Un’indagine su 137 bambini e ragazzi rifugiati[2] libanesi, palestinesi e siriani di età compresa tra 12 e 24 anni[3] rivela che tre quarti dei giovani trova difficile l’apprendimento online, percentuale che sale all’80% tra le ragazze; due terzi dei giovani hanno riferito della necessità di un sostegno finanziario a causa della perdita di posti di lavoro dei familiari; il 90% degli intervistati ha affermato che questo sostegno finanziario dovrebbe essere prioritariamente destinato all’acquisto di alimenti e, in secondo luogo, ai medicinali (50%); il 40% dei minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni ha affermato che la situazione sta mettendo a dura prova la loro salute mentale.
“La scuola ha chiuso. I miei insegnanti ora usano WhatsApp come alternativa, ma abbiamo difficoltà a capire il materiale. Il nostro corso di studi è difficile così com’è, figuriamoci doverlo imparare al telefono. Mia sorella è stata licenziata dal lavoro, così come mia madre. Mio padre, un tassista, non è autorizzato a lavorare o a uscire. Trascorriamo la maggior parte, se non tutto il nostro tempo a casa, senza fare nulla” ha dichiarato Sahar, una ragazza libanese di 17 anni.
Bambini e giovani sono stati colpiti in modo diverso dalle chiusure delle scuole, a seconda della comunità di appartenenza. Gli studenti libanesi hanno avuto la possibilità di seguire un corso online, ma tutti gli intervistati hanno riferito difficoltà a studiare da remoto, mentre i siriani e i palestinesi non hanno avuto alcuna possibilità per accedere all’apprendimento online con le loro scuole e che molti genitori non si sono potuti permettere tutor privati per far completare loro gli studi da casa e lasciando la loro istruzione di fatto sospesa.
Khalid, un rifugiato siriano di 23 anni, ha perso il lavoro di recente e vive in uno dei quartieri affollati di Beirut. Ha detto a Save the Children: “La mia routine è cambiata completamente. Dall’andare a lavorare dalle 6 del mattino fino a tarda sera allo stare a casa tutto il giorno. È una sfida”.
Nel 2019, anche prima delle chiusure legate alla crisi economica e al coronavirus, quasi la metà dei bambini siriani in età scolare in Libano non era iscritta all’istruzione pubblica. Con oltre il 70% dei rifugiati che vivono già al di sotto della soglia di povertà, è probabile che gli abbandoni scolastici aumentino man mano che le famiglie perdono i loro mezzi di sussistenza e non possono più permettersi di comprare libri, pagare il trasporto e le divise, e comincino invece a fare affidamento sui loro figli per il lavoro.
“L’apprendimento aveva già visto una prima forte interruzione durante le dimostrazioni diffuse di ottobre e novembre 2019. Ora le scuole sono di nuovo chiuse a causa del coronavirus. Gli studenti hanno già perso metà dell’anno scolastico. Ora, molte famiglie hanno visto ridurre il loro reddito a zero. Siamo preoccupati che ciò si rifletta in iscrizioni più basse il prossimo anno. Per molti bambini esiste il rischio di uscire definitivamente dalla scuola a meno che loro e le loro famiglie non ricevano il sostegno di cui hanno bisogno per continuare la loro istruzione. Il non andare a scuola avrà un impatto che si estenderà oltre l’apprendimento. Nelle comunità più vulnerabili ci sarà un maggiore rischio di lavoro minorile per i ragazzi e di matrimoni precoci per le ragazze. Colpirà maggiormente i più poveri e i più emarginati, compresi gli oltre 660.000 minori rifugiati siriani in Libano” ha affermato Jad Sakr, direttore di Save the Children in Libano.
Solo il 26% dei minori intervistati da Save the Children ha riferito che la propria famiglia ha conservato lo stesso reddito generato prima dell’epidemia di Coronavirus. Mentre la crisi economica del Libano si fa sempre più profonda, è essenziale che le autorità libanesi, con il sostegno della comunità internazionale, realizzino pacchetti di sostegno sociale per le famiglie vulnerabili, che comprendano anche il settore dell’istruzione per garantire che tutti i bambini possano rimanere iscritti e accedere a migliori metodi di apprendimento da remoto.
Save the Children sta rispondendo all’epidemia di COVID-19 con la distribuzione di kit di apprendimento per i bambini iscritti ai programmi di istruzione e sta aiutando le famiglie a migliorare la prevenzione e la protezione contro il virus attraverso la distribuzione di kit disinfettanti. Procede la gestione remota di tutti i casi e l’Organizzazione continua a lavorare con le parti interessate per alleviare la crisi economica e i timori per la salute delle popolazioni vulnerabili.
[1] Il primo caso di Covid-19 riportato in Libano è della fine di febbraio e le scuole sono state chiuse pochi giorni dopo, all’inizio di marzo. Ora gli esami ufficiali sono stati annullati poiché il ministero dell’educazione ha proposto di chiudere l’anno scolastico entro la fine di maggio, ma le scuole private continueranno il programma fino a giugno.
[2] Ci sono circa 1,5 milioni di rifugiati siriani e palestinesi che vivono in Libano, tra cui 910.256 rifugiati siriani registrati, la più alta concentrazione di rifugiati pro capite al mondo. Circa il 45% dei rifugiati palestinesi vive nei 12 campi formali del paese e 268.582 rifugiati siriani risiedono in insediamenti informali.
[3] Hanno partecipato al sondaggio libanesi, siriani, rifugiati palestinesi che vivono in Libano e rifugiati palestinesi arrivati dalla Siria. I partecipanti provenivano dalla valle di Beqaa, dal Libano settentrionale, dal Libano meridionale, dal Monte Libano e da Beirut. Sono stati raccolti dati da un totale di 137 bambini e giovani, di cui 78 (57%) ragazze.
L'Opinionista® © 2008-2024 Giornale Online
Testata Reg. Trib. di Pescara n.08/08 dell'11/04/08 - Iscrizione al ROC n°17982 del 17/02/2009 - p.iva 01873660680
Pubblicità e servizi - Collaborazioni - Contatti - Redazione - Network -
Notizie del giorno -
Partners - App - RSS - Privacy Policy - Cookie Policy
SOCIAL: Facebook - Twitter - Instagram - LinkedIN - Youtube