero Governo, con le forze di opposizione: il contributo di una opposizione responsabile e consapevole della gravità dell’ora troverà sempre apertura e considerazione.

La sfida che ci attende, tuttavia, non può essere affrontata efficacemente ricorrendo soltanto a politiche nazionali, visto che il virus non conosce confini e sta pervasivamente incidendo sui tessuti economico-sociali di molti Paesi.

Affinché tutti i Paesi possano superare l’emergenza sanitaria, ricostruire la propria società e la propria economia, è necessario che le Nazioni sappiano mettere in campo una risposta coordinata, solidale.

L’ho ribadito in tutte le opportune sedi istituzionali – a livello di G7, G20, Consiglio europeo -, l’Unione europea e l’Eurozona non possono permettersi di ripetere gli errori commessi durante la crisi finanziaria del 2008. Allora non si riuscì ad affrontare in modo coordinato, unito e solidale uno shock comune, si decise addirittura un consolidamento fiscale affrettato e ingiustificato che, amplificando le divergenze fra i Paesi, produsse un secondo shock di natura asimmetrica nel 2010-11, portando – come sappiamo e ricordiamo – alla crisi dei debiti sovrani, condannando l’Europa a una recessione più prolungata e a una ripresa più lenta e più debole rispetto alle altre maggiori aree economiche del mondo.

È un rischio che adesso non ci possiamo permettere di correre, poiché il fallimento nel produrre una risposta adeguata e coraggiosa porterebbe – inevitabilmente – grave danno allo stesso progetto europeo.

L’Eurogruppo dello scorso 9 aprile ha preparato un rapporto per la risposta economica dell’Unione all’emergenza sanitaria ed economica che, oltre a tenere conto dei progressi compiuti, predispone un pacchetto di strumenti a disposizione degli Stati membri composto da quattro elementi principali.

Innanzitutto, viene costituito un fondo di garanzia europeo presso la Banca Europea degli Investimenti, la BEI, dotato di 25 miliardi di euro, che dovrebbe consentire l’attivazione fino a 200 miliardi di euro di finanziamenti per gli investimenti all’interno dell’Unione.

Il secondo elemento del pacchetto è il cosiddetto piano “Sure”, uno strumento di assistenza finanziaria che potrà erogare fino a 100 miliardi in linee di credito dedicate alle misure di sostegno al reddito dei lavoratori temporaneamente privi di impiego.

Questi due elementi, seppure ancora insufficienti, già si caratterizzano per un finanziamento con garanzie comuni, e quindi a tassi di interesse bassi, per spese e investimenti da effettuare nei Paesi membri.

Sul terzo elemento del pacchetto, ovvero l’attivazione di una linea di credito dedicata alle spese sanitarie ed erogata dal Meccanismo europeo di stabilità (l’ormai stra-famoso Mes), si è alimentato, nelle ultime settimane, un dibattito che rischia di dividere l’Italia in opposte tifoserie.

L’Europa non deve ritrovarsi nuovamente a chiedere scusa, nei confronti di nessun Paese, come è successo in passato, quando ha imposto alla Grecia programmi particolarmente severi. Di qui la mia posizione di assoluta cautela: di fronte alla sfida epocale che abbiamo di fronte, non si può pensare che la risposta possa essere affidata a interventi modesti peraltro sul piano finanziario e per di più basati su un accordo intergovernativo come il Mes, pensato per gestire crisi assai diverse, riguardanti singoli Paesi, imputabili a squilibri di natura economica. Per questo è stato concepito, in virtù di decisione prese nel passato. Per come è stato concepito è uno strumento che ha sin qui espresso linee di finanziamento caratterizzate da forti condizionalità macro-economiche e che per di più ha consentito di dosare l’imposizione di misure fiscali al soggetto finanziato via via sempre più stringenti, tutte cose che io ritengo inaccettabili data la natura di questa crisi.

Insieme ad altri otto Paesi membri, l’Italia ha lanciato una sfida ambiziosa all’Europa, invitandola a introdurre nuovi strumenti per affrontare e superare al più presto questa crisi. Alcuni di questi Paesi, che hanno condiviso questa nostra impostazione, hanno dichiarato da subito – e voglio anche dirlo esplicitamente: la Spagna – di essere interessati al Mes, purché non abbia le rigide condizionalità applicate in altre circostanze, ma solo la condizione che l’utilizzo del finanziamento sia per far fronte alle spese sanitarie, dirette o indirette che siano. Rifiutare la nuova linea di credito significherebbe fare un torto ai Paesi, che pure sono a noi affiancati in questa battaglia, e che intendono invece usufruirne.

Resto però convinto che all’Italia serva altro.

All’ultima riunione dell’Eurogruppo è stato compiuto un deciso passo avanti in questa nuova direzione: nel paragrafo 16, relativo all’utilizzo del Mes, è stata proposta come sapete una nuova linea di credito, chiamata “pandemic crisis support” e adattata alla natura simmetrica dello shock legato al Covid-19, soggetta alla sola condizione dell’utilizzo del finanziamento per le spese sanitarie e di prevenzione, dirette e indirette. Per capire se effettivamente sarà così, bisognerà però attendere l’elaborazione dei vari documenti relativi ai termini di finanziamento, che verranno predisposti per erogare questa nuova linea di credito.

Su questo versante mi attendo ulteriori peraltro chiare prese di posizione anche in seno al Consiglio Europeo, e in ogni caso siamo disponibili a lavorare con i Paesi direttamente interessati a questa nuova linea di credito affinché, anche in sede regolamentare, comunque non siano introdotte condizionalità di sorta, macro-economiche o anche più specifiche.

Quanti oggi esprimono dubbi e perplessità su questa nuova linea di credito a mio avviso, a mio personale avviso, contribuiscono a un dibattito democratico e costruttivo, e sono io il primo a dire che bisognerà valutare attentamente i dettagli dell’accordo.Solo allora potremo valutare in via conclusiva se questa nuova linea di credito pone condizioni, quali condizioni pone, e solo allora potremo discutere se il relativo regolamento può essere o meno conforme all’interesse nazionale, se può essere o meno conveniente e opportuno rispetto agli interessi nazionali.

Ho già dichiarato in altre sedi, ritengo che questa discussione, in un paese civile e democratico, debba avvenire in modo pubblico e trasparente, dinanzi al Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola.

Ma la verità è che la trattativa in cui siamo impegnati in Europa è particolarmente complessa perché la risposta comune non può poggiare solo su queste misure: deve essere ben più efficace, ben più consistente.

Noi siamo ben convinti della forza delle nostre ragioni.

All’inizio eravamo soli. Nelle scorse settimane ho però proposto una lettera, un vero e proprio manifesto programmatico, che è stato sottoscritto da altri 8 Paesi, che ora sono con noi a chiedere strumenti nuovi, adatti alla situazione eccezionale che stiamo vivendo.

Il quarto elemento del pacchetto è un pezzo fondamentale della nostra strategia europea: uno European Recovery Fund, che possa finanziare progetti comuni di interesse europeo, per avviare un piano di ricostruzione fondato sugli investimenti, l’innovazione, la sostenibilità ambientale, la tutela della salute e dell’ambiente.

Il rapporto dell’Eurogruppo dello scorso 9 aprile richiama la necessità di costruire questo strumento, che l’Italia intende realizzare quanto più velocemente possibile, strutturandolo come un veicolo in grado di finanziarsi con debito comune sui mercati finanziari.
Sarà – questo – il tema della riunione, della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo, prevista per il prossimo giovedì 23 aprile.

L’Italia, insieme agli altri Paesi che condividono questa medesima strategia, sostiene la necessità di una risposta coordinata e ambiziosa allo shock da Covid-19 con la conseguenza che questo nuovo strumento di finanziamento dovrà:

  • essere conforme ai trattati europei, perché non abbiamo il tempo di operare modifiche che comporterebbero una lunga e complessa procedura;
  • gestito a livello europeo e offerto a tutti i Paesi interessati, senza che possa assumere un carattere bilaterale;
  • dovrà essere particolarmente consistente quanto alla dimensione finanziaria, ben più consistente degli strumenti di cui attualmente si parla;
  • dovrà essere mirato a far fronte a tutte le conseguenze negative economiche e sociali prodotte dal Covid-19;
  • dovrà essere immediatamente disponibile e se pure verrà a ricadere sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale, dovrà essere messo a disposizione di tutti i Paesi interessati subito, è possibile farlo tecnicamente, attraverso un meccanismo di garanzie che ne anticipino l’applicazione (c.d. bridge);
  • non dovrà avere le condizionalità, infine penso anche in termini di cofinanziamento, di modalità di spesa, che caratterizzano gli ordinari piani di finanziamento strutturali dell’Unione europea.

Al momento abbiamo un’iniziativa della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen che, per quanto da essa stessa mi è stato specificamente anticipato, potrebbe avere queste caratteristiche e muovere proprio in questa direzione.

Sul tavolo vi è anche una proposta francese, se ne è parlato anche nei giornali, che legherebbe il Recovery Fund a un veicolo costruito ad hoc, in grado di emettere strumenti di debito comune e di erogare fondi ai paesi membri. Noi appoggiamo questa proposta francese, avendo chiesto di integrarla rispetto alla sua originaria formulazione, in modo da rispondere più puntualmente e ampiamente ai requisiti che ho indicato e che riteniamo imprescindibili.

Da ultimo, forse avete anche avuto notizia di questo, è stata presentata una proposta spagnola che pure, ma con qualche suggerimento di variazione, potremmo appoggiare, per la conformità alle caratteristiche e alle finalità che ho più sopra indicate.

Ai Paesi che condividono con noi la medesima linea di intervento abbiamo riservatamente anticipato anche una nostra proposta, sempre in questa direzione, che riteniamo pienamente conforme ad esempio all’art. 122 del Trattato, ma a noi interessa portare a casa un risultato, non interessa in questo momento rivendicare una primazia. In questo momento riteniamo opportuno condividere quanto più possibile le proposte sul tavolo, senza rischiare di dividerci, con la conseguenza di rallentare, non ce lo possiamo permettere, il processo decisionale europeo.

Dobbiamo agire presto perché il ritardo comprometterebbe il risultato: è un rischio che l’Europa, non l’Italia, l’Europa non può correre. Dobbiamo affrettarci, senza indugio, a rafforzare la nostra casa comune, e dobbiamo ripararla in fretta per sperare di competere anche, tra le altre cose, in modo efficace con le altre economie globali. Quest’ultimo aspetto, vorrei dire, non riveste una minore importanza: al mantenimento di un equilibrato e sostenibile mercato interno fa evidentemente da corollario, nell’azione esterna dell’Unione europea, quel “level playing field”, quella parità di condizioni, che le consentirebbe di restare al passo con i grandi players globali.

Le consultazioni, e concludo, da me avute in questi giorni sia a livello G7 che G20, hanno fatto da subito emergere – cosa che non smetto mai di segnalare ai miei omologhi – la magnitudo dello spazio fiscale messo in campo, pensate, da USA, dalla Cina e dallo stesso Giappone.

Di fronte a ordini di grandezza di diversi trilioni di dollari, la risposta complessiva europea non si è ancora configurata di livello adeguato.

È per questa ragione che non potrò accettare un compromesso al ribasso. Qui non siamo di fronte a un negoziato a somma zero. Non ci saranno alcuni vincitori e alcuni perdenti. Sono intimamente convinto, parlando di Europa, che o vinceremo tutti o perderemo tutti. Il prossimo incontro europeo a livello di leader dei 27 Stati Membri dell’Unione europea non ritengo sarà quello risolutivo a questo fine, ma farò di tutto perché esprima, già il prossimo Consiglio Europeo, un indirizzo politico chiaro nell’unica direzione che vi ho espresso, l’unica direzione ragionevole.